Opere Inedite, Adriana Feoli

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino


Adriana Feoli sceglie per  Opere Inedite la sua foto più recente scattata da un’amica americana ‘a very good artist’ . Nella foto  Adriana compare a ‘occhi chiusi’, fotografata con i suoi figli e con suo marito. Il suo volto sembra di marmo. Ecco quanto mi scrive Adriana: “Sono poeta da sempre, quindi, vivo senza tempo.”  Adriana da bambina disegnava le sue poesie sulla terra per gli uccelli e nella sabbia per il sole. Poi, quando imparò a scrivere, le regalava alla sua maestra Ofelia Abate che le leggeva impressionata. Si ricorda ancora di quell’emozione incredula della maestra che le chiedeva: “Ma le scrivi proprio tu queste poesie?”
Adriana parlava con i fiori che la incantavano e amava le passeggiate solitarie. “La sua prima raccolta ‘Fiori’ – mi scrive Adriana –  dev’essere in una scatola nascosta in un granaio. Chissà chi la ritroverà? Ci sono cose che resistono il tempo, altre che scompaiono.”

di Adriana Feoli

Penso ai miei figli lontani
Ci parliamo quasi ogni giorno
Ci scriviamo spesso
Quest’ordinatore è una grande invenzione
Ci si può dire tanto, tutto
Ma il piacere di una lettera col bollo da collezionare
La calligrafia da riconoscere
La consistenza della busta
Il metterla nella tasca del grembiule per più tardi
Per un dopo in solitudine
Per un leggere e rileggere
Per un tempo che va con le carezze
I miei sentimenti sono ancora con le emozioni lente
La velocità rende le mie reazioni brusche
Mi confonde
Sono addii che si ripetono nell’aria
Istanti senza tempo che cadono nel vuoto
Una lettera si tiene
Come una mano.

***

Mi riposo come un gatto…
.
Fra un pensare ed un altro
Socchiudo gli occhi
Una pace gioiosa, antica, lontana
Mi viene dalle parole di Cervantes.
Che regalo questo libro di mio padre ritrovato!
Un testamento non scritto da un uomo
Morto troppo presto viene a me
Da una scatola di cartone dimenticata
Che apro in un giorno d’estate
Quando un caldo meridionale mi anima il sangue.
Sovente pensiamo agli oggetti come a degli esseri inanimati
Invece questo Don Chisciotte, abbagliato dal sole di luglio,
Ora vive e respira con me
Ed il lieve profumo del tabacco di mio padre
Vince il tempo più che una voce.

***

Lo incontro solo e sempre alla fine dell’inverno
Quando le strade sono ghiacciate
Quando la primavera sembra lontana ed irraggiugibile
Quando gli occhi sono bassi e guardano il selciato per non cadere
Io lo vedo comunque, ma lui
O fa finta di non vedermi
O ha dimenticato gli occhiali…
Cammina preoccupato con le gambe rigide
Con un corpo contorto, ripiegato a destra
Con capelli bianchi rinsecchiti
Non porta né berretto, né sciarpa… si pensa giovane
Come due ombre sul ghiaccio ci passiamo davanti
Io ormai stanca di dire sempre per prima: Ciao? Come stai?
Vieni per una cioccolata calda alla viennese?
Lui già altrove.

***

Sono in esilio
Non per ragioni politiche
Non per ragioni religiose
Nessuno mi ci ha mandata
Mi sono autoesiliata
Qui in America
Un paese che non corrisponde alla sua immagine.
Un paese che attira quelli che cercano l’Eldorado.
Il paese della speranza!
L’uomo nudo vi ho trovato!
Nella vita bisogna lavorare
Ho lavorato.
Nella vita bisogna agire
Ho agito.
Nella vita non bisogna aspettarsi nulla da nessuno
Non mi sono aspettata nulla da nessuno.
Ma com’è triste ridursi così
Quand’è facile regalare un fiore
Rendere un servizio
Aiutare un uomo!

***

Mille euro a testa!
Commercio di schiavi!
Uomini che vendono se stessi.
Mille euro per una speranza lontana!
Mille euro per una speranza inesistente!
Ed i giornali non informano
Silenzio La Stampa
Silenzio Il Corriere della Sera
SILENZIO
In Somalia, Eritrea
Libia, Tunisia
Silenzio le televisioni del mondo!
Non partite!
Non pagate!
Guardate cosa vi attende!
Nessuno lo dice… Nessuno lo scrive
Solo si constata con stupore
Che arrivano quelli che non muoiono affogati
Soccorso umanitario!!! A posteriori!!!
E tanti, troppi partono con una speranza vera
Non sapendo
Che l’unico che ci guadagna
E` colui che recruta schiavi
Per un capitalismo senza scrupoli!

***

Le nostre passeggiate, papà, me le ricordo
Guardavi basso
Guardavi i tuoi piedi
Guardavi i tuoi passi
E poi camminando ti dimenticavi
E mi sembrava che gli alberi entrassero in te
Che i papaveri nel campo di grano fossero lì per te
Che ti guardassero per rallegrarti
Per spogliarti di quella tristezza che ti abitava,
Una tristezza dondolante, un tormento assuefatto.
Osservavo la tua trasformazione
E pensavo che non avremmo mai dovuto lasciare quel campo.

***

Una terra scura, fertile
Lavorata da un bove bianco
Ed un uomo canuto che spinge l’aratro
E` vestito di bianco…E` a torso nudo
E` presto! E` l’alba vicino a Luxor!
Non ci guarda
Conosce il suo destino.

***

Fuoco
.
Il magico fuoco che distrugge tutte le impurità
La vita si rigenera nelle sue infinite componenti
E l’artista continua a sputare fuoco
Finché non muore consunto.
Sputa fuoco da secoli…
Fiamme evanescenti
Attirano immaginazioni, meraviglie terrori.
Un’occupazione rischiosa, assolutamente assurda
Quella del vagabondo sputafuoco.
Eppure qualche soldo viene gettato all’artista
Che ingoia benzina e sputa fuoco.
Dopo lo spettacolo mangia pane bianco.
Vive della sua arte, nel suo mondo… a parte.
E` un artista muto. Incanta i bambini.

***

La guardava, la guardava
Uno sguardo intenso, indagatore
Uno sguardo clinico, da dottore
E lei se ne innamorò di quegli occhi sinceri
Di quel camice bianco.
Era diventato magro, si era sorpassato.
Aveva l’aspetto di un asceta.
Lui la guardava negli occhi e cercava la malattia
Lei guardava la sua tristezza e pensava
Ah…la vita del dottore dev’essere dura!
Avrebbe voluto consolarlo
Avrebbe voluto guarirlo
Ma non poteva, essendo lei la paziente.
In silenzio le prescrisse una medicina.
Una calligrafia precisa, una mano sicura.
Lei ringraziò ed uscì.
Camminava verso la farmacia innamorata di quella tristezza
Si risvegliò al mondo quando dovette pagare.
Mi saluti suo marito! Disse il farmacista
Si… Si!
Ma pensava alla tristezza di un’altro.

***

Inebriata di stanchezza cammino per le strade di New York
Aspettando che il tempo passi
Ed il momento dell’incontro venga.
Piccioni sporchi e magri, passerottini
Mi circondano nel piccolo giardino pubblico
Dove mi sono fermata per riposarmi un po’.
Guardo la gente che passa, poi in alto… il cielo
Un rettangolo fra i volumi netti dei grattacieli.
Sembra un tetto blu, non un’apertura sull’infinito.
Decido di riprendere il cammino
Ed osservando la lunga scultura moderna
Posta in diagonale nel bacino d’acqua,
Vedo una scatola di cartone aperta sul granito
Guardo curiosa…
All’interno c’è un giovane piccione morto…
Continuo la mia strada
Fra gente che cammina con energia
Illusorie speranze.

***

Non c’è di più bello
Che essere sotto l’ombra di un eucalyptus
A mezzogiorno
Su una strada rurale in Sicilia
L’ombra appare una benedizione
Il venticello divino
Gialli i campi di frumento appena tagliati
Nessuno all’orizzonte
Il silenzio mi fa compagnia
E qualcosa in più
E qualcosa d’altro
Una presenza indefinibile
Una carezza nell’aria
Leggera e senza pensieri mi sento
Tutte le angoscie scomparse
Guardo un cielo senza nuvole

***

Ritrovata la scatola magica
I miei pensieri perduti…
Le poesie scritte in Europa
Polvere di Francia
Aria d’Italia
Passi veloci… taxi senza benzina a Mosca
Piedi nudi in Grecia,
Respiri salati di mare blu inchiostro a Siracusa
E minigonna a Londra
Uomini che mi guardano con desiderio
E cadono nel canale a Venezia!
Come sembra buffo il passato
Quando il pensiero lo ricorda in immagini!

Adriana Feoli Keseru vive a Great Barrington, in Massachusetts (U.S.A.). Ha svolto la professione di Lettrice di Italiano in Francia, a l’Université de Provence, e negli Stati Uniti, in tre differenti Università “on the East Coast”. Da due anni si dedica interamente allo scrivere. La sua prima raccolta è del 2010  “Sulla terra tocco il cielo” Salvatore Sciascia Editore, della collana “Scrittori del mondo” diretta dal Prof. Franco Zangrilli.

7 pensieri su “Opere Inedite, Adriana Feoli

  1. C’è sapore di terra nei suoi versi, sapore di infanzia contadina,
    da cui deriva la delusione della grande città, dei grattacieli ingombranti, del cielo chiuso…La nostalgia per gli spazi aperti,
    per le distese di grano, coi loro profumi…la nostalgia per la libertà di sostare in ozio all’ombra di un eucalipto. Necessità di piccole cose ma umane a misura d’uomo, a misura d’infanzia…

  2. Avrei amato nascere contadina, il mio e’ solo un grande amore per la terra che coltivo qui in America con il desiderio di riuscire ad appartenerci, ma sento ancora una resistenza. Si parla molto del signigicato di nazione e mondializzazione oggi… Chi ne parla non conosce il percorso reale perche’ i prodotti hanno sempre una connotazione astratta e si possono trasportare. Per le persone e’ molto piu’ complesso ed il piu’ difficile e’ per gli archetipi che portiamo con noi. Se trova il tempo di leggere “Sulla terra tocco il cielo” o il mio teatro “Non e’ certo un capolavoro”,capira’ il sacrificio del cambiamento che ogni avventura implica. Adriana

  3. Dispiace non esserci reincontrate dopo la nostra giovinezza veneziana, cara amica poetessa, ed ora è troppo tardi. Mi restano le tue poesie. Ilva

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