Silvia Righi, “Demi-monde”

Silvia Righi

Estratti da: Demi-monde

Ø

Se fosse questo un mondo
a metà tra mondi, estratto
come un numero dalla boccia di vetro.
Se fosse, siamo
creature corrotte da qui
e altrove, l’inframondo
una possibilità senza coscienza.
L’idea è che le pareti tengano
che una spinta di dita non le crepi
eppure sento. Qualcuno fuori guarda.
Ci saranno, ci sono state, miliardi
di pareti che non tengono
di dita che spingono
di camere prima e

dopo.

*

V.

Se mi addormentassi
una notte, senza premonizioni.
Se mi addormentassi per trent’anni
la camera comprimerebbe gli oggetti
fino a ridurre le cose in sogni
e i sogni in mondi.

Ci siamo conosciute ovunque,
ovunque è stato un ritorno.

All’origine
s’incastra il dilemma del dolore,
le scelte sono le figlie
cresciute in abiti d’argento
a nascondere gambe magre come sedani.
Esiste come un’eccezione o un errore
la porta senza porta
nel trapasso non sei chi sei stata
né chi attende.

*

Ø

Orfano è la radice di erede.
La trasmissione fallisce se circola
lo stesso sangue e non
il desiderio.
Lei non possiede, deve riprendere
fare originariamente suo ciò
che è stato fatto di lei dagli altri
prima.
Non avrà il mio volto lo specchio
né il padre il suo. La figlia eretica,
divisa, è l’unica
erede del desiderio.

*

Da un altro sogno ha imparato la violenza. Uomini e donne le imprigionavano la bocca con un morso da cavallo, la strapazzavano come una bambola. Alcune donne le mettono il rossetto, la pettinano e le stringono il collo. È un’orfana con padre e madre. Questa camera è molto rosa ma umida come una tana. C’è odore di corpi mischiati, di sangue, di vestiti usati per dormire. La creatura non vede mai nessuno rimanere dentro la stanza. La ragazza si fa legare con corde spesse ma, quando si sciolgono i nodi, cala un silenzio di vetro. La creatura si chiede perché, nella camera rosa, ci siano tanti oggetti di ferro.

 

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