Giorgia Meriggi, “Riparare il viola”

Giorgia Meriggi

Si può anche stare su una palafitta
con in mano una ghianda.
E’ l’infinito, sai.
E cosa c’è di più impersonale
che piegare sul lavandino gli occhi
e cavarne due uova di vetro –

tu non guardarmi mai mentre insapono
sconfitta le viti da conficcare
ai piedi, il cuore stretto in una ghianda.

E l’infinito?
Niente.

E’ aperta la stagione della caccia.

*

Ora che il greto è vuoto non è grembo
per violini d’acqua e piccole rane
infami. Lo credi un viale di ghiaie
curvo, senza l’affanno per il mare –
il grafo della fame.
E grandine e calura e abreazione:
sarà il verso della ghiandaia, pensi,
mentre misuri il polso all’infezione,
che proviene dalle ossa del gelso,
qui, dietro lo scafo.

*

Fai silenzio, lasciami arrampicare
lungo le tue cortecce lisce d’olmo
adolescente, che importa se aprile
è passato, se hanno spostato i campi
di coriandolo e lavanda dall’altra
parte del mondo, che importa.

Non sai che i boschi sono chiese senza
un tetto, create dai mantra di insetti
notturni.

Al buio s’infilano tra i pensieri
di muschio cresciuti sulle pietre
che cadono dai sogni
dei cercatori di funghi
e di parole.

Giorgia Meriggi è nata a Milano nel 1966.

Laureata in filosofia, con una tesi dal titolo “Corpo, ragione, passioni nei romanzi libertini di D.A.F. de Sade”,  vive a Milano. Con Stampa Alternativa ha pubblicato nel 2012 Comizi d’amore, insieme a Paolo Pedote. Riparare il viola (Marco Saya Edizioni, 2017) è la sua prima raccolta monografica.

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