Il mondo fenomenico di Bruno Galluccio

di Eleonora Rimolo

Nei testi di Galluccio piano fisico e metafisico sono le due rette parallele lungo le quali il verso si snoda fino a ricongiungersi in un’unità semantica dalla quale emergono punti focali ben definiti: sull’angoscia esistenziale e sulla solitudine dell’uomo Galluccio modella i suoi fantasmi interiori, e a questi confida tutti i suoi rimpianti (“quella che sarebbe potuta essere mia figlia/sta correndo e mi chiama/ancora indecisa se esistere”). Il mondo fenomenico, per quanto ordinato e compreso scientificamente, cela la reale natura delle cose: e così dal buio una luce artificiale emerge riflettendo le ferite nascoste, i rimorsi (“Il faro illumina involontario/la cicatrice che non mostravi/il mezzo volto penitente”). Le suggestioni si rincorrono con il ripetersi delle stagioni e i nodi emotivi maggiori si sciolgono sul calare dell’inverno (“nel buio inverno per te”): necessario si fa dunque il rifugio e indispensabile la voce, per coprire il silenzio del lampo e per riscaldare corpo e materia.

Da “La misura dello zero” (Einaudi, 2015)

nessuna presenza umana
se non il margine della memoria
che batte sugli angoli le costole
l’inverno esausto conta le sue vittorie
conta il primo apparire del colore da anni
inizio e participio passato quando
il gesto che si diluiva riappare
sporgendosi e saluta

quella che sarebbe potuta essere mia figlia
sta correndo e mi chiama
ancora indecisa se esistere

*

La città è una teoria di stracci ripetuti.
Tu vieni messa al centro.

Il faro illumina involontario
la cicatrice che non mostravi
il mezzo volto penitente.

Questo mi dirà cose di te più tardi
quando la casa sarà ricomposta
per rifondazione degli spazi.

*

tutto il dire che scrivo
per te da orto a orto buio
nel buio inverno per te
la stagione dei venti
la mia casa nel vento

racconti a lampi i morti
che verranno da uno ieri
distaccato e sfibrato
sotto luce di porfido

si può ricostruire
il guardarti le labbra
dovremmo stare l’uno
nella voce dell’altro
senza le scorie
come dopo la forza
dell’avere taciuto.

Bruno Galluccio è nato a Napoli dove tuttora vive. Laureato in fisica ha lavorato in un’azienda tecnologica occupandosi di telecomunicazioni e sistemi spaziali. Il suo primo libro di poesia è Verticali (Einaudi 2009), cui ha fatto seguito La misura dello zero (Einaudi 2015).

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