Carmelo Pistillo, Poesie

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

CARMELO PISTILLO è poeta e uomo di teatro, nel senso più largo del termine: drammaturgo, regista, attore.

Nel 1982 per la casa editrice Società di Poesia di Milano ha presentato il primo Festival di Poesia a Milano, svoltosi in Piazza Duomo con la prestigiosa partecipazione di Raphael Alberti, Edoardo Sanguineti, Luciano Erba, Franco Loi, il cantautore Roberto Vecchioni, ed altri numerosi poeti.

Per molti anni ha collaborato con HYSTRIO, trimestrale di spettacolo diretto da Ugo Ronfani, indiscusso maestro di giornalismo, dove ha svolto l’attività di critico teatrale e letterario.

Dal 1984 al 2001, insieme al fratello Luigi, è stato Direttore Artistico e produttore di spettacoli teatrali e festival, senza alcun finanziamento ministeriale. Dal 1994 fino al 2000, sempre con Luigi, ha creato LOMBARDIA FESTIVAL, manifestazione multidisciplinare di Teatro, Musica e Poesia a cui hanno partecipato attori come Ugo Pagliai, Paola Gassman, Luigi Pistillo, Mita Medici, Rocco Papaleo, Marco della Noce, cantautori come Roberto Vecchioni, Biagio Antonacci, Vinicio Capossela, Enrico Ruggeri, Marco Masini, Tullio De Piscopo, Daniele Silvestri, Riccardo Fogli, band storiche come i Nomadi, gli Area, scrittori e intellettuali come Fernanda Pivano, Massimo Fini, Giancarlo Majorino, Maurizio Cucchi, ecc.ecc.. LOMBARDIA FESTIVAL ha pure prodotto il film TRINCEA di Luigi Pistillo, inserito nelle più importanti rassegne cinematografiche internazionali come New York, Berlino, Tokio, ecc..

Negli anni ottanta ha lavorato con Antonio Porta, suo mentore e una delle principali voci della poesia del secondo Novecento, scrivendo spettacoli di poesia portati in tournée nelle scuole e nei maggiori teatri italiani. E’ stato, in assoluto, il primo vero teatro di poesia, poi imitato da molti. Con la differenza che il denaro investito era privato e non pubblico.

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POESIE

di Carmelo Pistillo
da QUADERNO SENZA RIGHE (2008)

da Città dimenticate

I
Sono spoglia bianca
senza più navi,
un tunnel nelle galassie,
l’arsenale vuoto
e miserabile di agosto.

Non importa se oltre
le vetrate del desiderio,
nella cornice del nome
vedo ridere superfici
di luna, non importa
se una stele ridisegna
la scena, se una mano,
ancora,ne misura il respiro.

Non è questa la febbre
che ricordo, il mattino
in cui Vincent irruppe
sul treno in corsa
col crocefisso e le scarpe
rotte.

Solo sillabando il mio corpo
così arrotolato nei suoi giorni
s’alza una musica, un’ultima
interminabile misura.

II

Lei è qui, dentro di me,
mi offre i sensi, torce
il suo orizzonte.

E’ in ginocchio e grida
vivi, ma io piango,
e non so quanto
il mio seme cerchi
luminescenze nella sua bocca
o quanto le sue trecce
siano già corda spezzata.
Tutto è stato così lento,
la mia testa fra le sue gambe,
le mie labbra sulle sue.

Siamo saliti e scesi
su ogni errore.

Come acrobati nell’elegia,
come acrobati nell’elegia.

IV

Nella meraviglia degli occhi
segreti di un libro
sognavo specchi senza luogo
e lotte di destini
immobili nei loro cappotti.

Avvolto dal fumo sul palco
ne scrutavo il senso cavo
imitando l’età muta
e stinta dei vecchi.

Della perdita e dell’addio
la grazia adolescente
insegue adesso l’invisibile oro,
la dimora bruciante e onirica
della voce.

 

VII

Nel rione e nelle curve delle campane
fra bancarelle di liquirizia
e camelie color giocattolo,
pure i rintocchi misurano
le resistenze metriche del silenzio.

La città ha queste tumefazioni,
questi perimetri senza testo,
queste preghiere ispirate,
orfane di mondi e canzoni.

Ma è già scritto il giorno,
prima che l’alfabeto si risvegli
incurabile, in forma di marmo
e lontano dal nome,
lungo le porte del ritorno.

VIII

Di queste due visioni,
principio o enigma della vita
solitaria,la medicina ritrae
molecole assorte, titoli
come padri e madri in ascolto.

*** 

da La vacanza

VI
Per obbedienza ai volti
sui bordi è sparita la cenere,
non ci sono lettere scavate
nella mano come giorni,
non ci sono diari tanto uniti.
da Bolgheri

I
Da qui, da questo nessun
luogo o primo deserto,
militiamo in spazi di fuga,
ma non c’è impresa
nella sabbia sollevata
dal vento, scavalca
la cresta e ricade di là,
dolce, con la stessa
impronta inabitabile,
e fuori del cammino.

IV
Dormire a Bolgheri
guidati dai morti
mentre la neve
sui tetti rivive
in reliquie d’acqua
l’attesa dell’alba,
è’ un girotondo di mani,
è sete che brucia, che
non passa.

VII
Come d’inverno le case
a Pietroburgo, nelle stanze
dove i maestri malati
insegnavano a morire
dimenticati,perché in fondo
le rose sorridono,
petalo dopo petalo,
infine, lasciano spine.

 ***

da I PONTI, I CERCHI (2011)

 

Il dolore era già
prima di noi,
sconosciuto alla voce,
alla parola.
Sulla cima era
povero il grido,
un alfabeto ingolato,
senza forma,
guardato dai falchi
assiepati per bere.

***

Nessuno potrà dimenticare
la morte correre
tra i fiori,
o negare di aver visto
le madri affamate
della bellezza di un solo volo.
Non è diverso al mattino
separare gli occhi dai colori
e misurare le distanze
tra i ponti e i cerchi.
Nessuno potrà dire:
“Non è vero, non oscilla
ancora il trapezio,
non si vede tutto il segreto”.

O tirarsi indietro.

***

Maria

.
Maria
Io, fratello di Maria,
sono qui, dove sarà domani,
perché questo è il luogo
deciso, la via che scende
e sale.
Leggo il nome, la data,
guardo i fiori,
inadatto con la mia prosa
irresoluta, disossato
da tutti i calendari,
da ogni distacco
che ancora dura.
E’ viva nel tempo
la cosmogonia dei cerchi,
della parola cantata
dai cipressi,
egemonia musicale
e senza spreco
delle perdite.
La sua immagine è intatta,
guarda davanti a sé
addensarsi il nuovo
sposo del nulla,
dio di morte
sedotto dalle mie spalle
irriducibili.

.
Anche tu, amore mio,
sorella che muti
e trascolori,
almeno così ti scorgo
nel sorriso che ci accorda
più dei giorni,
curi bene gli scuri,
tu, pittrice
che non fosti mai,
sei vicino e in mezzo
a tutti i cancelli,
e lì fulminea,
liberata dai capelli,
fai ordine, regali luce.

***

Perché dovremmo sapere
l’alone, via e dimora
dei morti, non basta
la tensione dell’aria
quando ricoveriamo tra le braccia
le cose tremende e vive?
Nel cammino della frase
la risonanza del suono
sta nel culmine delle parole
piccole, e la bocca già abita
e sorride nella scena del tempo.
Deve essere certo
il buio che confonde
e tiene unito il mondo,
che nello schermo intero
sveglia il futuro
e lega, come in un film
che rimane muto,
tutte le note.

 

***

Noi che dureremo un secolo
nell’intimità senza risposta
delle prove di luce,
noi giovani assoluti,
fratelli, e senza età
qui, e in noi,
entrerà l’oratorio dettato sul ponte.
Nel richiamo senza appello
di molecole rimaste calde
come manoscritti sull’acqua,
quanti meridiani segnerà
la memoria, quanti congedi
la mia mano conterà in profondità
mentre in superficie,
come due rivali vincitori,
nel giro imperioso del tempo
l’ombra e il sole
riporteranno il miracolo alla riva.

***

Honoré

Affogata nel buio
su due spalle da facchino
la minuscola luce
a mezzanotte rischiara
la pannina monacale.
La testa è suprema
nei riccioli,
la fronte magnifica,
da trovatore.
Mentre la città
ancora s’ubriaca,
la sua gran voce
si scalda col caffé
e tace.
Si pronunciano le dodici
penne d’oca infrante,
che stridono,
bozza dopo bozza.
La luce poi chiarisce
la faccia d’oste
e il suo progetto:
puntarsi da sé
il coltello alla gola
fino a compiere l’ascesa,
scoprire il corpo osceno
della commedia. Questo
è morire, questo è Balzac.

Nota
Carmelo Pistillo ha pubblicato : LA LOCANDA DELLA CHIGLIA (1986, Premio Camaiore Opera Prima),
L’IMPALCATURA (1992, Premio Speciale Guido Gozzano), QUADERNO SENZA RIGHE (2008), MABUSE (2009, Premio teatrale Alessandro Fersen), I PONTI, I CERCHI (2011), TI DICO CHE NON HO SOGNATO (2012). L’ultimo spettacolo in cui è apparso nella triplice veste di autore, regista e interprete, è stato DANZANDO GALILEO, presentato al Teatro Coccia di Novara con 300 ballerini in scena e un coro di voci bianche.

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