Arte e Poesia, Marine Duboscq

Marine Duboscq
Intervista di Luigia Sorrentino

Da una necessità del colore prende avvio la ricerca di Marine Duboscq, in cui l’atto pittorico si declina al plurale attraverso una serie di momenti che percorrono il tempo e lo spazio per esplorare la durata. (…) La sua è un’avventura che parte dal rapporto che si istituisce fra l’artista e il colore in quanto materiale, da quel “duetto” su cui Dubuffet, nelle Notes pour les fins lettrés, si è soffermato con illuminanti riflessioni: Occorre lasciar prodursi e apparire tutti i casi che sono propri del materiale impiegato: l’olio che vuol colare, il pennello insufficientemente intinto di colore che lascia soltanto una traccia imprecisa, il segno che cade a lato del luogo preciso in cui l’artista avrebbe voluto tracciarlo, il tratto che trema o che, invece d’essere verticale, si piega nel senso della scrittura, il tratto che s’annuncia pesante e s’assottiglia poi perché il pennello perde la carica di colore, ecc. Impedire a tutti questi casi di prodursi toglierebbe all’opera ogni vitalità.
(da “La durata del colore”, testo critico in catalogo di Lara Conte)

Intervista di Luigia Sorrentino

Marine, a cosa pensi a quando lavori?
“Quando lavoro penso a una serie di opere che verranno, anche se non so mai all’inizio ciò che arriva o arriverà. Quello che dipingo non viene da niente, cioè non arriva da un pensiero specifico, non mi prefiggo nulla di specifico, ma ciò che farò, ciò che metterò sulla tela, o sulla carta, viene sempre dalla storia dell’arte che è sempre davanti a me. Spero che chi osserva la mia opera si perda, che non sappia dove guardare, e che, da qualsiasi parte guardi, abbia una diversa visione.”
Ti definisci un’astrattista?
“Non sono un’astrattista. Preferisco dire che non voglio rappresentare niente. L’astrazione che mi interessa prende le sue origini dalla corrente “all over”- il principale movimento pittorico affermatosi tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta negli Stati Uniti – e dal suo caposcuola, Jackson Pollock, ma anche da Manet, Mondrian, Stella e altri. Il moviemento “all over” è caratterizzato dalla volontà di comunicare forti emozioni attraverso qualità materiche di colore sparso molto spesso su tele di enormi dimensioni. C’è poi anche una particolarità: ogni pennellata impressa sulla tela annulla la precedente e anche il rapporto con la superficie del fondo assume un altro aspetto. Sono sicura di fare nulla di nuovo nel mio lavoro. Sono moltissimi quelli che mi accompagnano.”
Qual è la tua storia personale? Quando hai iniziato a dipingere?
Ho deciso di cominciare a dipingere intorno ai 22 anni, e cioè due anni prima di entrare nell’Accademia delle Belle Arti di Parigi. Non mi decidevo a iniziare perché avevo paura. Ho dovuto lavorare per molti anni attorno all’arte e solo quando l’ho scoperta ho iniziato a dipingere”.

Le tue opere, dunque, non riproducono la realtà, ma non sono nemmeno astratte. Che cosa sono allora?
“Quello che dipingo non è una rappresentazione della realtà, ma si può porre in essere qualcosa che fa parte di un paesaggio mentale. Il momento di intermediazione tra me e l’opera è dato dal colore, dal gesto e dalla forma, la forma intorno, non dentro”.

Cosa intendi per ‘forma intorno’?
“E’ la forma della cornice del quadro che scelgo mentre inizio a dipingere. La forma intorno è la forma esterna, che poi entra nel quadro mentre spargo la pittura, nella totalità della superficie che riempio che potrebbe prolungarsi anche al di là dei bordi.”

Essenziali alla tua opera sono il colore e il gesto… Che cosa sono per te?
“Il colore per me è essenziale: lo muovo, lo studio. Gioco con il colore per puro piacere, incontro, intuizione. Lavoro anche sul frontale e sul gioco che riesco a ottenere nella profondità. Il gesto invece, per me è espressione dell’essere vivente.”

Con quali tecniche lavori?
“Quando dipingo su tela uso le tecnica della pittura ad olio. Quando dipingo su carta utilizzo elementi diversi: la grafite, l’inchiostro, la matita a colori, talvolta il pastello, il feltro e tutti gli attrezzi che incontro quando lavoro.

In Italia sempre più si parla di un ritorno al figurativo, di un’arte cioè che non si esprima unicamente attraverso l’espressione. Come ti poni di fronte a questa necessità?
“Comprendo la preoccupazione degli artisti italiani, ma questo preoccupazione non mi appartiene, non nutre il mio lavoro.” 

 

Biografia
Marine Duboscq è nata a Neuilly-sur-Seine. Si è formata presso la  Scuola Nazionale di Belle Arti di Parigi. Vive e lavora a Parigi.

EXPOSITIONS PERSONNELLES
2011 Galerie La Diagonale, Rome.
2010 Galerie du Haut Pavé, over, Paris.
2007 La Jour de la Sirène, sur une invitation de Christophe Cuzin, Paris.

EXPOSITIONS COLLECTIVES
2010 Trois, Galerie La Diagonale, Rome.
2009 Un cabinet de dessins, Galerie Réjane Louin, Locquirec.
2008 Novembre à Vitry, Galerie municipale de Vitry.
2007 La Sirène, La Générale en manufacture, Sèvres.
Le rendez-vous du Quai, Galerie de l’Ecole d’art Gérard Jacot, Belfort.
2006 Les rendez-vous du Quai, Galerie Les Bains Douches de la Plaine, Marseille.
2004 Paysages contemporains, Maison des Arts, Bagneux.
Paysages II, Galerie Pitch, Paris.
Traversées du paysage, Galerie de l’Ecole d’art Gérard Jacot, Belfort.
2003 Novembre à Vitry, Galerie municipale de Vitry.
2002 Novembre à Vitry, Galerie municipale de Vitry.
2000 Rallye is not F2, La Caserne, Cergy-Pontoise.
1999 Rallye is not F1, La Garsouille, Caen.

Dal 10 gennaio al 10 febbraio 2011 Marine Duboscq alla diagonale/galleria – Roma (via in Caterina 83/c, angolo via Giulia).

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