Jolanda Insana, in memoria di te

                                                                                                 Jolanda Insana

Jolanda Insana è nata a Messina nel 1937. Laureatasi in lettere, si è trasferita nel 1968 a Roma, dove è vissuta fino alla scomparsa nel 2016. Ha pubblicato le raccolte: Sciarra amara (Guanda, 1977), Fendenti fonici (Società di poesia, 1982), Il collettame (Società di poesia, 1985), La clausura (Crocetti, 1987), Medicina carnale (Mondadori,1994), L’occhio dormiente (Marsilio, 1997), La stortura (Garzanti, 2002), La tagliola del disamore (Garzanti, 2005), Tutte le poesie 1977-2006 (Garzanti 2007), Satura di cartuscelle (Perrone, 2008), Frammenti di un oratorio per il centenario del terremoto di Messina (Viennepierre, 2009), Turbativa d’Incanto (Garzanti, 2012). Attualmente le poesie di Jolanda Insana si trovano nel volume garzantiano del 2007 Tutte le poesie (1977 – 2006). Si è dedicata inoltre alla traduzione di vari classici greci e latini, tra cui Saffo, Plauto, Euripide, Alceo, Anacreonte, Ipponatte, Callimaco, Lucrezio, Marziale; e del medievista Andrea Cappellano.

da La clausura  (Crocetti, 1987)

La parabola del cuore

 

vedo nel vuoto dove piove chiara salute e mi svuoto del superfluo

di presenze specchiandomi nella palla di cristallo

il tumulto è grande e non mi lasciano uscire

ma per chi parte reggono i muri e si fanno più arditi

ardendo in spazi più spazi

nel vuoto più vuoto dei trenta metri quadrati

serrati dalle grate

rinchiavardo l’unica porta e così è impossibile rientrare

a scaldare i lunghissimi piedi dalle belle dita irregolari

dentro il camino

e vedere quanto resiste e dura la camera di combustione

rinfocolata con l’arte che sai

e mi dispiace per te

sono qui e dici no all’abbraccio ammagatore

perché non vuoi che si veda quanto poco si ragguaglia la misura

ma io posso testimoniare che non fu illusione e la vista

durò aguzza per due notti

poi la visione per più di un mese e ora nell’addiaccio

l’estasi perde in levatura e stramazza in stasi

si prega di non abbandonare rifiuti

si legge sul sentiero che dalla spiaggia porta alla tua quarta casa

covo di cazzarne e straglio

bastardo e randa

l’empito per entrambi è rimesso in discussione

e la prima volta è sempre l’ultima

ma se esce pari vinco

e se esce dispari perdi

 

*

da Tutte le poesie (1977-2006) (Garzanti, 2007)

Solo con il pensiero
a mia madre Maria Cannistrà

solo con il pensiero potrebbe disporre lenticchie
nel piatto con l’acqua
e riporle nel chiuso dell’armadio
perché germoglino senza verde
e sarò io per il giovedì santo di questa Pasqua
a fare sepolcro di esili pallidi steli
e apparecchiare il suo altare

*

Da: Frammenti di un oratorio, (Viennepierre, 2009)

Opera di Jolanda Insana pubblicata in occasione del centenario del Terremoto di Messina del 28 dicembre 1908.

accurrìti accurrìti gente
me figghia me figghia
portate una scala
me figghia
’na scala ’na scala
pigghiate me figghia
accurrìti accurrìti
u focu u focu
sa mancia
viva
a fini du munnu
a fini da so vita
viniti curriti
’na scala
tièniti tièniti
figlia

*

scanto
scanto grande
e mascelle serrate
narici aperte per assecondare il respiro
strette le chiappe per darsi un contegno
molli le gambe nel sobbollimento
di terra e mare
e gli occhi aggrottati
nel boato
finita
è finita la vita
ma riprende a fiatare
disserra la bocca
si tocca la testa
con due dita si carezza le guance e trema
non sa cosa c’è dietro la porta
di lì è passata la morte

*

impazzirono
e avevano sete
e non avevano acqua
e nudi correvano
alle finestre senza vetri
al balcone franato
con gli occhi insanguinati
in pianto

 

 

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