Indignatevi! 54 morti nel nostro mare Mediterraneo

Il Mediterraneo è ormai un cimitero. Cinquantaquattro persone, meta delle quali eritree, sono morte in un ennesimo viaggio della speranza a bordo di un gommone partito dalle coste della Libia e diretto verso quelle italiane. Solo uno dei passeggeri dell’imbarcazione è sopravvissuto, un eritreo. E’ stato lui a raccontare dell’odissea, iniziata a fine giugno sulle coste libiche e che si è conclusa dopo due settimane in modo tragico.

“I forti venti avrebbero spinto indietro l’imbarcazione, un gommone che dopo alcuni giorni ha iniziato a sgonfiarsi” ha raccontato il testimone agli operatori dell’Unhcr che lo hanno incontrato. A bordo non c’era acqua e gli immigrati sarebbero morti, progressivamente, di sete e disidratazione dopo aver tentato di bere anche l’acqua salata.

Non dobbiamo mai dimenticare che queste persone partono da paesi in cui c’è la guerra, la fame, la carestia. Sono persone che non hanno nulla e noi, noi europei, non siamo in grado di accoglierli. Li facciamo morire nel nostro mare. Con quale coraggio andremo al mare questa estate? Come potremo bagnare il nostro corpo in quel mare insanguinato? Possibile che non siamo in grado proteggere queste persone? Di ospitarle, di accorglierle? Di aiutarle?  E allora, se non siamo nemmeno in grado di fare questo, non possiamo definirci ‘europei’.
(Luigia Sorrentino)

5 pensieri su “Indignatevi! 54 morti nel nostro mare Mediterraneo

  1. Ad indignarsi dovrebbero essere tutti gli altri paesi europei che fanno pesare le vite di queste persone sulle spalle della sola Italia (che in questo periodo non sta attraversando un bel momento. Vi devo ricordare la politica della Francia all’epoca della guerra in Libia??
    Il nostro paese fa e ha sempre fatto la sua parte per accogliere queste povere persone e come Italiano non mi sento di dovermi indignare. Ripeto che lo faccia qualcun altro che viene in Italia per andare al mare….

  2. Seneca scriveva che “abbiamo troppo tempo e non lo utilizziamo nel modo giusto” e io ritengo che tutti noi siamo diventati indifferenti. Queste persone provenivano da zone di guerra ed io sono allibita….Si ascoltano queste notizie e nessuno parla. Io voglio dire che so cosa significa il concetto di morte: l’ho toccata con mano. Il cancro voleva uccidermi e non oso tacere. Sono indignata di fronte a questo razzismo, a questa ferocia mediatica!!! Come, si va al mare? Non possiamo fermarci un attimo e rispettare il ricordo di quegli esseri umani travolti…da un fato, dalla caducità della vita. Secondo Nicola Abbagnano “l’azione oltrepassa l’idea” e tutti noi dovremo riscoprire il senso di umanità…che non esiste più. In questo Paese anche io soffro per i diritti negati. Grazie, Luigia: abbiamo il dovere di commentare e di esprimerci. Rosa Mannetta

  3. Caro Francesco,
    temo di dissentire. L’Europa ha le sue ipocrisie, ma come cittadini italiani che scelgono la loro classe dirigente non possiamo esimerci dal dire anche le malefatte del nostro Paese. Gli accordi bilaterali con la Libia di Gheddafi -e quelli segreti con la Libia del Cnt-, colle loro pesantissime conseguenze in termini di vite umane, non sono opera dell’Europa; così come non è da ascrivere all’Europa la retorica xenofoba dei nostri leader politici, e il fatto che la nostra opinione pubblica abbia premiato o accettato leggi come la Bossi-Fini; il vergognoso provvedimento che imponeva ai medici di denunciare il migrante irregolare era opera di rappresentanti del nostro Paese. Risalendo indietro nel tempo, al 28 marzo 1997, l’affondamento di un’imbarcazione in cui persero la vita 80 albanesi in uno scontro con una motovedetta italiana è stata il frutto di una decisione presa dalle nostre autorità -peraltro attuata in un imbarazzante vuoto normativo rispetto alla legislazione internazionale e in particolare alla CNUDM (la Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare). C’è un processo lungo e lento di demonizzazione del migrante che sicuramente non riguarda solo l’Italia, ma in cui l’Italia ha le sue responsabilità -e che, come cittadino di questo Paese, sento che mi riguarda.

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