Il poeta Lorenzo Patàro muore a 27 anni

Lorenzo Pataro foto di Luigia Sorrentino, ottobre 2023

DEDICA

A Luigia,
alla parola sacra, 
resistente, 
ponte di piume sull’abisso, 
alla poesia, 
alla fiamma dei versi 
sotto la pioggia dei secoli.

Con affetto e stima

Lorenzo Pataro
ottobre 2023

DOCUMENTO
di Luigia Sorrentino

La comunità dei poeti è sconvolta dalla notizia arrivata ieri sera, 19 febbraio 2025, dai social, della scomparsa del giovane poeta Lorenzo Patàro, morto a 27 anni.

Così Lorenzo mi aveva scritto in una email del 2023 nella quale mi inviava le sue poesie:

“Credo nel valore protettivo della parola. L’arte di dire il bene e il male e di farsi poi proteggere dagli spazi bianchi, nell’intarsio che fa il silenzio. Credo nella poesia come un amuleto a cui ricorrere nei momenti più oscuri. Qualcosa di magico e di ancestrale, viscerale, qualcosa che si sente con il tutto il corpo e con la voce si prova a far vibrare anche per l’Altro. Si prova con il verso a trasmettere quell’uragano che si è sentito in ogni fibra che ha visto la luce e il dolore, la bellezza e anche l’orrore, la vita e la morte (o la percezione di essa)”.

Fra le poesie ce n’era una inedita:

Guardo questo cielo, questo cielo
che è qui adesso, diverso, uguale a tutti gli altri,
ne scruto il fluire come un fiume,
seguo il suo viandare e mi chiedo
chi sono io adesso, che diritto
ho di stare io qui adesso rispetto a tutti
gli altri, a chi ha lasciato il suo solo già da tempo,
nella notte o verso l’alba andando incontro
al suo destino, incontro a chissà quale altro
corpo nuovo da abitare. I morti sanno tutto.
E ti leggono il pensiero. E io tremo se penso
ai miliardi di morti forse vivi e infiniti
chissà dove, sento la vertigine
montare qui nel petto se penso
che anche io, un giorno, farò parte della schiera
e allora che cosa ne sarà delle parole,
anche di queste, che senso avrà avuto respirare,
stare in piedi, avanzare nel mondo e poi sparire.
Forse allora sarà chiaro ogni mistero,
sarà tutto così semplice e perfetto
e mi illudo che ogni cosa andrà al solco
originale. Intanto continuo a guardare questo
cielo e intanto ritremo a pensarmi qui vivo
proprio adesso, incastrato nell’opera del mondo,
a lasciare come gli altri la mia scia.

(Lorenzo Patàro)

In questa poesia, che probabilmente uscirà postuma in una nuova raccolta di versi di Lorenzo Patàro, si avverte quanto il giovane poeta abbia avvertito il “peso” del suo corpo nel mondo. A rafforzare il mio convincimento i suoi scatti di scrittura che riescono sempre a mettere in luce le contraddizioni dell’essere qui e del non essere più qui, quasi non ci fosse una reale distinzione per Lorenzo fra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Ma quale eredità ci lascia questo giovane poeta?

Lorenzo ci insegna a difendere la nostra libertà, il nostro pensiero, con lo slancio di chi avverte la delicatezza e la precarietà dell’esistenza umana. Continua a leggere

La materia povera di Mario Benedetti

 

Venerdì Santo

 

Il cielo sta su nel pensiero di piangere.

Sulla strada
gli uomini sono andati metà muro, metà fiume.
Sto qui molto lontano dai templi,
dalle processioni tra i lumini,
molto lontano dai romanzi
dove c’era la luce dei visi.

Sto con gli ultimi anni di un uomo a cui voglio bene,
vorrei perdonargli di morire, cosa fare.
A sapere bene forse potrei dire:
anche per noi una visione intera
con uno specchio sopra, con un cielo.
Mi tengo al suo sguardo perduto
così particolare, così solo,
senza romanzi, con il campo che non è un mondo.

Non so andare avanti.

Ogni tanto
i contadini di Anna Karenina falciano Masckin Verch.
Ogni tanto sogno bambini bellissimi
nell’acqua effervescente di una strada.
E io li vedo di schiena,
qualcuno ci vede,
io sono di schiena nei colori.

Mario Benedetti, Venerdì Santo, in Umana gloria, Mondadori 2004

COMMENTO DI ALBERTO FRACCACRETA

Questa poesia appartiene alla silloge forse più significativa di Mario Benedetti, Umana gloria, incentrata sul valore e sul senso di una morandiana «materia povera», capace di riportare la civiltà — mitizzata nei riti agresti e in un’inquieta ricerca interiore — a un’essenzialità del vivere che, per il generale tono carsico, accomuna il poeta friulano a Pier Paolo Pasolini e, anche, Scipio Slataper. Continua a leggere