Adonis, “Siggil”

In questo libro-poema il dio della natura sembra essersi incarnato nel poeta, nel mistico, nel profetico Adonis, dal volto luminoso e dall’universo incandescente.
Qui assistiamo alla metamorfosi del testo tramite lo sdoppiamento del significante, che ha un significato atteso e uno sotteso.

1

Vennero,
portavano su un piatto rosso la testa dell’orizzonte.
Anche il miraggio fu evocato,
scendeva lontano in un deserto non lontano.
Labbra battevano come fossero campane,
un alchimista distillava l’elisir di lunga vita,
e il sale combatteva il pane.
E’ il banchetto!
sotto un cielo che riversava nettare
in calici simili a teste di morto.
Quanto è profana l’unione fra il sangue e il cielo.

 

5

Che città è questa,

il cielo le ha dato mani e detto:
metti la tua lama sul volto del significato –
in un’epoca
che celebra la vita, mischiando incendio alle ceneri
dei cadaveri.

Il linguaggio
parte è simile a fauci selvagge,
e parte è giogo
non soltanto al collo degli uomini
ma anche al collo delle stelle.

9

Lampo –
oceano d’insonnia
che cos’è questo cielo che indossa una divisa
militare?

Prendimi per mano, stella polare,
e voi dove siete demoni di cui mi sospettano?

Né la fine inizierà
e nemmeno l’inizio finirà.
Come se soltanto la sabbia
fosse in grado di afferrare le giunture dell’acqua.

(Traduzione a cura di Fawzi Al Delmi)

Poesie tratte da SIGGIL di Adonis, Testo originale arabo a fronte Editore:Interlinea Collana:Biblioteca della Fondazione Schlesinger A cura di: A. Cima, data di Pubblicazione: 2000

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