Tommaso di Dio, “Verso le stelle glaciali”

«Vorrei che ogni linea della mia poesia coincidesse con un respiro, senza barare e senza virtuosismi, perché ogni verso sia prova e contemplazione del fiato che finisce». (Tommaso Di Dio)

Vengono dal passato; e brillano
le parole dei morti.
Vengono le scarpe sporche di fango
che furono abbandonate
sulle porte di legno e sui muri di pietra
nelle campagne e nei boschi di millenni fa.
Tremano, non sono più di nessuno
cercano i piedi, le case e le bocche dei vivi
per poter tornare a dire
tornare a sapere il nulla che la notte
da sempre propaga e dissipa
dentro se stessa. Perché sparge
e perché si sparga; perché torni a spargere
a vento dove vento non c’è, dove sabbia
sugli occhi ci nasconde e si disgregano
mondi e molecole, frantumi universi spazi
virano radianti
le parole perdute, le parole cadute
che sulle labbra hanno imposto
un silenzio.

*

Oggi sei tornato. Aspetto che tu parli.
Piove. Ma anche la pioggia è parte del processo
come gli echi, gli archi neuronali
il buio che è stato tempesta
lenzuola flebo farmaci. Sbriciolato
sei ciò che resta, attaccato
alle smorfie della faccia, sintassi e coronamenti.

Se mi vedi guarda
la terra.

*

Tutto è stato interrotto. Spaccato l’angolo
il corpo della renna
fu sepolto nel lago con lo stomaco
pieno di pietre. Dopo settembre, ottobre
scaldava ancora il sole; l’aria
era docile. Senza menzogne, il computo stratigrafico
enucleava resti possibili e dava adito
a timide interpretazioni. Dall’altro capo del lago invece tu
parli; muovendo le labbra indichi
tane per la carne e scorte
residue di scheletri di pesci. Come se noi
fossimo sempre sotterrati e capaci
di accedere alle tue labbra
al primo senso.

*

Hai dimenticato il mio nome; il nome tuo
è à fuori sbriciolato buio
dopo forte tempesta. Hai dimenticato
le strade dove vivi, il numero delle stanze
i mobili i libri
capodanni e ore di giorni, mesi di anni
primavere di decenni sono dove
ora c’è un buco franato spento
fra travi marce e paludi. Sono state trovate grotte
con i teschi di osso disposti in cerchio
lungo il perimetro di pietra; al centro
residui di fuoco e pasti
lanterne rovesciate, ocra. Incongrui
sono gli strumenti. Non comprendiamo
quale vita abbia avuto forza, quale forza
abbia avuto vita, fra questi strati.

*

Io.

Verso le stelle glaciali.

Oppure puoi dire
un sentiero già segnato, un ritorno, una riflessione.
C’era la ghiaia. Io
sono venuto a stare qui, dopo anni.
Prima non c’erano queste pareti di plastica.
Fra i balconi, era tutto un corridoio lungo
e si poteva correre. Io
correvo.

Vengo da quella casa lì. Davanti al parco
con lo stagno e i girini dentro.

Fra tutto il fango, pozze
alberi betoniere cemento; e la grande neve
del Millenovecentottantacinque.
Ricordo il freddo, sì
il godimento
puro sui sedili di una FIAT
col padre e la madre seduti e protetti e invece là
il mio futuro
nella concreta forma di costruite
case di mattoni rossi, popolari
nel bianco
che si faceva grande, stupiva, allagava

e questo io
che ci ostiniamo a scrivere io

che è solo un buco

un calore che scava nella neve un cerchio

un cielo

fra gli occhi azzurri delle nuvole sguarnite.

 

Da Verso le stelle glaciali (Interlinea 2020)

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Tommaso Di Dio (1982), vive e lavora a Milano. È autore della raccolta di poesie Favole (Transeuropa 2009). È giurato del premio Franco Fortini ed è membro del comitato scientifico della laboratorio di filosofia e cultura Mechrì (www.mechri.it). Nel 2014, esce il suo libro di poesie Tua e di tutti (LietoColle Pordenonelegge), tradotto in francese da Joëlle Gardes per Recours au poème éditeurs. Nel 2015 pubblica la plaquette Per il lavoro del principio, nata all’interno del progetto Le parole necessarie, in collaborazione con Il Centro di Poesia Contemporanea di Bologna e l’Ospedale Sant’Orsola. Nel 2017 è stata pubblicata in tiratura limitata la plaquette Alla fine delle favole, (Origini edizioni). Verso le stelle glaciali (Interlinea 2020) è il suo ultimo libro. È di prossima pubblicazione, per Effigie, la sua traduzione di La primavera e tutto il resto del poeta americano W.C. Williams. Nel 2018 è tra i fondatori della progetto di poesia e arte Ultima, per cui ha pubblicato la breve raccolta World Wide Whatsapp crash (www.ultimaspazio.com).

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