Essere polvere, Chandra Livia Candiani

 

Chandra Livia Candiani, Credits Salvatore Mayarro

NOTA CRITICA DI FABRIZIO FANTONI

La domanda della sete

La voce è il bosco del volto
tutte le mirabili cose
dell’universo sono nate
dalla voce. La voce
le ha chiamate una a una
senza pensarle le ha chiamate
fuori dalle tenebre e le cose
una a una si sono presentate
sorridendo, non sapendo
che sarebbero presto
rimaste gettate e sole.
La voce conduce, lega
e libera, grida verso l’alto
bisbiglia nella notte
e rispondono i sogni.
Sarà la voce a chiamarmi fuori
dalla tana del corpo,
con quale audacia
il mio personale frammento di voce
risponderà: “Eccomi, sto arrivando”?

E’ nel solco tracciato da questi penetranti versi, che occorre scavare per addentrarci nella lettura dell’ultima raccolta poetica di Chandra Livia Candiani intitolata La domanda della sete, 2016-2020 (Einaudi, 2020). Il libro si presenta, fin dalle prime pagine, come un lungo cammino di meditazione sul senso dell’esistere, che prende le mosse da una riflessione sul corpo, sulle varie parti che lo compongono – piedi, mani, sangue, cuore… – viste, ognuna, come lo strumento attraverso il quale si realizza la nostra percezione dello stare al mondo, del nostro esserci, ma anche del nostro attraversare la vita in tutti i modi possibili “Non domandarti mai dove vai / solo fallo bene”.

A indicare la strada di questo percorso di meditazione è la poesia. La prima sensazione che La domanda della sete offre al lettore è di trovarsi di fronte, non già ad una semplice restituzione in versi di un’esperienza emotiva o esistenziale ma all’estrinsecazione di un più intimo e denso rapporto con la poesia: una sorta di antico patto o sodalizio che impone di affidarsi completamente all’autorità di una parola che emerge da una consapevole sospensione del pensiero e porta a galla i doni di un mondo interiore profondissimo, dando forma ad un nuovo modo di esistere. In questa raccolta, la voce del poeta chiama, dà un nome alle cose, “la voce conduce, lega / e libera, grida verso l’alto”, la voce impone di affrontare il nascosto che è in ognuno di noi ed intima: “Sei l’unica me che ho/ torna a casa”.

La tematica dello smarrirsi e del ritrovarsi, del voltarsi indietro e del tornare ad una dimensione più vera del vivere è centrale nella poesia di Chandra Livia Candiani e presuppone, quale condizione necessaria, l’attraversamento da parte della poesia stessa dell’ ”accaduto”: quel danno originario che è alle nostre spalle e a cui non sappiamo dare il nome ma sappiamo che è lì, presente, come un fardello pesante che immobilizza e confina entro trincee, che isola e smarrisce.

Tutto ciò è possibile in virtù di una disposizione della poeta a cogliere tutto l’esistente come unisono del molteplice, in modo da integrare in questo tutto anche il proprio sé. Solo partendo da questa particolarissima disposizione d’animo dell’autrice è possibile cogliere appieno il senso di alcuni versi folgoranti quali “Ho bisogno del male/ ho bisogno del suo appello” o ancora

Non fare parole né fiori
non dire mezzanotte né torna presto
non aggiudicarsi malanni
restare in bilico come fa la pioggia
sui fili del bucato come una
nuvola deserta, contare momenti magnifici
sulle dita, assaporarli come semi sconosciuti
e chinarsi fino a terra chinarsi e chinarsi
fino a essere polvere. Ecco, sei salva.

La poesia di Chandra Livia Candiani abbraccia la molteplicità degli aspetti della vita, in una sorta di stabile equilibrio tra bene e male, gioia e dolore ed in questo bilanciamento trova il suo fine più vero.

Max Kommerell, interrogandosi sulla funzione della poesia, affermava “Esistere nel senso più semplice – come se, contemporaneamente, tutto ci capitasse per la prima volta, ci sorprendesse come un miracolo, e nondimeno fossimo con tutto straordinariamente familiari; abbracciando nel sentimento noi stessi, il mondo e il destino – esistere in questo senso semplicissimo, questo forse cerchiamo, ma allo stesso tempo la via di accesso al vivere genuino ci è preclusa, irretiti e isolati come siamo. Tutto ciò è cosa del poeta; egli lo fa, ma in forza dell’effetto poetico, lo fa in modo che, per mezzo di lui e con lui, lo facciamo noi, e sebbene noi distinguiamo poesia e vita, e per nessuna delle nostre attività abbiamo bisogno del poeta, pure resta la domanda se, nel senso più proprio, senza di lui sapremmo vivere”.

Le parole di Max Kommerell si attagliano, in modo così appropriato, alla poesia di Chandra Livia Candiani, da poter quasi costituire una nota alla raccolta stessa. I versi dell’autrice appaiono animati da una forte energia spirituale che, oltre ad avere origine dalla frequentazione delle filosofie orientali, evidenzia un qualche collegamento con la tradizione mistico-teologica occidentale. Il percorso di meditazione evocato dalla Candiani appare, per certi versi, non dissimile dall’itinerario verso il “fondo dell’anima” delineato da Meister Eckhart all’inizio del XIV secolo, che altro non è se non una profonda analisi -condotta attraverso Logos e Ragione- che porta alla conoscenza di sé e, al tempo stesso, alla scoperta della realtà ultima che è Dio.

Nella poesia di Candiani non vi è il richiamo ad un Dio, ma ritroviamo comunque una spinta verso l’alto, una tensione morale ed intellettuale verso la liberazione dal determinismo, da ogni eccedenza, per diventare semplicemente “spazio” e “memoria”, energia che nutre il mondo. In questa dimensione si attua il ritorno a casa del vero sé.

Sarà meraviglioso
non tornare più
fare la conta degli elementi
e restituirli uno a uno
alle fonti
terra alla terra
acqua all’acqua
fuoco al fuoco
aria all’aria
essere spazio.
Sarà meraviglioso
ascoltare i suoni
del disfarsi, del precipitare
e slacciandosi ridare
i nomi al silenzio
e ridere e piangere
sarà tutt’uno
con vento e neve,
e la memoria
l’altra cosa che c’è
dentro ogni cosa.

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Chandra Livia Candiani è nata a Milano nel 1952. Ha pubblicato: Io con vestito leggero (Campanotto 2005), La nave di nebbia. Ninnenanne per il mondo (Vivarium 2005), La porta (Vivarium 2006), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007, Interlinea 2015), La bambina pugile, ovvero La precisione dell’amore (Einaudi 2014, Premio Camaiore), Fatti vivo (Einaudi 2017), Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione (Einaudi 2018), Vista dalla luna (Salani 2019), La domanda della sete (Einaudi 2020). Insieme ad Andrea Cirolla ha curato Ma dove sono le parole? Le poesie scritte dai bambini delle periferie multietniche di Milano (Effigie 2015).

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