Mario Santagostini. “Il libro della lettera arrivata, e mai partita”

Mario Santagostini / Credits foto Dino Ignani

Finestra. Su chi c’è e su chi manca

Non riesco a credere
che qualcuno è mancato,
non sono mai stato capace.
Non fino in fondo, almeno. E mi chiedo
come si è perduto.
Nei momenti migliori, come farà a tornare.
E chi, o cosa lo guida,
e fino a dove. E immagino risposte: l’istinto,
un aiuto insperato, la fortuna.
Sono arrivato a pensare: – chi manca è già tornato,
e non lo riconosco.
E non so più chi è passato,
chi non è passato.

Io stesso, nel settembre del ‘76

Un ricordo personale. Ero vivo,
ma non volevo.
E sentivo che nella stanza la radio abbassata al minimo,
l’ascensore bloccato
da ore al quarto piano, e molto altro
era più importante di me.
Anche il balcone che dava sul cantiere e le rimesse,
la persiana sghemba,
e quanto la persiana oscurava. E il corpo,
che cercava di inchiodarmi
all’ultimo pensiero.
E non è riuscito.
E tornerà a provarci.

O ci è già riuscito. E io non ricorderò come stato, l’ultimo pensiero. Nemmeno ne erano più di uno. Tante vite, tanti ultimi pensieri. E io che scrivo da una sola, di quelle vite.

Le ombre sul muro, a Milano

Era una specie di dopolavoro.
Con campi di bocce.
E lontano, un canile.
E le partite di ramino che andavano avanti
fino all’alba. Chi perdeva,
sapeva come si sarebbe rifatto.
A volte, al sabato, c’è ancora la gara delle ombre cinesi,
ultima forma del tragico.
E in un cortile i più bravi, con la mano, o fili di rame
stortati, o solo del fumo
mandano sul muro stilizzatissimi corpi.
In certi, la vita non sembra mai passata. In altri, sì.
In altri ancora, è lontana.

E certe ombre l’aspettano, certe non l’aspettano più. E nessuno sa ancora vedere quali sono, le ombre che aspettano, quelle che non aspettano. Forse, l’ombra quando si allunga a sera sta già più vicina alla vita. Effetto del crepuscolo, la vita.

 

Periferica, urbana. 1965

Dal quarto piano,
sentivo il vicino quando, alla domenica,
riverniciava la parete.
E indovinato il colore. Non basta:
avvertivo lo sforzo
tiratissimo della pennellata per gli azzurri già intravisti
dal Reni, dal Savoldo.
Gente di cui sono ancora poco
ma non tremava,
nel raffigurare un cielo.
Come non avessi mai fatto altro in vita…

(E qualche volta, grato, il cielo rispondeva.)

 

Valle del Chiese,
dettaglio del 1963

Dal ponte, tirano su l’anguilla.
È la prima volta
che succede, dopo anni.
Per quelli più giovani, abituati
a specie come le nutrie o i topi d’acqua,
è solo un mostro.
E si chiedono da dove arriva,
come la si ammazza.
Qualcuno, dubita
che possa mai morire davvero.
Forse no.

C’è una nuvola, e la sua forma di serpe, nel cielo della Valsabbia. Serpe che si contrae come chi, una volta, volava.

da Il libro della lettera arrivata, e mai partita, Garzanti, 2022

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