Silvia Bre, da “Sempre perdendosi”

Silvia Bre / Credits ph. Dino Ignani

Altro sangue

C’è della grazia in voi che mi guardate
di cui so fare a meno.
Tra voi nessuno mi potrà salvare.
E non importa quello che vi dico,
ciò che dico davvero non si sente.
Lo sentite questo funebre annuncio
Che mi tiene presente?
Lo capite chi sono?
Io mi castigo in me con queste frecce.
Sono la direzione.
La voce mi reclama al mio tormento
e io rispondo, continuamente sveglio
mi lascio disperare e sogno il sonno
e grido per chi si va perdendo
un grido acuto
che subito si piega per un verso.

Dormire almeno,
dormite voi per me,
voi che potete.

Freccia

Che debole io nel mezzo
a vibrare tra la freccia e il sangue,
disarmato, sfranto, non fosse
per il fiato che mi passa,
per il disegno che lascia da ascoltare,
che trascina, non fosse per il pianto uguale
che ci tiene e vi riguarda
e chiede, e fa che io rimanga.

Ma non capisco. Ho sonno.
Non capisco.
Quello che accade non ha le sue parole.
Non mi serve una tragedia,
basta il coro,
il costante lamento del destino.
Basto io stesso che imploro.

Preso da un grido
senza un argomento da toccare
è per voi che comincio?

Colpo

Qui io magistralmente scongiuro di morire –
finché mi tocca sfondo la mia scena,
la svesto, la depongo
con dentro tutto il sonno da dormire.

Faccio di meno intanto
faccio a meno
abbasso la pretesa, mi riduco –
La vastità immisurabile del luogo
forzata nella vastità della mente,
nella tenuta stagna delle parole.
Ma non è vero –
è così che si muore
ve lo dico: sempre perdendosi
per sempre.

Beati voi che dormite.
Un cuore invece batte –
è me che batte a sangue,
sa il mio nome.
Nessuna freccia smette di infierire,
va in cerca pure lei della sua fine
oltre la pelle
in me che sono vuoto,
nell’anima del corpo
tra i muscoli, tra i nervi
che si fanno da parte,
nel buio ostinato della vita
che rinchiude la morte.

È a me che lo fa dire,
a un disgraziato, al servo –
mi tortura il respiro
lo sorprende, lo scuote,
che io rimanga sveglio! che io gridi…

Così un altro rinvio
eppure addio, addio
addio sempre.

da Sempre perdendosi (Nottetempo, 2006)

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Silvia Bre è nata a Bergamo nel 1953 ma è romana di adozione. E’ scrittrice, poetessa e traduttrice. Ha vinto il premio Montale nel 2001 con la raccolta Le barricate misteriose (Einaudi, 2001) e il Premio Viareggio per la poesia con Marmo (Einaudi, 2007). Altre sue raccolte di poesia sono: I riposi (Rotundo, 1990) Sempre perdendosi (Nottetempo, 2006) e La fine di quest’arte (Einaudi, 2015). Ha curato la traduzione de Il Canzoniere di Louise Labé (Mondadori, 2000), Centroquattro poesie (Einaudi, 2011) e Uno zero più ampio (Einaudi, 2013) della poetessa inglese Emilie Dickinson

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