La terra desolata e i Quattro quartetti di T. S. Eliot

La Traduzione di Poesia
a cura di Luigia Sorrentino

Ho conosciuto Angelo Tonelli (qui in una foto di Claudia Romiti) nel 2003, a Lerici, dove ero stata invitata a partecipare insieme ad altri poeti, proprio da Tonelli, a una lettura di poesie. Angelo mi colpì moltissimo e per diverse ragioni che non posso qui elencare, la più importante delle quali, credo, a pensarci bene, è fisica. Angelo mi rimase impresso per la sua corporeità, per l’andatura del corpo che sembrava incarnare il primo uomo. Emanava la sapienza  di chi ha davvero toccato l’umano, di chi è sceso in quel corpo e non è più tornato in superficie. 

Angelo Tonelli è considerato uno dei maggiori studiosi e traduttori italiani dei classici greci, ma non solo. Famosa è la sua traduzione de La terra desolata e dei Quattro quartetti di T. S. Eliot, pubblicata da Feltrinelli e giunta, nel 2010, alla sesta edizione.  Ne scrive una significativa recensione Nicola D’Ugo, poeta, narratore, saggista, comparatista e traduttore.  Dottore di ricerca in Letterature di lingua inglese alla Sapienza di Roma.    

 

di Nicola D’Ugo
«Leggo solo ora il bel volume de La terra desolata e dei Quattro quartetti di T. S. Eliot curato da Angelo Tonelli per Feltrinelli nel 1995 e ripubblicato, in una nuova edizione, nel 2010. L’apparato di note, discretamente ricco, riassume senza patemi le interpretazioni correnti dell’esegesi italiana, la quale vien dietro a quelle americane e inglesi. Tornano utili gli emendamenti di Tonelli e soprattutto l’accento ch’egli pone alla troppo trascurata (e non solo in Italia) influenza che il Buddhismo ha esercitato sugli scrittori modernisti maggiori, Eliot incluso. Ho apprezzato poco la pseudo-introduzione di Czesław Miłosz che precede quella ben più puntuale di Tonelli: si tratta piuttosto d’un necrologio, un résumé della ricezione di Eliot in Polonia, con osservazioni sostanzialmente fuori luogo rispetto all’opera eliottiana, interessanti più per gli slavisti e gli amanti di bizzarre interpretazioni d’autore che per chi voglia godere dei versi del grande autore americano.

Avventurarsi a tradurre ‘La terra desolata’ e i ‘Quattro quartetti’ è una sfida non da poco, trattandosi di versi ch’ânno influenzato e tuttora copiosamente influenzano la prosa d’alcuni dei più acclamati narratori contemporanei di lingua inglese. Il primo poemetto uscì nel 1922 e fece epoca; maggiore perplessità suscitano a tutt’oggi i Quartetti, anche per la svolta religiosa e ideologica di Eliot che ne precedette l’uscita tra il 1936 e il 1942. Se per un verso il carattere ermetico de ‘La terra desolata’ testimonia lo spirito d’un tempo in cui l’uomo è pungolato dalla caduta dei valori supremi e abbandonato alla frammentarietà delle sue emozioni e dei saperi, l’unità contraddittoria cui aspirano i Quartetti sembra rigettare l’uomo moderno in un’oscurità epocale, la quale, se volessimo ridurla al buco nero in cui caddero milioni di uomini sterminati tra il 1939 e il 1941, dovremmo trascurare, per miopia retrospettiva, che il piano dell’opera e la sua composizione precedettero gli eventi più cruenti della Seconda guerra mondiale.

A fondo dei Quartetti è riposta una concezione puritana quale fu splendidamente riassunta negli anni immediatamente precedenti e contemporanei da Perry Miller in due libri divenuti celebri: ‘Orthodoxy in Massachusetts, 1630-1650’ (1933) e ‘The New England Mind: The Seventeenth Century’ (1939). Nell’apparato critico di Tonelli non ve n’è traccia, nella misura in cui i suoi riferimenti bibliografici si rifanno perlopiù – benché non esclusivamente – alle fonti esegetiche italiane ch’egli cita e per le quali l’adesione alla cittadinanza inglese e all’Anglicanesimo di Eliot la fan da padroni, così come i rimandi espliciti all’Alighieri, a scapito della concezione della Grazia puritana dei Padri Pellegrini (diversa da quella del Puritanesimo inglese e del Calvinismo, cui essa trasse origine, e dell’Anglicanesimo cui Eliot si convertì a suo modo, avvicinandosi sempre più a posizioni cattoliche nel secondo dopoguerra). In questa non priva di cupa ironia smorta luce puritana, fatta di un’improvvisa ‘illuminazione’ estrinseca dall’umana volontà e spesso oscura alla coscienza, i Quartetti risultano più interessanti e comprensibili, seppur non se ne condividano le tesi. I continui riferimenti alla chirurgia dell’anima costituiscono l’andante dei sermoni secenteschi della Nuova Inghilterra, così come le immagini agostiniane e le reiterate contraddizioni dei Quartetti.

Nelle sue traduzioni, Tonelli predilige l’aspetto declamatorio dei testi eliottiani, senza attenersi pedissequamente alla metrica e alla versificazione degli originali. E fa benissimo, soprattutto per la capacità propria nel disporre gli accapo e rendere una certa fluidità a testi che, memorabili nell’originale inglese, son ricchi di citazioni e si riallacciano ad una tradizione linguistica che non è la nostra. Questa di Tonelli mi sembra la più bella traduzione in italiano delle due opere maggiori di Eliot poeta. Una traduzione che mi sento di consigliare a chi non ritenga che la poesia sia solo un’oscura selva di simboli, nei quali può comunque avventurarsi attingendo alle introduzioni e note che arricchiscono il volume.»

(L’articolo qui postato di Nicola D’Ugo è uscito sul mensile diretto da Armando Guidoni Notizie in… Controluce  del mese di luglio 2011)
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II. Una partita a scacchi

(…)
Un grande legno sottomarino nutrito di rame
ardeva verde e arancio nella cornice di pietra colorata
e nella sua luce mesta un delfino scolpito nuotava.
Sul camino classico era esibita
Come se una finestra desse sulla scena silvana
La metamorfosi di Filomena, dal re barbaro
così brutalmente forzata; eppure l’usignolo
riempiva tutto il deserto con inviolabile voce
e ancora lei gemeva e il mondo ancora séguita
“Giag Giag” a orecchie sporche.
E altre ceppaie di tempo inaridite
Erano dette sui muri; forme attonite
Si affacciavano, chine, tacitando la stanza chiusa.
(…)

T. S. Eliot, La terra desolata, traduzione italiana di Angelo Tonelli 

 

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Angelo Tonelli, poeta, performer, autore e regista teatrale, noto in Italia e all’estero, è tra i maggiori studiosi e traduttori italiani di classici greci. Edizioni di classici: Oracoli caldaici, Coliseum 1993 – Rizzoli 1995 e 2005; Eraclito, Dell’Origine, Feltrinelli 1993 e ristampa riveduta 2005; Properzio, Il libro di Cinzia, Marsilio 1993 (4 edizioni); T. S. Eliot, La Terra desolata e Quattro Quartetti, Feltrinelli 1995 (6 edizioni, con ristampa riveduta per il 2005); Seneca, Mondadori 1998; Zosimo di Panopoli, Coliseum 1988, Rizzoli 2004; Eschilo, tutte le tragedie, Marsilio 2000 (vincitore Premio Città dei Trulli per la traduzione); Empedocle, Origini e Purificazioni, Bompiani 2002; Sofocle, tutte le tragedie, Marsilio 2003. Euripide, tutte le tragedie, Marsilio 2007. I lavori sui tragici sono raccolti in un unico cofanetto di 1750 pagine: Tulla la tragedia greca, Marsilo 2007.

Opere di poesia: Canti del Tempo (vincitore premio Eugenio Montale), Crocetti 1988; Dell’Amore, Abraxas 1994; Dall’Ade, Abraxas 1995; Poemi per l’era dell’Acquario, Abraxas 1996; Della morte, Abraxas 1997; Frammenti del perpetuo poema, Campanotto 1998; Alphaomega, variazioni per violino e voce, Abraxas/Keraunós 2000; Poemi dal Golfo degli Dei/Poems from the Gulf of the Gods, Agorà 2003; Canti di apocalisse e d’estasi, con appendice di traduzioni in inglese, tedesco, ungherese, latino (Campanotto 2008, vincitore assoluto Premio Città di Atri).

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