Jacques Roubaud, “Qualche cosa nero”

Jacques Roubaud (foto d’archivio)

Questo libro di Jacques Roubaud nasce da un lavorìo comune in cui entrambi i traduttori, Domenico Brancale e Tommaso Santi hanno preso in carico ogni verso prestando la propria voce a ciò che può comportare una traduzione: accettare la resa di fronte al ritmo, alla musica, alle rime della lingua originale. Fedeltà e tradimento quando si traduce sono due vie di uno stesso volto. Il volto della parola. Nella fedeltà si tradisce la propria lingua rimanendo fedeli alla lingua altrui, nel tradi- mento si tradisce la lingua altrui rimanendo fedeli alla propria. Sempre si rinuncia a qualcosa. Sempre si libera una voce. Tradurre “Quelque chose noir” è stato soprattutto questo: fare i conti con una terza lingua, il francese di Jacques Roubaud. Parlare per conto di Roubaud con la propria voce significa accettare la sfida dell’oscurità. Ogni poesia è tale. Ogni parola ha conosciuto il tempo in cui è rimasta muta per parlare. Ci sono stati momenti in cui ricorrere ad altre voci è stata l’unica via di fuga dai punti ciechi della traduzione. Per questo desideriamo ringraziare Bruno di Biase, Hervè Bordas, Adriano Marchetti, Anna Ruchat e Sarah Veronesi.

IL LIBRO

Un uomo ha perduto la sua donna ed esprime, riga dopo riga, il dolore della sua assenza, il dolore più difficile da scrivere. L’uomo è il poeta Jacques Roubaud, la donna è la fotografa Alix Cléo Roubaud. Qualche cosa nero, pubblicato nel 1986, è il libro del lutto della poesia.

Il poeta rivela l’entità del suo dolore, gli effetti della morte e dell’assenza sulla vita e sul linguaggio: essi appaiono proprio come il negativo – inverso della luce, bianco e nero che si scambiano – rivela l’immagine. Dietro ogni verso del poeta ci sono le mani, il ventre, il corpo della donna amata. Alla fine, dopo «il punto vacillante del dubitare di tutto», dopo «l’inframondo», ciò che appare, è «Niente», titolo dell’ultima sezione.

Dire la morte dell’essere amato è convincere il silenzio a testimoniare perché, come dice Roubaud «la poesia è memoria della lingua». Questo libro è il dialogo postumo in cui «l’inchiostro e l’immagine si ritrovano solidali e alleati», è il tentativo, privo di consolazione, di ritornare nel presente, il tempo del «tu», l’unico tempo possibile in cui poter realizzare l’«io». Esperienza di vertigine, di paura, di bellezza, Qualche cosa nero si può leggere soltanto tremando.

ESTRATTI

Je voulais détourner son regard à jamais

Je voulais détourner son regard à jamais. je voulais être seul au monde à ne pas avoir vu du tout. cette main aurait pu ne pas être là, après tout: mais moi non plus, et avec moi disparaître le monde. ce cadeau. l’image de ta mort.

Elle avait aimé la vie passionnément de loin. sans l’im- pression d’y être ni d’en faire partie. malheureuse, elle photographiait des pelouses tranquilles et du bonheur fa- milial. extase paradisiaque, elle photographiait la mort et sa nostalgie.

Pour une fois adéquation exacte de la mort même à la mort rêvée, la mort vécue, la mort même même. Identique à elle même même.

Gouffre pur de l’amour.

S’endormir comme tout le monde. ce que je veux.

Je t’aime jusque là.

Évidemment ce n’était pas un cadeau ordinaire. celui de me livrer, à cinq heures du matin, un vendredi, l’image de ta mort.

Pas une photographie.

La mort même même. identique à elle même même.

°

Volevo allontanare per sempre il suo sguardo

Volevo allontanare per sempre il suo sguardo. volevo essere l’unico al mondo a non aver visto nulla. quella mano avrebbe potuto non esserci, dopotutto: e anche io, e con la mia scomparsa il mondo. questo regalo. l’immagine della tua morte.

Da lontano appassionatamente lei aveva amato la vita. senza l’impressione di esserci o di farne parte. infelice, fotografava prati tranquilli e felicità familiare. Estasi paradisiaca, fotografava la morte e la sua nostalgia.

Per una volta l’adeguamento perfetto della morte stessa alla morte immaginata, la morte vissuta, proprio la morte stessa. Identica proprio a se stessa.

Puro abisso dell’amore.

Addormentarsi come fanno tutti. quel che voglio.

Ti amo fino a quel punto.

Ovviamente non era un regalo qualsiasi. quello di lasciarmi, alle cinque del mattino, un venerdì, l’immagine della tua morte.

Non una fotografia.

Proprio la morte stessa. identica proprio a se stessa.

***

Mort

Ta mort parle vrai. ta mort parlera toujours vrai. ce que parle ta mort est vrai parcequ’elle parle. certains ont pensé que la mort parlait vrai parceque la mort est vraie. d’autres que la mort ne pouvait parler vrai parceque le vrai n’a pas affaire avec la mort. mais en réalité la mort parle vrai dès qu’elle parle.

Et on en vient à découvrir que la mort ne parle pas virtuellement, étant ce qui arrive, effective au regard de l’être. ce qui est le cas.

Ni une limite ni l’impossible, dérobée dans le geste de l’appropriation répétitive, puisque je ne peux aucunement dire : c’est là.

Ta mort, de ton propre aveu, ne dit rien? elle montre. quoi? qu’elle ne dit rien. mais aussi qu’en montrant elle ne peut pas non plus, du même coup, s’abolir.

« Ma mort te servira d’élucidation de la manière sui- vante : tu pourras la reconnaître comme dépourvue de sens, quand tu l’auras gravie, telle une marche, pour at- teindre au-delà d’elle (jetant, pour ainsi dire, l’échelle). » je ne crois pas comprendre cela.

Ta mort m’a été montrée. Voici : rien et son envers : rien.

Ni ce qui arrive ni ce qui n’arrive pas. tout le reste de- meurant égal.

Dans ce miroir, circulaire, virtuel et fermé. le langage n’a pas de pouvoir.

Quand ta mort sera finie. et elle finira parcequ’elle parle. quand ta mort sera finie. et elle finira. comme toute mort. comme tout.

Quand ta mort sera finie. je serai mort.

°

Morte

La tua morte dice il vero. la tua morte dirà sempre il vero. ciò che dice la tua morte è vero perché dice. certi han- no pensato che la morte dicesse il vero perché la morte è vera. altri che la morte non potesse dire il vero perché il vero non ha a che vedere con la morte. ma in realtà la morte dice il vero appena parla.

E si arriva a scoprire che la morte non dice virtualmente, essendo ciò che succede, effettiva nei confronti dell’es- sere. come in questo caso.

Né un limite né l’impossibile, sottratta nel gesto dell’appropriazione ripetitiva, dato che non posso in nessun modo dire: è qui.

La tua morte, per tua stessa ammissione, non dice niente? mostra. cosa? che non dice niente. ma anche che, mostrando, non può nemmeno, al contempo, annullarsi.

«La mia morte ti servirà da chiarimento in questo modo: potrai riconoscerla come priva di senso, quando l’avrai risalita, come un gradino, per andare oltre (e per così dire, buttare via la scala).» non credo di capire.

La tua morte mi è stata mostrata. Ecco: niente e il suo contrario: niente.

Né ciò che succede né ciò che non succede. mentre tutto il resto rimane uguale.

In questo specchio, circolare, virtuale e chiuso. il linguaggio non ha potere.

Quando la tua morte sarà finita. e finirà perché dice. quando la tua morte sarà finita. e finirà. come ogni morte. come tutto.

Quando la tua morte sarà finita. sarò morto.

***

Morte

Dire de toi : dire tout rien.

Existante dans l’au-moins-deux, visible d’un état-des- choses, à chaque moment enfin nommée, renommée, belle, telle : mais plus.

Je ne te nomme plus que comme incolore.

Sans le redoublement de réel qui supportait la désigna- tion.

Infini ta nomination pure, amour de loin, ni vraie ni fausse.

Disparue de l’extérieur,  des arbres formes vides, des airs, des pluies.

Disparue de l’intérieur, du baiser, vérité vide,

Disparue.

°

Morta

Diventata identica.

Dire di te: dire tutto niente.

Esistente nell’almeno-due, visibile da uno stato-delle-cose, in qualsiasi momento finalmente nominata, rinomata, bella, simile: ma non più.

Non ti nomino più se non come incolore.

Senza la duplicazione di reale che sosteneva la designazione.

Infinito puro nominarti, amore di lontano, né vera né falsa.

Scomparsa dall’esterno, dagli alberi forme vuote, dall’aria, dalle piogge.

Scomparsa dall’interno, dal bacio, verità vuota. Scomparsa.

***

Dans cette lumière

Exclu, dans cette lumière, sans objet.

Il se trouva que la lumière, s’accordant à cette chose déjà, qui existait, en même temps te déniait l’existence.

Il y avait ce visage qui baignait dans un infini espace. je savais qu’il y aurait toujours ce visage et cet infini es- pace.

Cette couleur n’avait pas besoin d’être n’avait   ce sang
n’avait pas besoin d’être si lourd.

L’inaltérable, le subsistant, rien.

morte pendant cet état   de la lumiére

L’image, sortant, t’atteignait

Tombée là, comme un instrument de mesure II était devenu impossible de dire

Un nuage.

°

In questa luce

Escluso, in questa luce, senza oggetto.

Accadde che la luce, accordandosi a questa cosa-già, che esisteva, allo stesso tempo ti negava l’esistenza.

C’era questo volto che bagnava in un infinito spazio. sapevo che ci sarebbe sempre stato questo volto e questo infinito spazio.

Questo colore non aveva bisogno di essere  questo sangue non aveva bisogno di essere così pesante.

L’inalterabile, il sussistente, nulla.

morta in questo stato della luce

L’immagine, uscendo, ti raggiungeva

Lì caduta, come uno strumento di misurazione

Era diventato impossibile dire

Una nuvola.

***

Le ton

Il est convenu que la tonalité sera sinistre

Ou bien il sera, directement, question d’autre chose

Dans le registre lyrique, élégiaque, l’horreur culminera métriquement (mort métrique). ou bien par la disjonction et la suspension

Du moins si on écoute jusque-là, ou lit

Il est convenable de s’en tenir aux genres attendus : évocation, imprécation, futur antérieur : rituels.

Il y a ainsi des engendrements de sentiments disponibles dont je ne sais pas me servir

Je suis devant les mots avec mécontentement

Très longtemps je n’ai même pas pu m’en approcher

Maintenant, je les entends et je les crache.

°

ll tono

Si è convenuto che il tono sarà sinistro

Oppure sarà, direttamente, questione di qualcos’altro

Nel registro lirico, elegiaco, l’orrore culminerà metricamente (morte metrica). o magari con la disgiunzione e la sospensione

Almeno se si ascolta fin lì, o si legge

Converrebbe attenersi ai generi previsti: evocazione, imprecazione, futuro anteriore: rituali.

Si hanno così proliferazioni di sentimenti disponibili di cui non so servirmi

Sto davanti alle parole con insoddisfazione

Per tanto tempo non ho nemmeno potuto avvicinarmici

Ora, le sento e le sputo.

(Traduzione di Domenico Brancale e Tommaso Santi)

 

Jacques Roubaud, poeta, prosatore, matematico e traduttore, è nato nel 1932 a Caluire-et-Cuire  nella regione del Rhône. Trascorsa la sua infanzia a Carcassone, dopo la guerra si trasferisce a Parigi. Nel 1966, insieme a Georges Perec, entra a far parte del circolo Oulipo, fondato da Raymond Queneau e François Le Lionnais, dando con la sua scrittura un esemplare dimostrazione del potenziale creativo che si sprigiona dall’Interpretazione di matematica e letteratura. Con J.-P.-Faye e Maurice Roche fonda nel 1968 la rivista Change. Tra le sue opere si ricordano: E poèmes (1967),Quelque chose noir (1986), i romanzi consacrati a Hortense (1985) il ciclo di prose Le grand incendie de Londres, raccolte in un unico volume nel 2009; Poétic  Remarques (2016 ), Traduir, journal  (2018), Chutes, rebonds et autres poèmes simples  (2021). Nel suo lavorio di scrittore ha rivisitato con disinvoltura  tutti i generi, sfumando nei confini e rinnovandoli testo dopo testo, Roubaud ha dato vita a un’opera che è diventata parte essenziale del panorama letterario internazionale.

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Quelque chose noir
Qualche cosa nero

© Éditions Gallimard, Paris, 1986
© Ibis, Como – Pavia, 2022
FT-FinisTerrae è un marchio Ibis
www.ibisedizioni.it
I edizione: giugno 2023
ISBN 978-88-6904-027-6

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