Andrea Ponso, I ferri del mestiere

Lo Specchio Mondadori dedica un nuovo spazio ai giovani poeti emergenti pubblicando quattro delle voci più giovani della poesia contemporanea: Fabrizio Bernini, con L’apprendimento elementare, Carlo Carabba con Canti dell’abbandono, Alberto Pellegatta con L’ombra della salute e Andrea Ponso con I ferri del mestiere.
Dopo Fabrizio Bernini, Carlo Carabba e Alberto Pellegatta oggi è la volta di Andrea Ponso.

Nella poesia di Andrea Ponso c’è un incessante, ossessivo desiderio di poter riassaporare una dimensione umana di creaturalità inerme e ruvida, riportata a galla dai ferri di un ormai indefinibile mestiere, in un tempo in cui la pratica assidua, umile e insieme nobile, appunto, del mestiere, è solo ormai un’inesistenza o un anacronistico residuo. Ponso, compone nei suoi versi una tessitura aspra e profonda, tende ad attraversare un arduo paesaggio di vita strozzata e dolente senza abbandonare l’idea guida di una vitale speranza che conduca al ritrovato respiro di una realtà tornata finalmente semplice nella quiete della sua salvezza naturale.

La sete scomposta di precisione:
come provare misure sul muro,
da bambini. Non per la crescita ma
se mai siamo all’altezza della morte.

*
Da anni e pietre cresce una polvere
dura che deposita gli intonaci
negli stomaci ciechi dei braccianti.
Le bisce si fanno grumo di calce
smossa sotto alle assi, grida rauche
di un percorso segnato tra i filari.
Viene la mano che cava i bulbi
dalla terra e li scuote dal torpore:
lavori consueti, moniti chiari.
*
Le lane grezze, i cuscini lisi di
flanella: lenzuola ruvide dove
generare e morire senza
un riverbero. La lena del braccio
su barricate scoscese: la pialla
che urla nel legno quando trova
e ravviva i germogli.
*
I

Io mi nascondo qui, a pochi passi
dalla selva di ortiche recise
dove si sente odore di fresco, di
fossi: ci separano
gli orti, i cumuli fragranti di fieno,
le botti scure, i tralci.
Si viene a vedere
ciò che dura nell’arsura.
*
Nuovi germogli, tra ruggine e chiodi,
divelti dalla precisione dura
degli arnesi. Questo mestiere brucia
con rabbia primavere, tenerezze,
rifugi. Ciò che spargi è cenere:
guardo ora il viso dolce di mia madre
seppellire quello assorto e immobile
di mio padre, senza cedere luce,
senza perderne tracce.
*
A valle è scomparsa la neve, si
pensa a scavare canali di ghiaia:
a capire la secca, il suo morso
che divarica i legni del cortile,
lo stomaco del cane spaccato
col badile. Rimane
un’arcata di sasso da stringere
con le mani – un destino.
*
Bruciala, la corteccia più verde, mi
dice – lasciala, la voce impastata,
ai sordi. Fa’ che il tuo corpo la scordi.
E noi siamo mani che
scrivono, tirate dalla ruggine.
*
Passi tra le mie vene ancora vivo,
chiedi una crudeltà senza ritorno:
ogni errore verrà ricopiato con
cura e la mente rimarrà attenta, si
incrinerà di bontà.

*
Ora ti volti sudato e finito:
chi ti insegue ha ragione,
come falciare il grano
quando hai fame – bruciare
ciò che resta di un figlio.
da I ferri del mestiere di Andrea Ponso, Mondadori Lo Specchio Junior 2011 (euro 5,00)

 

 

Andrea Ponso è nato a Noventa Vicentina nel 1975. Ha pubblicato La casa (Stampa, 2003).

 

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