“Astolfo sulla luna”, omaggio a Ariosto


ALLA RICERCA DEL SENNO DI ORLANDO

Moni Ovadia legge Roberto Pazzi da Un giorno senza sera
Roberto Pazzi legge dall’Orlando furioso di Ludovico Ariosto

di Matteo Bianchi

Rileggere il passato per affrancarsi dal presente e non subire gli umori della mondanità. Il nostro patrimonio letterario lo testimonia nonostante il corso impietoso del tempo; perciò la ricerca del senno perduto, seguendo l’ippogrifo di Astolfo fin sulla luna, è diventata una questione urgente per Roberto Pazzi: ogni giorno assistiamo allo spettacolo dell’insensatezza attraverso la mistificazione linguistica di tante cose che non contano, ma che sono spacciate mediaticamente per indispensabili, così la ludopatia, l’ubriacatura per il pallone. Una sproporzione d’importanza che l’eroismo del piede ha rispetto a quello della mente e che nulla ha a che fare con il Goal di sabiana memoria.

Roberto Pazzi

Giovedì 24 giugno, dopo l’inaugurazione nel cortile del Castello Estense della mostra “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”, organizzata da Ferrara Arte, alle 21.30  Roberto Pazzi e Moni Ovadia dialogheranno in versi accompagnati dal suggestivo spettacolo di videomapping proiettato sulla torre di San Paolo con musiche di Arvo Pärt e Gesualdo da Venosa. Se il direttore del Teatro Comunale “Abbado” comincerà leggendo le poesie dello scrittore ferrarese tratte dall’antologia Un giorno senza sera (La nave di Teseo), Pazzi risponderà attingendo direttamente dall’Orlando furioso.

«Recitare dall’apice del cuore di Ferrara è un sogno che custodisco da anni, dal 31 luglio 1981 – esordisce Pazzi – quando Carmelo Bene interpretò Dante dalla Torre degli Asinelli per commemorare il primo anniversario della strage fascista alla stazione di Bologna. Il canto dantesco volò nell’aria calda di quell’estate e raggiunse più di centomila persone, che ascoltavano là sotto. Ferrara vanta uno dei maggiori poeti del mondo, Ludovico Ariosto, e portare la sua visione in cima alla nostra città mi è sembrato doveroso».

In una notte di plenilunio sarà emozionante ascoltare i passi del poema nel luogo dove fu concepito e letto a Ippolito d’Este, cui è dedicato, che ascoltati i primi canti pare avesse commentato: «Messer Lodovico, dove siete andato a trovare tante corbellerie?».

Al centro della lettura di Pazzi saranno le ottave sulla follia di Orlando (100-136) del canto XXIII, e quelle del volo di Astolfo sulla luna (ottave 70-91) del canto XXXIV.

«Rimane l’attualità eterna di queste pagine – aggiunge – che sanno sorridere di tante vanità umane, “dell’ozio lungo d’uomini ignoranti”, delle bugie degli amanti, della fama scambiata per la gloria, dell’insipienza umana alla costante ricerca di beni effimeri, che si mostrano ingannevoli, ma con un tono di infinita comprensione della dissennatezza, e che non giudica, ma compatisce. Abbiamo bisogno di autori nelle cui parole si riscopra ancora oggi la gioia dei sensi e il gioco del caso, che non divulghino solo una concezione trascendente della realtà».

Geni come Ariosto, Boccaccio, Mozart e Rossini sono tra i pochi che abbiano espresso nelle loro opere, nella letteratura o nella musica, la gioia di vivere libera dall’ombra della morte, persuasa che l’esistenza abbia in sé il suo valore e il suo limite. D’altronde, la scelta di un poeta rinascimentale nel momento di un sospirato ritorno alla normalità dopo le continue quarantene vuole anche essere un saluto alla vita che rinasce.

Moni Ovadia

Continua a leggere

Roberto Pazzi, da “Un giorno senza sera. Antologia personale di poesia 1966-2019”

Roberto Pazzi

Dalla nota critica di Alberto Bertoni

Roberto Pazzi sceglie in Un giorno senza sera il meglio di cinquantatré anni di poesia. Nato nel 1946, è uno dei pochissimi della sua generazione ad aver praticato con qualità e credibilità equivalenti poesia e narrativa, erede in questo doppio registro di autori come Pasolini, Bevilacqua, Bassani, Delfini, D’Arrigo, Ottieri, Testori, Bufalino, Volponi, Maraini e Morante. La scrittura di Pazzi, fin dall’incontro adolescente con un mentore d’eccezione come Vittorio Sereni, è stata sempre predisposta ad abbattere ogni barriera fra mito e storia, reinvenzione d’autore e autenticità documentaria, una prospettiva che favorisce l’osmosi fra i due domini della poesia e del romanzo. Poche storie poetiche sono votate a un’oralità di specie drammaturgica, fra dialogo e monologo, come quella di Pazzi. Prima di tutto, però, Roberto Pazzi è un poeta originale, che non soggiace ai capricci dell’epoca ma che crede profondamente nel valore della poesia come mezzo primario di dialogo e di comunione.

Da Le rotte della mente. Inediti 2013-2019

Le finestre finte

«Tanto ci vedremo ancora…»
Ti credo, ma quando?
Se non sapessimo invece
che era l’ultima volta
non avremmo la forza di mentire
da una finestra finta senza luce,
come quelle disegnate
sulle case che mi facevano stare
col naso per aria da bambino,
a spiare quando s’aprivano.
Bussano le prime voci
alle cieche finestre,
ci hai dimenticato,
promesse d’amore vantano primati
di giovinezza, letti di fedeltà…
Inutile difendersi,
nell’amnesia non c’è più posto,
l’assenza era sì un vasto albergo
ma le stanze a poco a poco
son state tutte occupate,
sottoscala e abbaini son pieni di nomi,
manca solo il mio,
e al sole le finestre s’apriranno. Continua a leggere

Matteo Bianchi, da “Fortissimo”

MATTEO BIANCHI

NOTA DI LETTURA DI ROBERTO PAZZI

Matteo Bianchi è davvero poeta di stato e di statuto. Nei suoi versi si coglie, fin dai felici esordi dei “Fischi di merlo” (2011), la ricchezza spontanea con cui salva l’esistente nella parola con la medesima naturalezza con cui respira: «Chissà come campa chi è sopravvissuto al patibolo e ha salvato il tutto a scapito di una parte, o cara storpiatura». Non si tratta di un versificare astratto e intellettualistico quello di “Fortissimo” (Minerva, collana Cleide, Bologna, 2019, pp. 93, euro 10), calato com’è in un tessuto linguistico piano, colloquiale, sempre rivolto a un ‘Tu’ che evoca e insegue il dialogo passionale perpetuo; quasi la febbre amorosa fosse la temperatura ideale per scrivere i suoi versi e Bianchi avesse consapevolezza della preziosità di quella condizione, timoroso di perdere con lei la poesia stessa. «Se Orfeo fosse uscito dal buio a mano con lei, non avrebbe avuto più motivo di cantare, ma l’avrebbe salvata dagli Inferi. A me non interessa compensare». Ma è anche poeta di statuto, colto e armato di conoscenze, attento ai modelli di una poesia che prima della sua si era posta sulla via della reinvenzione del mondo grazie alla privilegiata condizione amorosa. E così il titolo che fa i conti con il “Pianissimo” di Camillo Sbarbaro, uno dei grandi del Novecento, rivisitando il passato del poeta ligure con un registro più dichiaratamente effusivo, meno intimistico. Continua a leggere

Poesia Festival 2018

La poesia torna ad essere la protagonista nei borghi antichi di nove comuni modenesi dal 17 al 23 settembre con la 14 esima edizione di ‘Poesia Festival’. Autori riconosciuti  e giovani promesse si passeranno il testimonial della poesia: fra loro,  Chandra Livia Candiani, Valerio Magrelli, Giuliano Scabia, Roberto Pazzi, Marcello Fois, Giancarlo Pontiggia, il performer di slam poetry Julian Zhara e la giovane Giovanna Cristina Vivinetto.

Nel programma anche cantautori, come Angelo Branduardi e Fabio Concato, e intellettuali, come Giulio Ferroni e Marzio Barbagli, per oltre trenta eventi gratuiti in sette giorni. Continua a leggere

Franca Alaimo, “Traslochi”

franca_alaimoDA: TRASLOCHI, LIETOCOLLE 2016
(Prefazione di Roberto Pazzi)

Separati in casa

Mi separa da lui un muro così sottile
che il suo respiro giunge nel mio orecchio
come il ronzio ostinato di un insetto.
Lui dorme con la testa rivolta a Occidente
e nascono dall’osso della sua fronte
le ombre del tramonto che come teli viola
coprono a lutto anche le fondamenta.
Io scruto con occhi insonni il Settentrione
e la sua stella colma di tempesta.
Talvolta, al principio del mattino,
s’incrociano i nostri passi sulla soglia,
ma più si fanno i nostri corpi vicini
più le lingue s’inceppano sopra i sassolini
gettati di traverso dall’Orgoglio. Continua a leggere

KATJA PETROWSKAJA VINCE IL PREMIO STREGA EUROPEO 2015

 

KATJA_PETROWSKAJAÈ la scrittrice ucraina Katja Petrowskaja – con il suo romanzo scritto in lingua tedesca Forse Esther, tradotto in Italia da Adelphi – ad aggiudicarsi la seconda edizione del Premio Strega Europeo, un’iniziativa promossa dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, con la Casa delle Letterature, Letterature Festival Internazionale di Roma e con laRappresentanza in Italia della Commissione Europea. La vincitrice è stata annunciata questa sera da Tullio De Mauro, presidente della Fondazione Bellonci e dal direttore Stefano Petrocchi, alla presenza della cinquina dei candidati.

Anche a questa seconda edizione del premio hanno partecipato cinque scrittori recentemente tradotti e pubblicati in Italia, vincitori nei Paesi di provenienza un importante riconoscimento nazionale: cinque voci rappresentative didiverse aree linguistiche e diverse tradizioni letterarie, ciascuna portatrice di un modo originale di esplorare le latitudini del romanzo contemporaneo.  Continua a leggere

I concorrenti del Premio Strega Europeo 2015

premiostregaeuropeo

La Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, con la Casa delle Letterature,  Letterature Festival Internazionale di Roma e con la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, promuove la seconda edizione del Premio Strega Europeo. Nato nel 2014 in occasione del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’UE, il riconoscimento vuole rendere omaggio alla cultura del vecchio continente e ai suoi legami con l’Italia. Concorrono ad ottenere il premio cinque scrittori recentemente tradotti e pubblicati in Italia che hanno vinto nei Paesi di provenienza un importante riconoscimento nazionale: cinque voci rappresentative di tradizioni letterarie e aree linguistiche diverse e cinque modi di esplorare le latitudini possibili del romanzo contemporaneo. 

Continua a leggere

Opere inedite, Roberto Pazzi


roberto_pazziRosso ferrarese, ma senza date

          di Matteo Bianchi

Lo scrittore estense che esordì pubblicamente nel 1970, presentato da Vittorio Sereni sulla rivista “Arte e poesia”, ha dedicato i tre inediti, fioriti nel flusso autunnale, al ventennale della Feltrinelli della sua città, la libreria più antica del centro storico ferrarese. Di sicuro, non si tratta dell’ultimo bagliore prima della sera, piuttosto la scia di un faro sul molo alle navi (e ai naviganti): Pazzi non si è arreso e in alcuna direzione, men che meno in quella collettiva. Crede ancora fermamente le librerie possano radicarsi e sorreggere la cultura di un territorio, possano esistere i librai di una volta che si confrontavano con i lettori e consigliavano i passi più adatti al loro stato d’animo, così farebbe un sarto con un abito confezionato “su misura”. Alla maniera di Roberto Roversi tra i suoi scaffali arroccati a Bologna, che mai cercò meri clienti per solo sostentamento. Continua a leggere