La vostra voce, Elisabetta Orlandi

La vostra voce
a cura di Luigia Sorrentino

“Chi le dice che il vicino è più limitato del lontano? Basta guardare qualcosa con attenzione perché si aprano delle prospettive senza limiti. Anche un bottone può contenere l’universo.”
(I. Calvino)

Ci sono giorni in cui mi chiedo dove sto andando, e se tutto questo ha un senso. Ci sono momenti in cui anche le cose più piccole pesano troppo, mi sembra di non farcela, mi manca il respiro.
E ci sono giorni – per fortuna, per Grazia – in cui tutto mi è leggero, rapido, facile: è quando riesco a trovare la forza per aprirmi al mondo e all’incontro con l’altro, quando mi ricordo di tenere sempre gli occhi aperti all’inatteso, ai regali di aria e di luce che ogni giorno mi mette davanti.
Allora, arriva la poesia: le parole entrano poco a poco nell’anima e sciolgono un nodo, lo trasformano in aria chiara, in vento leggero, ne fanno musica, ne fanno silenzio, afferrano l’essenza – o i labili contorni – dell’istante e ne restituiscono l’incanto, semplice e profondissimo.
La poesia – la scrittura, l’arte – ferma il tempo, lo accelera, ti interpella direttamente, ti obbliga a togliere la polvere dalle cose per vederle brillare di nuovo.
Si nasconde nei dettagli, nell’infinitamente piccolo, nella grandezza senza limiti del nostro sguardo.
A cosa serve? Serve a rimettere a fuoco i giorni, a mettere fuoco ai giorni, ad acuire il dolore e a sanarlo, a rompere catene, a togliere peso, a regalare ali.
Serve per marcare il tempo, per avere un punto d’appoggio, per sapere chi sono io, per intuire chi sei tu. Per avvicinarmi all’essenziale, per non avere paura, per continuare diritta nel cammino. Per mettermi alla prova, per continuare a sbagliare, per imparare, per dimenticare, per non dimenticare. Per trattenere il volo dell’istante, recuperarne tutti i dettagli, restituirlo al vento nello stesso modo in cui l’ ho ricevuto, a braccia aperte e cuore leggero, danzando.
Di fatto, allora, ciò che qui ha preso forma di libro non è nulla più che una collezione di attimi, per ricordare – a me stessa prima di tutto – che ogni giorno è fatto di singoli istanti speciali, non uguali a nessun altro, preziosi ed unici anche nella loro piccolezza e precarietà: improvvisi scarti dal noto, deviazioni repentine dal percorso abituale, risveglio dei sensi assopiti forse da una mancanza di ossigeno per gli occhi e per il cuore, quell’ossigeno che i bambini sembrano respirare in continuazione e che li rende così vivi e nuovi e curiosi delle cose del mondo. Questo è ciò che ho cercato di raccogliere in una sorta di cahier de voyage, un album di parole che si inseguono e si intrecciano per raccontare – come fanno i cantastorie nelle piazze, o i saltimbanchi per le vie delle città – l’inattesa meraviglia intravista attraversando il tempo con passo leggero.

Elisabetta Orlandi

da  “L’inattesa meraviglia” di  Elisabetta Orlandi (Aemme Edizioni, Verona, 2010).

Ti regalo il mattino.
Non è mio, sai,
l’ebbi in dono a mia volta
e come dono
lo affido
ai tuoi occhi,
alle tue mani,
sole
a saperlo cantare.

8. III. 2006

Meseta. II

Che posso dirti,
figlio,
sotto quest’immenso notturno
di Castiglia?
Mi chiedi delle stelle,
sono gli occhi dei nostri fratelli passati?
Forse. Forse sono i sogni,
e ci guardano lontani.
E la terra? Dormono
i fiori, a notte fonda?
Dormono, sì, cuore mio,
ora dormi anche tu.
E i paladini, passavano
di qui davvero?
Davvero. Anche loro, come i re,
i cavalieri, i poveri, i mercanti.
E noi?
Anche noi. Ora dormi.
Domani andremo.

21.VI.2007

Un mattino
.
Fragilissime,
così belle
le mie ali nuove,
e fragilissima io
attraversando in alto l’azzurro,
e neppure mi sapevo così
leggera, ebbra
al punto di staccarmi da terra. Follia,
questo dev’essere, follia.
Perché, dimmi, che altro nome può avere
svegliarsi diversa, scoprirsi con ali?

09.VII.2010

Quando le note si sciolgono
e l’aria si fa musica,
quando cambia il respiro
e il battito rallenta – cuore
pulsante in una sera di stelle –
quando lo scatto imprevisto
l’inattesa meraviglia attraversando
lacera lo sguardo, allora
con stupore io ti accolgo,
tu, leggero battito d’ala
tu, e l’attimo di luce
nel giardino segreto dei miei giorni.

25.VIII.2010

Canzone piccola
per J.
.
Che la notte ti sia dolce, che ti accarezzi
il sonno, che le stelle, tutte,
ti regalino un sentiero
e ti sia lieve il viaggio in cerca del tuo sogno.
Per te risuoni il vento, per te
canti il ruscello, per te si sveli il sole,
per te frema la terra
nella danza del cielo che si fa mattino.
Ogni giorno ti sia fresco
di luce nuova e di leggera
piccola meraviglia, ogni giorno
nei tuoi occhi si riveli amore
e infinita sete di bellezza.

Autobiografia
Mi chiamo Elisabetta Orlandi, sono nata nel 1970 e sono da poco tornata a vivere in provincia di
Verona.
Il percorso formativo e lavorativo che ho seguito mi ha permesso di ottenere una preparazione
multidisciplinare: dopo aver completato il corso triennale in Marketing e Comunicazione Pubblicitaria
dello IED di Milano, mi sono trasferita a Parigi e vi sono rimasta cinque anni, lavorando nella
leggendaria libreria internazionale Shakespeare & Company e studiando Letterature Comparate
all’Université de Paris III-Sorbonne Nouvelle. Successivamente sono tornata in Italia, sono diventata
mamma e mi sono laureata in Lettere Moderne presso l’Università Statale di Milano. Dal 2008 all’estate del 2011 ho vissuto in Andalusia, lavorando come cantastorie in una fattoria didattica.
Parlo correntemente inglese, francese e spagnolo, e lavoro da circa quindici anni come interprete,
traduttrice e insegnante di lingue straniere.
La scrittura è da sempre presente nelle mie giornate: è per me uno dei mezzi privilegiati per vivere davvero ogni momento e riscoprirne l’unicità e l’incanto, un modo per raccontare il mondo e, perché no, contribuire a creare bellezza.
Nel giugno di quest’anno è uscito, per i tipi delle Edizioni Paoline, Unmilioneottocentomila passi. Io, il mio bambino e il Cammino di Santiago: il libro è la trascrizione del mio diario del Cammino Francese, che ho percorso interamente per ben due volte – nel 2007 e nel 2008 – accompagnata da mio figlio, ora tredicenne. Il libro sta riscuotendo un buon successo di critica e di pubblico ed è stato presentato in varie rassegne culturali, oltre che in trasmissioni radiofoniche e televisive.
Ho inoltre pubblicato un saggio di critica letteraria intitolato Oltre il limite. Contrainte e tensione creativa in Italo Calvino (Aemme Edizioni, Verona, 2008) e una raccolta di poesie dal titolo L’inattesa meraviglia, (Aemme Edizioni, Verona, 2010).
Sono impegnata in progetti in collaborazione artistica con Pamela Nigri, pittrice a Parigi, e con altri
pittori e musicisti a Verona, Parigi e Madrid.

7 pensieri su “La vostra voce, Elisabetta Orlandi

  1. Mi piacerebbe leggere il tuo “oltre il limite”. Anch’io ho cercato durante tutta la mia vita di conoscere l’oltre e oltre il limite non ho trovato nulla…oltre il limite ho trovato il nulla o un percorso che conduce all’inizio di qualcosa per questo ora mi occupo dell’ “entro il limite”. Entro il limite si puo’ creare, avere una cultura, una nazione, una letteratura, un’identita’. L’avventura dell’oltre porta tanta sofferenza agli spiriti curiosi. La popolazione di una nazione come gli Stati Uniti d’America, ha conosciuto l’agonia dell'”oltre” ed e’ piu’ che ogni altro popolo alla ricerca di archetipi rassicuranti. Noi in Italia, in Europa siamo stati “rassicurati” da ideologie e teologie che non ci soddisfano piu’ e stiamo temerariamente sperimentando l'”oltre”.
    Come e quando saremo capaci di vivere un “entro” che ci soddisfi?

    Per quanto riguarda la sensibilita’ e la fragilita’ dell’essere
    a diciott’anni con baldanza scrivevo ” Mi vestiro’ d’acciaio per entrare nel mondo…penseranno un marziano, ma e’ solo un cuore troppo tenero”.
    Ha fatto bene a rientrare a Verona. L’importante e’ di trovarsi …di non perdersi.
    Con i migliori auguri,
    Adriana Feoli

  2. Stupore e meraviglia alla ricerca del “nudo” sotto la patina del “consueto”; l’attesa dell’attimo in cui il nuovo appare, luminoso e vergine, a sorprendere, a dare ebbrezza, vertigine, tanto più se quel “nuovo” è lì, nel quotidiano che si pensava spento… L’ottimismo della scoperta del bello nella routine impolverata e consumata dal tempo e dall’uso. La poetessa si mostra capace di ridare verginità alle cose.

  3. “Oltre o entro il limite” che conta? L’imporante è avere una curiosità-ricerca da portare avanti.E’un problema di prospettiva.Nella vita di una stessa persona la prospettiva può cambiare, dall’oltre all’entro o viceversa, una volta soddisfatta l’esplorazione dell’una o dell’altra visione. La cosa importante è la sincerità dell’interesse per la prospettiva individuata, da una parte, e la validità e l’originalità della ricerca, dall’altra.
    Fernando Pessoa scelse di “Sentire tutto in tutte le maniere,/vivere tutto da tutte le parti, ecc.” e per far ciò si circondò di una moltitudine di eteronimi, com’è noto, a ognuno dei quali affidò una visuale della realtà.

  4. ciao, sto leggendo il tuo libro io, il mio bambino e il sentiero di Santiago, è molto bello e pieno di poesia e io ti invidio moltissimo per quello che hai fatto, un regalo meraviglioso a tuo figlio. Anche noi abbiamo fatto un pezzo del Sentiero e Vi abbiamo incontrato a Astorga nel 2008. Mi siete sempre rimasti nel cuore tu e il tuo bambino, ricordo che faceva l’aiutante hospetaleros e ora grazie al tuo libro sto rivivendo le emozioni che mi ha regalato il cammino. Un abbraccio

    • Nadia!
      Solo ora leggo il tuo commento… che piacere!! Guarda un po’ che strano il Cammino, sono davvero felice che tu ci abbia ritrovati leggendo il mio libro. L’aiutante-hospitalero ha già quindici anni pensa un po’! E il Cammino gli è rimasto nel cuore, come a tutti noi peregrinos… era quello che speravo!
      Grazie ancora per il tuo messaggio!
      Buen Camino!

      Elisabetta

  5. A Giovanni D’Amiano!
    Quando “oltre ed entro” non sono solo due parole, ma una ricerca esperimentata, quando il cammino non ha una meta,quando e’ solo un desiderio, una speranza, quando non si va a Santiago in pellegrinaggio, quando si cerca il fare e come gli emigranti italiani in Venezuela, Columbia, Equador, Stati Uniti si devono asfaltare le strade infangate, quando si sente che Dio e’ lontano…allora si sa che poter lavorare a palazzo Chigi e’ una fortuna, che parlare la lingua della nonna e’ una benedizione… In Francia quando insegnavo all’Universite’ de Provence, ho incontrato un vecchio ebenista napoletano che da bambino, cacciato dall’Eritrea e arrivato nel porto di Napoli, ha nuotato di notte a riva con babbo, mamma e nonna non appena seppe che alla “sua” nave era stato dato l’ordine di non sbarcare i passeggeri e di continuare per l’ Argentina con tutti a bordo. Questo “oltre” e’stato un sequestro, un inganno politico.
    Gli emigranti hanno ancora e sempre un cuore generoso. Poverissimi operai italo-canadesi hanno finanziato la costruzione della modernissima scuola elementare della mia citta’ natale. Si ricordano di un’Italia con famiglie di dieci figli, di fame, di guerra…questo e’ il loro archetipo della “madre patria”. Nessuno pensa a loro… e gli italiani ormai accecati da non so quale malattia, trasferiscono i loro capitali nelle isole “Cayman Islands” dove ci sono solo pescecani. Il viaggio che non prevede ritorno e’ sempre il piu’ vero ed il piu’ crudele ed il piu’ ardito.

  6. Grazie Elisabetta e Giovannino, sto finendo il vostro meraviglioso viaggio.Un incanto, e una voglia pazzesca di lasciare tutto e partire, ma temo che ciò non avverrà. Ancora grazie ed un grosso abbraccio ad entrambi per le emozioni che ho vissuto di riflesso. Enrica

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