Marco Esposito, Inediti

Marco Esposito

Nota di Gisella Blanco

La fisicità del movimento, che sia solitario o sincronico a un moto estraneo, emerge da questi tre inediti di Marco Esposito con una ferocia latente, insita nella carne umana e nella materia fibrosa dell’esperienza quotidiana. Affiorano riferimenti a ricordi personali forse mai accaduti, sempre più prossimi all’impossibilità e al desiderio irrealizzato.

Lo scorrere del tempo si registra sul corpo come annotazione a margine di un testo incompletabile e, nella confusione della storia già scritta, quella ancora scrivibile è sintomo – e non solo simbolo – di gioia per tutti.

Le immagini che scalpitano nelle strofe sembrano incrinarsi, talvolta, a una triste ammissione di impotenza ontologica, prossima alla noia più che alla disperazione, ma subito interviene il fervore della metafora a profilare la sagoma di memorie comuni che si risolvono nell’intimità di un dialogo privato, mai esclusivo e mai escludente.

Se la malinconia è una patina opacizzante sullo sguardo dell’individuo, in questi versi le voci verbali al passato si uniscono a quelle al presente per ricreare un tempo lirico in cui l’accoramento si scioglie nella tenerezza per manifestarsi nel coraggio dell’uomo che impara la fragilità della forza e la forza della delicatezza.

 

Di gambe lunghissime è questa fuga
e tendini da sbrogliare nei rettilinei
che mancano al sangue.

Ho cucinato per te senza conoscermi
il mio sguardo era docile al vino,
tagliandoci i capelli per sempre a vicenda
si rideva e ci si ravvedeva nel danno compiuto.

Il corpo mio cambiava il tuo sempre fresco
rimaneva nel fottuto scherzo del tempo,
dove il giorno finiva presto nella notte eterna
e nell’anarchia dei pasti e della carne.

Mia madre piangeva al telefono come temendo
di rivedermi tardi – riposati di tutto il tempo
mai dormito – diceva ma continuo a non dormire
e di giorno corriamo tutti in strada per la gioia.

Gli anni si contano ora in queste scarpe.

[2020]

* * *

A volte credo tutto
sia inutile – sforzi e parole
anche la solennità della meta
l’ammutire delle paure.

Rimane un gesto
nel quotidiano ammansire di vita
che vira ai volti – gli occhi
sbaccellano un letto
sbucano al taglio mattutino
di lana e cotone.

E questo mi pare tutto.

[2021]

* * *

Ci buttavano nei cortili
infilati a magliette e calzoncini
male assortiti – disegni di frutti
illividivano i ginocchi e la tua bellezza
nudità dei teatri, pallore delle occasioni
mancate sulle labbra senza il canto.

I cipressi popolano i cimiteri
perché le loro radici normali
al terreno non disturbano l’ospite
e in vita vogliamo la stessa
solitaria affermazione. Formali
nella ragione che si dà agli stolti.

Quando recitavi eri fulgida
ti facevi gioco dell’illuminotecnica
la sedia e lo strumento facevano
di me un malinconico centauro.

[2021]

 

Marco Esposito opera nello spettacolo svolgendo il lavoro di tecnico del suono e attività di musicista e autore. Nel corso degli anni ha annoverato alcune partecipazioni a pubblicazioni discografiche. Ha sempre scritto liriche, soprattutto correlate al suo percorso musicale.

Nell’ottobre del 2020 pubblica la sua prima silloge, Prima di spegnersi, per Eretica Edizioni.

Alcuni suoi componimenti sono stati pubblicati su Poesia Ultracontemporanea, Avamposto, Atelier Poesia, Repubblica – Bottega della Poesia, L’Altrove – Appunti di poesia, Centro Cultural Tina Modotti.

Nell’estate del 2021 realizza dei contributi video ispirati alle liriche della sua prima pubblicazione, il primo dei quali in collaborazione col noto illustratore Andrea Serio.

Nell’ottobre del 2021 partecipa alla prima edizione del Premio Rilke – Duino Aurisina, figurando tra i cinque finalisti per la sezione Inediti.

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