La traduzione di poesia, René Char-Vittorio Sereni

L’antologia ‘Due rive ci vogliono’ , Donzelli Editore, 2011, pubblica per la prima volta quarantasette poesie del grande poeta francese René Char (1907-1988) nelle traduzioni di Vittorio Sereni (1913-1983) i cui originali si trovano presso l’Archivio «Vittorio Sereni» della Biblioteca comunale di Luino.

Le poesie sono introdotte dal testo del discorso – anch’esso inedito – ‘Il mio lavoro su Char’, pronunciato da Sereni nel 1976 quando gli fu conferito il Premio Monselice per la traduzione.

Completano il volume una nota di Pier Vincenzo Mengaldo e una postfazione di Elisa Donzelli che ha anche curato l’apparato critico con la collaborazione di Barbara Colli, responsabile dell’Archivio «Vittorio Sereni» di Luino.

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Due rive ci vogliono è il racconto in versi dell’amicizia poetica – durata più di vent’anni – tra René Char e Vittorio Sereni.

I due poeti si conoscono nel 1960 in occasione della traduzione dei ‘Feuillets d’Hypnos’, il diario di lotta scritto da Char nei giorni della Resistenza francese.

A nascere è prima di tutto una forte complicità, e – nel caso di Sereni – la sfida con una lingua poetica assai diversa dalla propria. È la Provenza il luogo privilegiato degli incontri, la scoperta di un paesaggio – il Vaucluse – che rammenta lo spazio di Petrarca.

(Nella foto qui accanto, Vittorio Sereni)

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Nel 1975 Mondadori consacra la presenza di Char in Italia con l’antologia ‘Ritorno Sopramonte e altre poesie’, il punto più alto nell’esperienza di Sereni traduttore. Per ragioni di spazio editoriale, però, Sereni è costretto a rinunciare a testi esemplari, a cui si era dedicato con fatica sottoponendo all’amico francese i rovelli del traduttore.
Da allora quelle preziose versioni sono rimaste sepolte tra le carte di Sereni. ‘Due rive ci vogliono’ riporta alla luce quelle quarantasette traduzioni, sino ad oggi inedite.

(Nella foto qui accanto René Char)

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2 pensieri su “La traduzione di poesia, René Char-Vittorio Sereni

  1. Vittorio Sereni un grande della poesia, inesieme ad Antonia Pozzi l’emergere per antonomasia della poesia lombarda di inizio Novecento. La sua arma la sua parola.

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