Isabella Morra, da “Rime”

Isabella Morra

CANTO PER IL PADRE

COMMENTO DI BIANCA SORRENTINO

Sotto i colpi inferti da una Fortuna a lei avversa, Isabella Morra cristallizza la sua fulminea esistenza in un piccolo e adamantino canzoniere, composto nell’altissima solitudine di un castello. La condanna al destino dell’abbandono, celebrata dalla sua stessa famiglia, acuisce in lei la sensibilità per la sorte delle Arianne, le fanciulle che nel mito giacciono addormentate su una riva dimenticata, dopo la partenza dell’amato. Nei versi morriani, l’addio è alla figura paterna in fuga: il suo canto filiale si consuma in un funambolico equilibrio tra innocenza e accusa di tradimento. Il tormento che deriva dalla permanenza nel luogo dell’infelicità non impedisce tuttavia alla poetessa di proiettare il suo sguardo oltre il limiite imposto, nella ricerca mai paga di una visione che culli una qualche novella.

D’un alto monte onde si scorge il mare
miro sovente io, tua figlia Isabella,
s’alcun legno spalmato in quello appare
che di te, Padre, a me doni novella.

Ma la mia adversa e dispietata stella
non vuol ch’alcun conforto possa entrare
nel tristo cor, ma di pietà rubella
la calda speme in pianto fa mutare.

Ch’io non veggo nel mar remo né vela
(così deserto è lo infelice lito)
che l’onde fenda o che la gonfi il vento.

Contra Fortuna alhor spargo querela
et ho in odio il denigrato sito,
come sola cagion del mio tormento.

 

Isabella Morra, Rime (Stilo Editrice, 2019)

 

 

Isabella Morra (1520-1546), giovane poetessa lucana, è una delle più interessanti voci poetiche del Rinascimento italiano. La sua vita fu contrassegnata tanto da un grande amore per la poesia e la letteratura quanto da un complesso di tragiche vicende che culminarono con la sua morte, tramata dai fratelli. A Valsinni (Matera) è stato creato un parco letterario in sua memoria e un Premio letterario è stato promosso dalla Casa della poesia di Monza. Di recente pubblicazione le sue Rime, a cura di Gianni Antonio Palumbo, per i tipi di Stilo Editrice.

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