Opere Inedite, Matteo Zattoni

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

A Opere Inedite incontriamo la poesia di Matteo Zattoni che mi scrive una originalissima nota sulla poesia: “Il mio rapporto con la poesia è mutevole, risente e si plasma a seconda dell’oggetto e del mio sguardo su di esso. Persino la poesia è forse un’astrazione, il risultato di un’opera induttiva a partire da eventi concreti: le singole poesie. In effetti ciò che rimane, se rimane, sono: i contenuti, le persone fisiche, le cose, i volti e i mondi che cerchiamo affannosamente di fissare in una lotta impari contro il tempo e il mutamento stesso. In questo senso il poeta è un ‘martire’, nel significato etimologico di ‘testimone’, e tutta la poesia si risolve nel ‘dono’ ad altri di questa testimonianza, fissata nei versi una volta per tutte. Anche i versi che seguono sono un dono, un dono postumo purtroppo, destinato perciò a restare irrelato”.

Di Matteo Zattoni

ALL’OSSO 

                                 per Serena S.

*

L’immagine sul monitor
esce in tempo reale
potresti già sapere, però
l’addetto alla consolle
di acquisizione scuote
il capo, non qui
per piacere, non io
non ora… si scusa
«ci vuole prima
una post-elaborazione,
le mostrerà il referto
D. in persona».

 

 

*

La bellezza si scarnifica
si slaccia e cade giù
come la pelle gialla
delle cosce di pollo messe
in tavola da tua madre
vedessi com’è invecchiata
male! non è più
lei, sarà malata
dicono che sia arrivato
alle ossa e non ci sia
nulla da fare.

 
*

Il lampeggiante dai vetri
oltre le tende si spande
nel divano, sulla faccia
tirata – sarà il mio, il tuo
vicino… – la mano
che congela, si fa
di ghiaccio a intermittenza
«ma non era guarita?»
Altri volti raccolti
per un rito alle finestre
di fronte si affacciano
poveri bruchi nella foglia
di lattuga che un silenzio
di morte mastica
e sputa.

 

 

*

La barella corre leggera
come appena entrata
inciampa nel gradino
il disco di metallo
e fa il rumore di un carrello
rientrante nelle file
del supermercato
il tempo è ridotto
all’osso e ciuffi di capelli
sudati e biondi
i nostri segni da lontano.
Per alcuni un diversivo.

«Che succede?»
Non è niente, come dire
questo è niente.

 
*

Io non c’ero già più
sentivo le gambe
diventare piante senza vasi
infiltrarsi nel marmo
le braccia esili
sempre più esili
girarsi intorno
come in un ricordo
dissolto senza un sussulto:

«le mie braccia sono di altri?»

(Quei temi letti a voce alta
in un salotto lussuoso
al terzo piano di un condominio
anonimo coi tendoni
parasole, le vasche
dei gerani per fiori bianchi
e rosei, mattoni a vista
erano per lei, erano
la prima di tutte le future
poesie senza pubblico.)

 
*

Qualcuno esce da un buco
(l’ha vista? è venuto da là?)
e lo sigilla con la calce,
muove qualche passo
a caso, lungo i sentierini
lastricati di lapidi
per sentire il sangue
nella polvere che mulina:
«Non voglio tornare
alla normalità. Mai più».

Serena brezza, tu, bionda
carezza, Serena marea azzurra
acqua che risale il fiume
persona che torna idea
di serenità, trattenevi nell’astuccio
delle labbra tutto l’inesploso
di un sorriso – tu e non io
l’averti conosciuto da principio
e certi abbracci soffocati
quando eri lì e te ne andavi.

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Matteo Zattoni è nato a Forlimpopoli nel 1980. Laureato in Giurisprudenza, frequenta attualmente un Dottorato di ricerca in Sociologia del Diritto all’Università Statale di Milano. In poesia ha pubblicato: ‘Il nemico’ (Il Ponte Vecchio 2003), ‘Il peso degli spazi’ (LietoColle 2005) e ‘L’estraneo bilanciato’ (Stampa 2009). Ha pubblicato inoltre la plaquette ‘Promesse vegetali’ (L’Arca Felice 2010). Suoi versi sono usciti anche in: ‘Nuovissima poesia italiana’ (Mondadori, novembre 2004), ‘Nuovi Argomenti’ (Mondadori, gennaio – marzo 2008) e ‘Almanacco dello Specchio’, 2009 (Mondadori, febbraio 2010).

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