Opere Inedite, Alessandro Moscè

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi incontriamo la poesia di Alessadro Moscè che mi scrive: “La poesia è una dotazione di mistero che ci viene dall’inconscio, quindi da una condizione primordiale, e dalla sfera del ricordo, sempre accesa, come fosse una lampada che sorveglia dall’alto il nostro agire. E’ immagine innanzitutto, tradotta in ragionamento, evocazione, ambientazione. Nella mia poesia i luoghi (domestici e urbani della provincia), il mondo degli affetti familiari e la comunione tra i vivi e i morti rappresentano il filo conduttore di una tensione lirico-narrativa. La mia nuova raccolta inedita si intitola Hotel della notte, una cui sezione, Suite per Pierino, rappresenta in pieno un’altra aspetto che mi ha sempre affascinato e che è spesso diventato oggetto della mia scrittura poetica e narrativa: l’universo dei folli, degli emarginati. L’infanzia e il mare, i nonni e la casa di risposo, la ragazza dell’adolescenza e la notte, lungo il filo del tempo, sono racchiusi in un simbolico hotel dove incontro età, donne, fantasmi e perfino Dio.”

di Alessandro Moscè

Non c’è altro

C’è chi mi guarda
chiedendomi di non andare
senza dirlo,
chi tace nella notte e nel sonno,
il saluto rimandato
da un’altra birra
che svanisce nel fremito
di scarpe adolescenti.
Neanche un amore da ripetere,
né una fuga cittadina,
un sogno lambito
nei detriti dell’estate
dopo l’ultima pioggia
che bagna gli occhiali.
Non c’è altro che la sedia del bar
su cui rimanere immobili
*
La felicità di una stanza
nella casa dei tuoi,
ora che non abiti più
da queste parti,
sale nel movimento delle dita
invase dall’amore.
La metropoli ti ha cresciuta
sotto il passare dei cieli bassi
e altre labbra baciate
ti girano in testa.
Sono arrivati i trent’anni sottratti
all’adolescenza dei reggiseni,
all’età dei campari e delle discoteche.
Ma hai occhi che non cambiano
come i vestiti e i capelli,
gli unici occhi che resistono
ad ogni addio

 

*

L’amico di una città
se ne è andato in un amen.
La casa di riposo urla
nei grandi letti,
ma il silenzio di un dopo
non lo ricorda nessuno,
è uno screzio ingannevole.
Una sedia di legno impagliata
reggeva il tempo di Pierino,
la sua attenzione sotto le ciglia.
La testa in alto e la polvere
sbirciano un senso invaso,
un crocifisso in legno
che potrebbe parlare.
Pierino lo toccava
prima di andare a letto

 

*

Il letto di Pierino è vuoto,
ma la sua orma rimane,
come quella di un santo.
Un ritmo e una voce
entrano dalla finestra spalancata
e nel vestibolo della casa di riposo.
La sua foto nel rettangolo
è appesa alla parete
e a ridosso dell’ombra
taglia una felicità di poveri,
il sorriso di chi si accontenta.
I suoi piedi attraversano il corridoio
senza più ciabatte.
L’acqua nel bicchiere è rimasta
per ricordarlo a quella stanza

 

*

Vado di nascosto
nella casa dei nonni
con la stufa in corridoio,
nella fragilità dell’insonnia
che accende luci
e illumina specchi
di forme sbiadite.
Busso alla porta
e nonno Alvaro non risponde,
ma San Ciriaco alita di mare
con le navi che gravano,
che fuggono gli anni
portandoli ad oriente.
Le case non sono più le stesse,
come i vestiti che cambiano
di misura e di colore.
I nomi e i muri tradiscono
i viaggi senza amnesia

 

*

La penombra galleggia
nei mobili scuri
e inventa la sala da pranzo
dove nonno Ernesto
fumava la sua Muratti
e bruciava la fòrmica di cenere.
Scopro la tovaglia a quadretti
e il segno è netto
dopo trent’anni.
Ci vuole solo la notte
per scoprirlo ancora,
un tuffo al cuore
mentre cammino
a piedi scalzi
incollandomi le orme.
La nebbia mi aiuta
a non sopprimere
il viaggio di sola andata
che nasce dentro casa
———–

Alessandro Moscè è nato ad Ancona nel 1969 e vive a Fabriano.
Ha pubblicato l’antologia di poeti italiani contemporanei Lirici e visionari (Ancona, il lavoro editoriale, 2003); i libri di saggi critici Luoghi del Novecento (Marsilio, Venezia 2004) e Tra due secoli (Neftasia, Pesaro 2007); l’antologia di poeti italiani del secondo Novecento, tradotta negli Stati Uniti, The new italian poetry (Gradiva, New York 2006). Ha date alle stampe le raccolte poetiche L’odore dei vicoli (I Quaderni del Battello Ebbro, Porretta Terme 2004) e Stanze all’aperto (Moretti & Vitali, Bergamo 2008). Ha pubblicato il saggio narrato Il viaggiatore residente (Cattedrale, Ancona 2009). Si occupa di critica letteraria e di filologia su varie riviste e giornali (“Il Corriere Adriatico”, “Il Tempo”, “Pelagos”). Ha ideato e dirige il Premio Nazionale di Narrativa e Poesia “Città di Fabriano”.

1 pensiero su “Opere Inedite, Alessandro Moscè

  1. non ho parole, ma sono poesie sublimi e vere, piccoli quadri che si riempiono di pennellate ed immagini mentre leggi..stupende, un sorriso Adelina

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