Marco Corsi, “La materia dei giorni”

Marco Corsi / credits ph Dino Ignani

 

LA MATERIA DEI GIORNI

hoc animi demum ratio discernere debet,
nec possunt oculi naturam noscere rerum.
Lucrezio, De rerum natura IV, 384-385

fissavo l’ombra sul muro e per esercizio
contemplavo le forme disfarsi agili
lungo il filo delle mattonelle. così, per più giorni,
nervoso come il morso del nero
in parte obliquo e in parte solo cedimento
mio sembrava il tuo corpo di carne compatta,
soda, del tutto insensibile al tatto.
poi divenne più esile, allungato stremò
l’ovale del bel volto sulle tapparelle chiuse,
nel reparto intensivo all’ultimo piano
cedette la pressione, la poca luce
emise un breve rantolo e io docile fissavo
l’ombra più lunga sul muro e salutavo.

***

l’insalata, il grande verde, la cicoria:
ciò che la dieta avrebbe vietato
con insidioso bolo di molecole
a te, in realtà, non piaceva per natura.
preferivi la città, le piste di animali
elettrici, mormorando appena qualcosa,
subito dopo sparendo per sempre
nel perfetto meccanismo mobile
che fissa notte e giorno
con perizia di entomologo.

***

nei casi estremi da manuale di parenting
trova traccia questa commozione
di essere famiglia in tutte le cose,
dovendo o non dovendo decidere
se piangere con molta naturalezza
oppure concretare un non so che di bestia.
ora la signorina srotola con cura
serpi di nylon intorno al petto
mentre riduci il tuo sembiante
a voce di scimmia mattutina
nelle ore deputate alla visita
nella camera senza ritorno.

***

con effetto di falso movimento
di giorno in giorno moriva il giorno
rivoltando il cielo su se stesso
fino al limite dell’area d’azione:
un tiro da tre punti su stelle dure.
affiora più lento sul dorso della mano
l’universo caotico del tempo, con molti
molti crateri di tempeste siderali
portatrici di vita e adesso
cattivi presagi, asperità,
mentre con cura rivolto
l’avambraccio e vi scruto
la vita silenziosa delle vene,
qualche rado pelo, l’incendio,
la notte vaga bipolare.

***

fissavo l’ombra sul muro e intanto
guardavo te sparire con tutta la specie
umana dei cordogli, chiedendo un linguaggio
più prossimo alla vita: ossigeno, globuli
rossi, piastrine, colesterolo, enfisema,
cattivo presagio convulso nel respiro,
doglia di parto inverso, artificio.
ma ora che vegli appena nel gioco cordiale
di peso e sovrappeso, avresti dovuto
dimagrire un po’, ti ripetevi, per inerzia o noia
lento lento retrocedi affabulando, squittisci,
gli occhi di radice immobile in secca
nel languore del reparto, mentre perdi peso,
senza più peso, tu dormi. Continua a leggere