Jackson Pollock e Gli irascibili

Appuntamento

E’ in corso a Milano la mostra Pollock e gli irascibiliLa scuola di New York, (fino al 16 febbraio 2014). La sede è il Palazzo Reale, che con questa rassegna ha inaugurato l’iniziativa Autunno Americano, omaggio all’arte d’oltreoceano che proprio quest’anno, 2013, ha dedicato, a sua volta, diversi appuntamenti, eventi ed iniziative alla Cultura italiana. Protagonista indiscussa della mostra è l’opera Number 27 di Pollock. (Nella foto: Jackson Pollock, Number 27, 1950, Olio, smalto e pittura di alluminio su tela, 124,6 x 269,4 cm, © Jackson Pollock by SIAE 2013 © Whitney Museum of American Art). 

Tra gli altri capolavori presenti citiamo Mahoning di Franz Kline (1956), The crest di Adolph Gottlieb (1959), Senza titolo (1945) di Clyfford Still, Door to the River di Willem de Kooning (1960) e Untitled (Blue, Yellow, Green on Red) (1954) di Mark Rothko. Il significato di queste opere va cercato sin dalla fine degli anni Trenta, quando sulla scena Newyorkese sono apparsi artisti che hanno fatto dell’astrattismo un vero e proprio linguaggio, nato in parte per reazione all’angoscia esistenziale del dopoguerra ( molti artisti erano emigrati negli Stati Uniti in quel periodo), ma anche come opposizione alla canonizzazione dell’arte moderna operata da molte istituzioni, tra le quali il Museum of Modern Art, che aveva optato per un modello decisamente eurocentrico. Ne è nato così un movimento che è poi stato riconosciuto come Scuola di New York, ovvero artisti che hanno condiviso l’esperienza di vivere ed esporre insieme nella metropoli americana, grazie ad un’arte fatta specialmente di astrattismo gestuale.

L’esposizione racconta gli “irascibili”, artisti così definiti dopo un celebre episodio di protesta nei confronti del Metropolitan Museum of Art, che voleva organizzare un’importante mostra dedicata all’arte contemporanea degli Stati Uniti escludendo però gli esponenti dell’allora ormai delineata Action Painting: a guidarli fu proprio Jackson Pollock, che nella sua carriera ha cambiato il linguaggio della pittura con la tecnica dello sgocciolamento, tramite il quale ha realizzato opere di enormi dimensioni “standoci dentro”. Pollock stesso diceva che la sua arte non prendeva forma sul cavalletto, ma per terra, su tele di grandi dimensioni su cui poteva camminare e solo alla fine capire il risultato, dare forma e vita all’opera d’arte.

E’ il trentennio tra gli anni ’30 e ’60, e l’America segna una svolta in ambito artistico grazie a personaggi come Kline, De Kooning, Rothko e lo stesso Pollock e al loro Espressionismo Astratto.

La rassegna milanese, che sarà visibile sino al 16 febbraio 2014, presenta molti lavori degli esponenti del movimento americano e solo alcuni sono di Pollock, per lo più di piccole dimensioni e certamente meno conosciuti al grande pubblico: ma si conoscono le difficoltà nel trasportare le sue immense tele, e a Milano si gioca molto sulla spiegazione del suo modo di procedere e di fare arte, anche grazie ai filmati di Hans Namuth, fotografo che tra il 1950 e 1951 ha realizzato documentari sul noto artista anche presso il suo laboratorio a Springs (NY).

Tuttavia, tra le opere in mostra provenienti dal Whitney Museum ( oltre cinquanta), si può dire che protagonista e certamente nota a molti è l’opera Number 27 proprio di Jackson Pollock, di tre metri di lunghezza, che il museo americano ha eccezionalmente acconsentito a far viaggiare.

Pollock e gli irascibili – La scuola di New York

Palazzo Reale – Milano

Dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014

Orari: Lunedì dalle 14.30 alle 19.30 – martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30 – giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30

Info e prenotazioni: www.mostrapollock.it
www.comune.milano.it/palazzoreale
www.ticket.it/pollock

Pollock e gli irascibili, la scuola di New York. Al Palazzo Reale di Milano fino al 16 febbraio 2014, è curata da Carter Foster e Luca Beatrice, è prodotta da Artehemisia Group e da 24Ore Cultura – Gruppo24Ore in collaborazione con il Whitney Museum di New York, fondato nel 1930 col chiaro intento di dare voce alla produzione di artisti americani viventi.
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