L’art Irreductible

L’ART IRREDUCTIBLE
Ex-Carcere La Modelo – Barcellona (Spagna)
Fino al 22 gennaio 2019
di Alberto Pellegatta

Jean Dubuffet sosteneva che per gli artisti dell’Art brut «l’imitazione, al contrario di ciò che succede per gli intellettuali, ha poca o nessuna importanza; motivo per cui estraggono ogni cosa (temi, scelta dei materiali, mezzi di trascrizione, ritmi, forme ecc.) dalla loro mente, e non dagli stereotipi dell’arte classica o della moda. Assistiamo così a un’operazione artistica pura, bruta, che l’autore reinventa in tutte le fasi e avvia a partire dai soli impulsi». Dubuffet è stato infatti il primo collezionista d’Art brut – un tesoro da 5000 pezzi conservati al Museo di Losanna. Seguirono diversi psichiatri illuminati, che iniziarono a osservare con attenzione artistica le creazioni dei propri pazienti.

La collezione principale è senz’altro quella del medico austriaco Hans Prinzhorn, che riunisce l’opera di oltre trecento internati in diversi nosocomi d’Europa. La collezione Prinzhorn influì su artisti come Paul Klee e su surrealisti come Max Ernst. Suggestionò chi voleva superare la rigidità razionale lasciando che l’inconscio controllasse il gesto pittorico.

Oggi l’Art brut è confluita nell’Outside Art, che si riferisce a tutte le produzioni artistiche che nascono al margine del sistema culturale ufficiale, a tutti quegli artisti indipendenti dalle etichette della critica – condizione ormai comune non solo a chi convive con una malattia mentale. Un’arte che riflette sulle condizioni esistenziali più precarie e sulle lotte sociali attraverso visioni divergenti.

La mostra che proponiamo, L’art irreductible, curata da Mery Cuesta, si svolge nell’impressionante cornice dell’ex carcere di Barcellona de La Modelo e nell’Hangar Gaudí di Mataró.

Spiccano i lavori di José Martín Melendes, con personaggi alati e antropomorfi, dotati di un becco dal quale sembrano inoculare un liquido biancastro in una giara, ma anche le opere di Jean Budz: per esempio la grande Sortie non indiquée del ’75 con l’enorme figura centrale composta da strati e strati di carta dipinta e ripiegata fino a dare consistenza deforme e pulsante alle carni. Presenti anche le tele del surrealista catalano Àngel Planells, di Jaume Casanovas (con i suoi tendaggi lirici del 2013) e del celebre Miquel Barceló: un notevole autoritratto e un disegno di una vacca spiritata. Diversi anche gli artisti anonimi, inquadernati in incubi di bocche da cui escono mani o strani animali. Enigmatiche scene marine, azioni di lotta e voli di uomini-pesci, opere che vantano un uso umorale del colore, spesso ridotto alpuro pigmento.

Tra i pochi a trattare in Italia questo genere di ricerca ci sono la galleria Isarte di Milano, il critico Francesco Porzio e Rizomi Arte di Parma.

Tra gli artisti italiani storicizzati si distinguono due figure fondamentali, ancorché scomparsi entrambi in ospedali psichiatrici e dimenticati, autori come Davide Mansueto Raggio e Claudio Costa – del quale sta uscendo un catalogo ragionato di opere inedite per Edb Milano.

L’arte non ha bisogno delle trappole e delle categorie della critica, di teorie, parafrasi o riduttive spiegazioni. Può fare a meno della logica e comunicare perfettamente le proprie inquietudini, con buona pace dell’accademia, che spesso delle avanguardie predilige le operazioni più algide e commerciali.

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