Francesco Tomada, “Affrontare la gioia da soli”

Francesco Tomada

Pubblichiamo cinque poesie di Francesco Tomada tratte da Affrontare la gioia da soli, Collana Gialla Oro, Pordenonelegge-Samuele Editore, 2021

IL MARE IN TRASALPINA

I. STAZIONE TRANSALPINA, 22.30 PM

Ha bevuto almeno quattro calici di bianco
poi si è messo a camminare traballando
verso un prato buio e un palazzone popolare
forse ad aspettarlo c’è una solitudine più grande
rispetto a quella di adesso

sui binari solamente un treno merci fermo e
due carrozze graffitate senza passeggeri con le luci spente

qui vicino la panchina dove
è morto Adelmo in overdose di metadone
conosciamo bene sua madre
o meglio quello che ne resta

ma tu
tu stringimi la mano
se vogliamo credere che ci sia qualcuno a casa
di quell’ubriaco che lo svesta e lo perdoni
che ad Adelmo sia spettato un paradiso di colore
verdeazzurro come l’acqua dell’Isonzo
stringimi la mano fammi forza
che per tutte queste lampade appese alle colonne
con la plastica a forma di conchiglia
tocca a noi di immaginarci un mare

II. CAVE DEL PREDIL

La miniera è chiusa da vent’anni ma qui tutto è ancora miniera.
Le case sono state costruite per i lavoranti, il museo si è preso lo
stabilimento dove si purificava il piombo, il pendio della montagna
è un accumulo di pietre scavate da là sotto.
Quando nevica d’inverno i fiocchi sono grossi e lenti, come quando
capovolgi quelle sfere trasparenti che contengono un paesaggio.

Rovescia ancora quella sfera.
Che la neve si raccolga nella concavità del cielo.
Che la terra discenda nel vuoto delle gallerie da dove è venuta.
Che tutti gli uomini risalgano salvi. torna più indietro, prima di
silicosi e pleuriti. Fino alla festa di Santa Barbara, quando vestivano
i loro completi con ventinove bottoni dorati e lo sguardo fiero di
chi tutti i giorni scende nel mondo e lo spacca davvero.

III.

Potete anche dire che non c’è niente
in questo odore che sale dalla Livarna
ma io riconosco la formaldeide
è quel profumo di mobili nuovi
che mi piaceva da bambino

la Nevia una volta soltanto si è lamentata:
so che Tarcisio è morto così
alla Viscosa per più di trent’anni
poi appena arrivato alla pensione
un tumore alle ossa

potete anche dire che non c’è niente
ma non è me
è lei che dovete convincere

IV. NON VOLEVO PIU’ PARLARE di MIA SORELLA

Adesso vorrei scordarmi di lei
e basta

ma tutti mi dicono sempre
che era più allegra di me
e questa mia piccola testa di uomo
contiene poche cose ma quelle
mi girano dentro e non escono più

per dimenticarla più in fretta
sulla sua tomba non ho portato nemmeno un fiore
ma poi in primavera ne sbocciano ovunque a migliaia

non è solamente per via della neve
che preferisco l’inverno

V.

Quanta ostinazione nei cipressi
altre piante perdono le foglie
loro invece no, che non sia mai

mio nonno ripeteva di continuo:
nella vita bisogna stare sempre
con la schiena diritta

dicono che gli alberi sappiano ascoltare
ed eccoli nel grigio di novembre
rigidi e puntati verso l’alto
come se dovessero
tenere su le nuvole

Francesco Tomada
è nato nel 1966 e vive a Gorizia. i suoi testi sono apparsi su numerose riviste, antologie, plaquettes e siti web in Italia e in altri paesi, e sono stati tradotti in una quindicina di lingue
straniere. Un’antologia monografica dal titolo Questo è il mio tempo è stata edita dalla casa editrice Scalino di Sofia. Ha pubblicato le raccolte L’infanzia vista da qui (Sottomondo, 2005), A ogni cosa il suo nome (Le Voci della Luna, 2008), Portarsi avanti con gli addii (Raffaelli, 2014), Non si può imporre il colore ad una rosa (Carteggi Letterari, 2016, pubblicata integralmente anche in traduzione greca). Per la collana “Autoriale” (dot.Com Press) è stata edita nel 2016 una sua antologia ragionata con testi scritti dal 1995 in poi. Ha curato un’antologia sulla produzione letteraria della Provincia di Gorizia dal 1861 ad oggi. E’ coinvolto in diverse iniziative di divulgazione della cultura. Fa parte della redazione del lit-blog “Perigeion” e della rivista “Smerilliana”.

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