Roberto Pazzi chiude la rassegna poetica di Ferrara

Appuntamento

Si concluderà venerdì 11 gennaio 2013 alle ore 17, a Ferrara In gran segreto 2012, la rassegna annuale di poesia contemporanea curata dall’Associazione Culturale “Gruppo del Tasso”, con una panoramica sull’intera opera poetica di Roberto Pazzi. L’appuntamento è alla Sala Agnelli della Biblioteca Comunale Ariostea di Palazzo Paradiso. Con lo scrittore dialogheranno Gianmario Lucini e Matteo Bianchi.
Nota critica di Matteo Bianchi

Roberto Pazzi, come ha approfondito junghianamente sul mito di Amore e Psiche per Il caffè di “QN”, mantiene una doppia anima, che si esprime a tratti in prosa e a tratti in poesia. Nel corso degli anni la scrittura in prosa ha asciugato la sua poiesi, rendendola più simbolica, più allegorica; parallelamente all’influsso che ebbe la psicanalisi sulle rime di Umberto Saba. La sua è da sempre una lirica che sboccia dalla «vita vera», da un nocciolo di purezza incorruttibile; una fioritura lenta e tenace, nel credere nel terreno dove ha messo radici interiori, Ferrara. Quasi fosse una pianta del deserto, una bella di notte, che nel buio fa luce e dal buio trae la sua luce. Durante il Convegno al Ridotto del Comunale in occasione del centenario dalla nascita di Giorgio Caproni, organizzato dalla “Dante Alighieri” di Ferrara, il critico Paolo Vanelli ha individuato una corrente ideale della lirica italiana contemporanea dalla poetica di Umberto Saba a quella di Roberto Pazzi, attraverso l’abissale interiorità caproniana. Difatti lo scrittore estense è portatore di un lirismo colloquiale, teso a chi “ascolta” e si lascia coinvolgere dalle sue forme scolpite, quasi fossero tratti sul marmo. Una parola appassionata, melodico-cantabile, venata di sensualità, che abita i luoghi popolari e li eleva, mirando all’epicità del quotidiano, però senza rinunciare alla ebbrezze filosofiche.
Nei versi suddetti il Poeta si riconosce in uno stato di estasi, ne prende poco a poco consapevolezza tramite gli oggetti del suo vissuto, «penne, guanti, vestiti, / le scarpe» che, nell’astrazione crescente, nella sprezzatura dell’evoluzione poetica, divengono i talismani dell’essenza, i significati stessi che racchiudono, «i viaggi, gli inverni», depositari di piccole realtà terrene che si sono fatte verità ultraterrene, asciugandosi nel flusso del tempo. Ecco che allora il mestiere di scrivere (titolo del breviario di Raymond Carver, atto d’amore verso la letteratura di un artigiano della parola), praticato con metodo da Pazzi giorno per giorno, tra le pile di libri che alloggiano e aleggiano in casa sua come ospiti privilegiati, diventa una sequenza di esercizi spirituali, una sorta di rito per l’ascesi, una volta che l’esistenza gli ha concesso di superare il bisogno biologico di riprodursi, ma specialmente che l’esperienza, «i vecchi costumi da bagno», lo ha distanziato dal fraintendimento culturale esercitato dalla società odierna sull’istinto naturale, «famiglia, moglie e figlio di me stesso». La lievità delle parole sullo schermo del computer è metafora di un progressivo abbandono della dimensione corporale, della mano che «non scrive più lettere d’amore», il desiderio più non l’opprime, bensì «centellina l’anima per non sprecarla». Egli manifesta il riavvicinamento all’ultima fase della poetica caproniana – tanto è vero che fu il poeta livornese a presentare insieme a Raboni il suo La principessa e il drago -, il tempo della «disperazione / calma, senza sgomento», la medesima serena disperazione sabiana, ossimori che inchiodano la contraddizione intrinseca all’essere umano, l’arrivo all’ultima stazione, il sentimento del Vuoto, assenza di Dio che in Pazzi vale quanto incertezza dell’Assoluto: difatti, rinunciando solo in extremis alle «chiavi del mistero» – echeggia Borges -, le quali gli hanno donato la capacità di sognare con in bocca immagini sempre innamorate, spera (forse) in un ritorno, magari una reincarnazione già consumatasi chissà quante altre volte, che ci condanna, o ci salva, ad un’eterna diversità, pur essendo tutti ugualmente uomini, «fatti della stessa sostanza dei sogni», confessava al mondo Prospero ne La Tempesta shakespeariana. Verso un Nulla che è Tutto al contempo, nell’ambivalenza fatalista del relativismo più attuale.
Un bilancio alla maniera del Pavese di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, ancora logico e dialogico, ma coerentemente asciutto. E in varie occasioni è stato proprio Pazzi a ricordarmi che la conoscenza dell’altro attraverso un libro, l’intimità del non detto (ma scritto!), ci consente rapporti umani che si perdono in alto nei cieli.
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Matteo Bianchi

Una poesia inedita di Roberto Pazzi

Verso il Nulla
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Bello voler solo esistere,
famiglia, moglie e figlio di me stesso,
signore del mio tempo in rotta,
ma ancora in quota alla terra.
Al computer la mano disimpara a scrivere,
un ascetico esercizio è il suo,
da tanto non scrive più lettere d’amore,
brucia quel che le rimane della voglia,
risparmia penne, guanti, vestiti,
le scarpe per le camminate
che aspettano in riva al mare,
sa che i vecchi costumi da bagno basteranno,
come i viaggi, gli inverni, ormai tutti visibili,
perché vedo oltre, più in là,
centellino l’anima per non sprecarla
e lasciare la casa e la città vuote,
prima di partire
e restituire le chiavi del mistero.
Poi non so dove abiterò,
ma se ritornerò,
nessuno mi riconoscerà
nemmeno questa volta.


Biobibliografiadi Roberto Pazzi a cura di Matteo Bianchi
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Roberto Pazzi vive a Ferrara, dove ha insegnato all’università e tiene corsi annuali di scrittura creativa, svolgendo un’intensa attività di conferenziere nei vari paesi del mondo in cui è diffusa la sua opera. Laureatosi in Lettere Classiche a Bologna con Luciano Anceschi, ha insegnato nella scuola superiore e nell’Università a Ferrara Antropologia culturale e Filosofia della Storia, e a Urbino Sociologia dell’Arte e della Letteratura. Tradotto in ventisei lingue ha esordito in poesia con una silloge apparsa sulla rivista “Arte e poesia” nel 1970, prefata da Vittorio Sereni. Le sue raccolte di versi sono: L’esperienza anteriore (I dispari 1973), Versi occidentali (Rebellato 1976), Il re, le parole (Lacaita 1980), Calma di vento (Garzanti, Premio Internazionale E. Montale 1987, tradotto in francese nelle Editions de la Différence), Il filo delle bugie (Corbo 1994), La gravità dei corpi (Palomar 1998, tradotto in tedesco da Tropen e in turco da Estetik Us, Premio Frascati, Premio Calliope, Premio Marineo) e Talismani (Marietti 2003). Il suo esordio narrativo avviene nel 1985 con Cercando l’Imperatore, prefato da Giovanni Raboni (Marietti 1985, Garzanti 1988, Tea 1997, Marietti 2004, Premio Bergamo, Premio Hemingway, Premio Selezione Campiello 1985, tradotto in dodici lingue. Seguono poi: La principessa e il drago (Garzanti 1986, finalista Premio Strega 1986, Premio Rhegium Julii, Premio Piombino), La malattia del tempo (Marietti 1987, Garzanti 1991), Vangelo di Giuda (Garzanti 1989, Superpremio Grinzane Cavour 1990, ristampato da Baldini&Castoldi nel 1999, e da Sperling e Kupfer nel 2006), La stanza sull’acqua (Garzanti 1991, finalista Premio Napoli, ristampato da Bompiani nel 2012), Le città del dottor Malaguti (Garzanti 1993, Premio Castiglioncello, Premio Catanzaro), Incerti di viaggio (Longanesi 1996, Premio Selezione Campiello, Superpremio Penne-Mosca 1996), Domani sarò re (Longanesi 1997), La città volante (Baldini & Castoldi 1999, finalista al Premio Strega, presentato da Dario Fo e Sebastiano Vassalli, in ristampa da Frassinelli), Conclave (Frassinelli 2001, ristampato da Barbera nel 2012, Premio Scanno, Premio Comisso, Superpremio Flaiano, Premio Stresa, Premio Zerilli Marimò della New York University, Premio Rapolano Terme, finalista Premio Viareggio, finalista Premio Bigiaretti, tradotto in Germania, negli USA, in Estonia, in Slovacchia, Francia, Spagna, Portogallo, Russia, Turchia, Polonia, Serbia, Brasile, Croazia e in corso di traduzione in Giappone, Lituania, Albania e Corea), L’erede (Frassinelli 2002, finalista Premio Viareggio, Premio Maria Cristina, tradotto in tedesco), Il signore degli occhi (Frassinelli 2004, tradotto in sloveno, Premio Cala di Volpe), L’ombra del padre (Frassinelli 2005, tradotto in francese, Premio Elsa Morante Isola di Procida), Qualcuno mi insegue (Frassinelli 2007), Le forbici di Solingen (Corbo 2007), Dopo primavera (Frassinelli, 2008), Mi spiacerà morire per non vederti più (Corbo 2010) e il recente D’amore non esistono peccati (Barbera 2012). Attualmente, dopo dodici anni di collaborazione esclusiva al “Corriere della Sera”, scrive in Italia sulle pagine culturali di “QN” e all’estero su “The New York Times”.

http://ingransegreto.wordpress.com/

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