Elena Salibra, quattro poesie

elena_salibra_w6001-204x300-2

 

trittico per il martirio d’Ortigia

 

…in fuga dall’altra terra il martirio

d’Ortigia  s’accomoda

nell’angolo

in ombra della sala dove non

è traccia d’un

amore dietro i pentimenti

del pittore. se tu stemperi

sul tappeto persiano il garbuglio

dei sensi in un pomeriggio

di prima estate

sei nel triangolo della memoria

o è un miscuglio di colori quel

me e te confusi d’umori nuovi…

da: il martirio di ortigia, Manni, 2010

 

***

 

 

io tu

                                               a t.

una maglietta mimetica sul

cuscino un cd la prova del tuo

esserci stato

 

in un crogiuolo di frangenti mi

fa scalinare

in quello spazio famigliare dove

 

ora non c’è più nessuno.

forse solo io tu per ascoltare

il crac delle cose
Da: sulla via di genoardLecce, Manni, 2007

***

 

la conchiglia

 

mi si è spezzata tra le dita oggi

la conchiglia

che portavo al collo. mi ci provo

a ricomporla

e non ne sono capace

forse ci vuole un attack speciale

e un protocollo d’intervento

ma ho paura di perdere

 

il rumore del mare che ascoltavo

avvicinandola all’orecchio. s’illuminano

i frantumi

 

sotto il led del comodino e s’attorcigliano

ancora. a sorpresa di prima mattina

tu incolli il garagòlo ridisegnando

paziente la trama della roccia bianca

che s’arrampica sul promontorio

del plemmirio. lì un tempo eri

in cima alla vetta di fronte al vecchio

faro a raccontare d’un novembre

 

troppo lungo finito malamente

dopo gli anni di nuotate e di tuffi

dalla costa alta (temevi d’affogare)

mentre arrostivo al sole meridiano

***

 

il fachiro

stanza 9 – primo piano – economato

ci vado io – mi dici – a chiedere il permesso

per l’aldilà timbrato dall’ufficio

giusto e ritorno al di qua dell’arco

 

diroccato dove un labirinto di strade

mi porta in quell’anfratto. tra le quinte

pende la torre sopra le nostre pene.

nella sala d’aspetto sono un numero

 

-43… l’importante è il tre – mi precisa

la portantina. all’appello rispondo.

sono un fachiro che impara

a camminare sui carboni. c’è

 

da centrare il punto giusto… un cm

un mm più su più giù … il cerchio non

si chiude. va calibrata l’immagine

 

s’illumina quel raggio rosso in fondo

come un tramonto d’agosto. qualcuno

m’accarezza il dorso con la mano.

forse un bacio è di troppo nel lettino

 

stretta dentro il tubo sento un calore

 sul fondoschiena poi un sibilo acuto…

sette il numero nuovo…  ma devo attendere…

 il mio caso non è chiaro  

Da: la svista, Catania, A&B editrice, 2011

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *