Nella poesia di Milo De Angelis

RECENSIONE DI ALBERTO FRACCACRETA

 

La poesia di Milo De Angelis è una delle poche consolidate nello scenario lirico attuale del nostro paese. A essa è dedicato un intenso libro collettaneo, L’avventura della permanenza, che tenta di vivificare lungo l’asse critico italo-francese un articolato e aperto discorso sulle fondamentali costanti dell’autore lombardo e sulla piena certificazione della sua permanenza nel tempo.

Come scrive nella Prefazione uno dei curatori, Alberto Russo Previtali, «la consapevolezza di questa temporalità ha certamente sollecitato il desiderio critico che è all’origine del presente volume, seguendo il quale diversi studiosi hanno risposto positivamente al progetto di una monografia collettiva in cui fossero presentati e indagati alcuni aspetti centrali e decisivi della poesia di De Angelis». Si tratta, dunque, di un progetto ad ampio raggio che nasce da «una Giornata di studi organizzata dall’équipe di ricerca “Il laboratorio” dell’Università di Tolosa “Jean Jaurès”». L’aventure de la permanence. Temps, langage et désir dans la poésie de Milo De Angelis, seminario svoltosi nel novembre 2018 e arricchito dalla presenza dello stesso De Angelis, «ha avuto l’obiettivo — prosegue Russo Previtali — di riunire alcuni studiosi attivi in Francia attorno a diversi aspetti fondamentali della sua opera. Il secondo tempo del progetto è stato ovviamente quello, denso e lento, della scrittura dei saggi a partire dagli interventi e dagli scambi, dalle idee, dalle sensazioni della Giornata. Per i curatori si è aperto quindi il tempo del traghettamento della circolazione orale e affettiva delle idee alla loro sedimentazione e sistemazione scritta: nella forma del libro».

Come si è già anticipato, il volume è ricchissimo di spunti: si parte da un’introduzione di Luigi Tassoni sul concetto di «tragico» e da cinque bellissimi inediti di De Angelis che confermano il suo legame con il mondo infero classico. La prima parte — nettamente teoretica e dedicata al tempo, al linguaggio e allo spazio — è attraversata da interventi sulle «vertigini del senso» (Jean Nimis), sulla «dinamica dell’istante urbano» (Giorgia Bongiorno), sul laboratorio di Voci (Luigi Tassoni) e sull’alterità (Alberto Russo Previtali). La seconda parte, invece, più tecnico-pratica, è rivolta alla traduzione e agli intertesti: Jacques Demarcq, Sylvie Fabre, Laura Toppan e Paolo Bellomo si confrontano con l’«enigma» del tradurre e l’opera di De Angelis, emblema stesso di un trans-ducere (“trasportare”) tra dialogicità, interrogazione e allegoria. Infine, un’appendice, extravagante rispetto al convegno, raccoglie tre saggi — di Jean-Baptiste Para, Tommaso Di Dio e Maria Vittoria Lodovichi — su Incontri e agguati, la silloge più recente edita nel 2015.

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