Opere Inedite, Daniele Ciacci

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi leggiamo la poesia di Daniele Ciacci che mi scrive: “Ho sempre intravisto nella poesia l’inedita possibilità di conoscermi più a fondo. E, insieme, conoscere anche la realtà. Vittorio Sereni diceva: «Io in poesia sono per le cose: non mi piace dire io, preferisco dire loro». Per me è diverso. La poesia è quel contatto fra l’io e le cose, un punto d’incontro sorprendente dove tutto il mondo si calamita in un luogo di me stesso ancora sepolto. E risorge. La realtà è lo spazio in cui accade questo incontro, ed io parlo per essa più che per me stesso. Cerco d’essere, al modo di Dante, uno scriba, un annotatore del Mistero che si fa spazio nei suoni delle parole. «I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’ e’ ditta dentro vo significando». Non vedo altra utilità del fare poetico che non sia un’assetata tensione all’esterno, a Chi da fuori fa’ parlare di sé e di me.”
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