Franco Buffoni, per Mario Benedetti

Mario Benedetti (poeta italiano)

Caro Mario,
sei finito a Piadena, in provincia di Cremona, nel momento peggiore: il luogo meno indicato per poter sopravvivere nella primavera del 2020. Ma lì c’era Donata che poteva venirti a trovare.
Ricordo quando ti preoccupavi per lei e mi telefonavi, ma lei non doveva saperlo.

Ricordo Giuseppe Genna, che vi frequentava nei tempi belli a Milano.
Ricordo anche il tuo esordio in poesia: per poco non finisti nei Quaderni, come Stefano e Antonio e Gian Mario. Tu eri un po’ più vecchio e restasti fuori.

Ricordo quando mi venisti a trovare all’oncologico di via Ripamonti: nel 2000, ero appena stato operato di cancro al polmone. Era anche appena uscito Il profilo del Rosa. E subito dopo apparve il libro di Stefano Ritorno a Planaval. Quando ti ebbi ben spiegato l’intervento subito, durato sei ore, ti limitasti a dirmi che si vive bene anche con un polmone e mezzo: “L’importante è che funzioni questa”, e con l’indice della mano sinistra ti toccasti la fronte.

Poi sei stato male tu. Una volta. Ti sei ripreso e ci siamo rivisti: l’ultima volta fu a Milano alla Sala del Grechetto. Tirava vento quel giorno e io dovevo come sempre avermi dei riguardi. Tu mi facesti segno di uscir fuori, ma io ti salutai con la mano da dietro il vetro. Fu l’ultima volta che ti vidi: ti allontanavi nel vento col passo un po’ incerto, ma con la camicia slacciata. Suscitando la mia invidia.

Poi sei stato male di nuovo. Tanto. E non hai più voluto/potuto occuparti di poesia, eri troppo impegnato con le “riabilitazioni”.

Oggi ti scrivo da Roma, chiuso in casa, consapevole di doverci restare ancora per chissà quanto tempo. Perché anche quando tutto intorno dovesse placarsi, ancora non potrei permettermi di rischiare: anziano con patologie pregresse, sarei il bersaglio perfetto. Mentre tu sarai per sempre nel vento con la camicia slacciata.

Oggi, pensando a te, ho scritto questa poesia, che si aggiunge a quella del 9 marzo sullo stesso tema.

Te le invio entrambe e ti abbraccio.

Franco

Sedazione profonda

Ecco le particelle virali
Con la tipica ultrastruttura
Di glicoproteine coronate
Nelle case di riposo.
Dov’è prassi ormai
La sedazione profonda
D’accordo coi parenti,
Non certo la chiamata al 112
Per un ricovero in reparto
Con conseguente intubazione
E prolungamento di agonia.
Si è già dunque andati oltre
Qualunque legislativa dimensione
Volta a garantire del biologico
Testamento
L’effettiva esecuzione.

*

Mentre da Roma cercavo sul Corriere

Mentre da Roma cercavo sul Corriere
Le notizie sul contagio a Gallarate,
L’occhio mi è caduto sul servizio
Con le foto da Marte. Trentaquattro istantanee
Inviate da Curiosity, il rover della Nasa
Che da otto anni vaga sul pianeta.
Il Sole da Marte in un tramonto blu,
Mount Sharp e il cratere di Gale,
I sedimenti d’un antico fiume
Rocce meteoriti e dune
E poi ad un tratto quel pallino chiaro
The Earth
La Terra vista dal cortile del vicino
Con le fidejussioni i rogiti i contratti
Le zone rosse ed arancioni
Le bare bianche senza estreme unzioni.

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