Tommaso Di Dio, Tua e di tutti

 
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Tua e di tutti“, la nuova raccolta di versi di Tommaso Di Dio, inaugura la nuova collana di poesia voluta da pordenonelegge.it e LietoColle Editore per promuovere e diffondere l’opera di autori  già conosciuti che da tempo seguono la vicenda attuale della poesia.
LietoColle cura la proposta del libro nella sua forma canonica, mentre pordenonelegge.it cura la versione elettronica con l’obiettivo di moltiplicare le occasioni di attenzione e di dialogo su quattro opere di poesia scelte, una volta l’anno, tra le esperienze di rilievo di nuovi e giovani autori.
Il primo di questi è Tommaso Di Dio.

A Ilaria


Tutto questo non possiamo noi dimenticare
una volta cominciata questa impresa.
Il giovane ragazzo down
distruibuisce giornali. Tutte le mattine
non lio vende non li compra
sotto la pensilina. Quando piove.
Quando c’è il sole. Tiene il conto
dei minuti che mancano, perché arrivi
il pullman che ti scacci nella città
verso un lavoro altrove. Ha trovato
il suo compito; la sua fatica, il suo posto
senza prezzo né guadagno. Prendi
il giornale che ti porge; guardalo.
Anche lui mette in opera il mondo
sorride
in nome di nessuno.
***
Con gli anni la vita si complica
si confonde si immischia
la certezza non si dà
nelle mani mai. Le persone dilatano
s’allargano rughe pance
gli anni sono ricordi nel parco
la stessa strada
che continui a fare e rifare
e gli alberi. Dentro il ventre di una donna
a godere steso con la faccia sporca
sulla terra; nella montagna
fragile delle paure che dilava
cancella
amici case paesi. E ogni mondo
a cui hai creduto come cosa salda e vera
è già di altri negli altri corpi
come una bufera che non riconosci più; che non riesci
ad amare di più.
***
Forse bisogna chiudere gli occhi
aspettare che il colpo cada
di traverso e spacchi
la veglia come al fondo del ramo ora s’apre
il boccio più caro alla stagione. Milano
le case le strade; la sera, lo sgorgo
alla curva verso dove i passi non più
sono veri. E penso a quell’arabo
giovane e fermo negli stretti suoi jeans
le scarpe splendenti della
fibbia d’oro in via Vitruvio ad aspettare
la grazia da qualche parte come me, la grazia
di qualche animale che come me
abbia fame
***
Ci sono ore di ordine; stagioni
minuti mondi immuni
dal terrore e dalla perdita. Sono secoli
poi a ripensarci, voci volti, luce
che cresce dietro l’albero mentre monarca
l’ombra divora. Ti stringe lunga
stretta e schiva la strada che di sé
non mostra continuazione. E procedi
verso il bosco che fa fatica
di foglie e rami sempre più grumo
e miseria, palazzi squarci
androni orari abbracci che temono
l’oltre di una porta e vetri
per terra vedi vetri.
Ho cercato tanto un tempo del tempo per dire qui.
Ho cercato tanto.
***
Il cielo sgombro; con gli alberi di castagno là.
Il giorno che si svuota. Le strade di notte poi
la linea bianca
che verso le luci alte dei palazzi sfonda
la ragione e il senso, l’impegno
nelle mani che fanno. Cosa. Premono.
Spingono trapassano il fogliame
questi fiori stupidi di maggio; dicono che vennero
le undicimila volte abbracciate
facce d’amore in terra e tante
andarono via. Cosa. Premono. Io voglio capire
come splendono per la terra oscura
tante vite.
***
Dove dormi. Questo viso che tieni fermo
nel sonno; con gli occhi chiusi
sulla pelle. E la sera poi
un cielo d’alberi dalla finestra fuori.
Dove dormi, tu non puoi
adesso dire se non
piegare la schiena, le palpebre. Splendente
corpo tuo, respiro
pelle; per un istante nel nero delle foglie
la notte, la bocca perduta
e ritrovata nel viso.
***
Ci si sveglia al mattino con questo sapore
e l’ordine preciso delle finestre. La successione
della pioggia e di padre, madre. Andare
contro la terra, contro il marciapiede
fracassato figlio con la faccia che
si sperpaglia. Eppure manca
ancora tempo al tempo; stagioni agli anni
ore ai giorni e pietre alle montagne e corteccia
ai boschi altissimi sopra le braccia della mia famiglia.
Cammino avanzo. Opero parlo.
Al punto cieco di ciò che faccio
desdero sempre, desidero ancora.
Desidero vivere.
_________
Tommaso Di Dio nato nel 1982, vive e lavora a Milano.
La sua prima opera di poesia è Favole, Transeuropa, 2009, con prefazione di Mario Benedetti. Ha tradotto poi una silloge del poeta canadese Serge Patrice Thibodeau, pubblicata sull’Almanacco dello Specchio, Mondadori, 2009. Nel 2012 una scelta di suoi testi è uscita in La generazione entrante, Ladolfi Editore. Dal 2005 collabora all’ideazione e alla creazione di eventi culturali con l’associazione Esiba Arte, per la cui compagnia teatrale scrive testi. Nella sua città e in altre, partecipa agli incontri di poesia “Fuochi sull’acqua”.

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