Luisa Delle Vedove, “Il mio cuore di piuma”

Letture

“Il mio cuore di piuma” di Luisa Delle Vedove, Editrice La Grafica (2011).

Dalla PRESENTAZIONE di Ferruccio Mazzariol

La poesia di Luisa Delle Vedove possiede una voce propria, multiforme: ora è franta, musicale, erotica; ora è terrosa, scalza, grumosa. La sua lirica si rivela davvero con un “cuore di piuma”, si disegna come “gabbianella stanca” o con “il volo della capinera”; è delicata, sensuale ma non è mai soave. Sviluppa una sua forza nodosa, incalza con “passi crudi”; ha spesso “gli occhi venati di mare”, ha odore di sabbia e di conchiglie bianche alla riva, però non troviamo l’idillio rasserenante: c’è piuttosto “la gioia scaltra e felina”, si riscontra pure “una vertigine ossuta e cupa che/ al passato avvinghia le dita”.

Luisa Delle Vedove è consapevole del mistero della vita, del male oscuro dell’esistenza da cui nasce l’angoscia evidente della sua poesia “che ci rende ondivaghi e fragili/dentro il nostro profondo mare”. L’amore è tormentato, ambrato e morbido ma con una sua misterica fisicità che lo rende convulso e drammatico, espresso da immagini anche magnifiche, ” danzerò il mio corpo al tuo”.

Al fondo la sua lirica si fa canto di piuma, “mestizia lieve” “in acqua verde menta” “contro la rotondità chiara”, ritratto forte e forse desolato che rincorre “granelli di assoluto”. L’ Autrice “fuori da ogni inutile pantano” fa emergere tutto il auo ” rosso cuore gitano”, e nel viaggio della vita “affrettiamo il passo, a riccio /entro cappotti di naftalina nuova”, verso splendente che dà il segno a tutta la raccolta. Tuttavia nell’asprezza esistenziale pare manifestarsi un filo di speranza: “Ma la mia non più verde stagione/ ha tinte rossastre e calde/come l’acero e lavite americana”.
La poesia <In ricordo di Alda Merini> è forse la più bella: folgorante:” Lei piccola ape solitaria e furibonda./Ci punzecchiava sbattendo le ali/contro il nostro vaso di vetro…/lei Cassandra di tante tenerezze,/Venere frenetica e digiuna./ Sempre sarà il suo canto/sgabello all’umana imperfezione”.

Infine Luisa Delle Vedove svela nella lirica < Per essere poeti> la consistenza del suo fare poesia: “Ci vuole stupore e solitudine attenta/per essere poeti…/Ci vuole sensibilità acuta e vanità ritratta…/Ci vuole energia in movimento/e libertà di cuore…/Ci vuole coraggio per essere poeti”.

NOSTALGIA

La mia mano non ha più carezza
e non è più del mio braccio il segno,
lento, sinuoso che plasma e vivifica,
come ala di gabbiano, il corpo altro
fattosi onda di mare.
La mia mano è cava della tua curva.
In un sussulto di vuoto, il graffio triste
e dolce della nostalgia si ripiega su se stesso:
ritrova inevitabile la sua solitudine.
Un fremito e mi accorgo con turbamento
che il mio corpo è la tua memoria.
E la mano nella mia carezza
è quella che ancora cerca te.

*

LA MANCANZA

E’ il camminare tra le cose lasciate,
l’attardarsi tra le dimore…isolate alla sera;
l’andare per le strade solitarie,
dove è rimasto il passo
…il segno di un passaggio
che mi fa desiderare degli uomini
il loro stare, il loro essere nel mondo.
Quasi che la loro assenza
sia comunque uno stampo buono,
una tana calda dove sostare.
Ed è lì che posso avere una nostalgia,
quasi un desiderio di protrarre la mancanza
per ritrovare la solitudine dolce
di ogni perduta innocenza.
*
PER ESSERE POETI

Ci vuole stupore e solitudine attenta
per essere poeti…
cullare pensieri duri
che grattano la soglia del dolore…
pulire mediocrità sonnolenta e glabra
impastando essenza e sentimento.

Ci vuole sensibilità acuta e vanità ritratta
per essere poeti…
ascoltare l’appartenenza al buio
che consuma contorni all’io…
abitare suoni confusi svelando parole
che rincorrono parole.

Ci vuole energia in movimento
e libertà di cuore per esseri poeti…
prendere l’attimo
che rincalza l’ampiezza del caso…
schiarire l’anima turbata
cucendo bretelle al sogno.

Ci vuole coraggio per essere poeti…
coraggio per ascoltare i poeti…
coraggio per rinnegare i poeti…

*
LE STELLE TRASOGNATE

Si abbevera la luna nel travaso
di ogni silenzio, rami cupi
contro la rotondità chiara,
curvo il moto delle chiome.
Avverto un mutevole fluire
farsi nido del tempo
e sopra tutto le stelle…trasognate.

Sbiancano tra di noi parole piane,
occhi schiusi cercano appigli
al vuoto e al desiderio;
poi è l’impeto ad imperlare
la fronte e il seno in gesti sazi
che ciondolano la quiete.
Si abbracciano nel groviglio
anche i nostri fantasmi
increduli,
e tu sei ciò che io vorrei
e io sono ciò che tu vorresti:
così teneramente insieme,
dall’altra parte della notte.

Tutto però per così poco!
Nella vertigine delle nostre illusioni
così eccitate e disperate,
sta un ordine che non afferro:
eppure si stendono quasi senza peso
sopra ogni cosa le stelle,
le stelle…ancora trasognate.

Luisa Delle Vedove nasce nel 1951 a Cordenons (Pordenone), dove attualmente vive e lavora. Entra nel mondo dell’insegnamento nel 1976, dopo aver ripreso gli studi precedentemente interrotti e di laurea nel 1981 in Pedagogia. Lascia il mondo della scuola nel 1991 e si dedica alla propria famiglia colpita da un improvviso e difficile lutto. Negli anni Novanta inizia un percorso artistico come pittrice e in questo ambito si fa conoscere con più di cento mostre tra personali e collettive, sia in Italia che all’estero. Di lei parlano diversi critici e appaiono articoli in giornali e riviste di settore. Nonostante l’interesse per la pittura, la passione per la poesia, sempre coltivata, non si affievolisce; pubblica infatti nel 2003 la sua prima raccolta intitolata “Il tempo ritrovato” Edizioni Moro, Tolmezzo. “Il mio cuore di piuma” è il suo secondo libro di poesia.

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