Opere Inedite, Maurizio Soldini

Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino

Oggi leggiamo la poesia di Maurizio Soldini, medico, filosofo e poeta. Soldini mi scrive che la poesia la frequenta da anni lontani, praticamente dall’adolescenza, e pertanto, prima della medicina e della filosofia. Aveva da poco terminato il liceo quando diede vita a uno scambio epistolare con il grande poeta, Eugenio Montale. Dopo quella esperienza però Maurizio mi scrive di essere stato assorbito da altro, più che dalla poesia, e rivela: “alla poesia ho fatto ritorno  nel 2006, quando ho iniziato a rendere pubblici i miei testi.” La particolarità della poesia di Soldini è quella di mettere in comunicazione fra loro diversi linguaggi: quello scientifico, filosofico e letterario, prediligendo, in particolare, la bioetica, per Soldini “fondata sull’etica pratica aristotelica e tommasiana, ripresa e riabilitata nel Novecento da pensatori quali MacIntyre, Nussbaum, Abbà, eccetera.”  

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ESTATE DUEMILATRE
                                    a Mina

I fuochi delle sere
nei miei occhi accesi
di risalite alle tue mani
al crocicchio dell’anima
e dentro le campagne
invase di silenzio.

Il mare dei pensieri
di vento sugli scalini
che portano al faro
in incunaboli di baci
soffiati nella notte
pulita di sguardi
a lei che ci segue:

Venere stella delle sere
d’estate sempre pronta
a dar luce alle insonnie
di canzoni che inseguono
abbracci e azzurri intensi
di versi nei tuoi occhi
fino ai mattini delle sue albe.

Mutate creature di incontri
fugaci in suggello di cera
crepitio di emozioni e sembianze
di te di me che si accovacciano
nell’infinità dell’istante.

A eternare il tempo
di un’estate:
era ed è ancora
e sarà sempre
l’estate del duemilatre.

***

Ostensorio del cielo il brulicame
d’uccelli nella teca diafana
del vento colorato di neve.

Trasale nel vortice di storni
una preghiera lieve di memoria
che si apre su infiniti mondi.

***

LE GORE SULL’ACQUA

Le gore sull’acqua hai guardato
tante volte restando immobile
assorto nella meraviglia delle onde
del loro movimento concentrico
delle geometrie che scivolano
nelle dissolvenze del non essere
più nelle periferie dell’infinito.

***

Non smuovete il fango
che riempie le forme
non lasciate defluire
lacrime che sciolgono
fermenti di elusi fiori.

Non tormentate il sole
con nuvole d’ombra
non calpestate le ore
che sgranano clessidre
in filiformi continuità.

Lasciate che il tempo
scorra nel flusso lento
della speranza aperta
oltre confini sconfinati
dove abita l’essere.

Lasciate venire la parola
dal corpo a contrastare
l’afasia dell’anima
liberate il canto librato
sopra il cespite della libertà.

Date voce alla poesia
che abita nelle fessure
riposte degli schiamazzi
del niente che intorpidisce
e strozza il volo leggero.

***

A K. NEL GIORNO DEL SUO COMPLEANNO

Le venature delle spoglie grida
che accendono i colori sulla tela
si intessono in tessuti di sorrisi
mentre le dita all’arcolaio tese
distinguono fili di vita, avvisi
di capricci e desideri, che riempi
nei sogni delle tue stagioni,
che sono state e che saranno
come sono, nell’empito sonoro
di un violino, che dice a te felice
il tempo, che ti aggrada nel giorno
dei tuoi anni, sparsi grani di rena
nell’universo della tua festa. Oggi
domani sempre rinnovi come ieri
e aggiorni luci su ombre di sentieri.

***

Lo sbieco della calamita
che attira polvere di ferro
al limitare di una linea
che è fuga di attrazione
confluente si spegne
nella statica del compimento
e posa ferma nella sua tenuta.

***

Nobile miseria il nostro esistere
serpeggia in filiere di avare parche
dove si affila la sostanza e dove
s’assottiglia nel destino d’un taglio
che recide il filo mai troppo lungo
dall’amicizia che ti lega al mondo
nella pia stanza di sosta terrena.

***

Dissolvi il muro che ostinatamente
chiude la vista alla risoluzione
del tragitto spento d’irresolute
tracce di ombre cementate
e schiudi gli orizzonti oltre
a infinitare i giorni chiusi a chiave
e libera in azzurro cielo e mare.

***

HEIDEGGERIANA
sparigliare il corticale impegno
seduto a riflettere a dorso di mulo
sulle traiettorie del divenire
è come spaesarsi nell’essere
quando ti rifletti nel lago di luce
e misconosci l’io che evapora
nel vento trafitto dalle gore
ondulate di pianto

piano o forte si alligna il trapasso
nel tempo di disconoscimenti
di quello che ieri poetavi
in un linguaggio altro
spedito nel possedimento dei corpi
delle parole che restano a spigolatura
di un morso del renitente esserci

 

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Maurizio Soldini, docente di Bioetica, svolge la sua attività di clinico presso la “Sapienza” Università di Roma. Ha all’attivo numerosi interventi, articoli e saggi anche su riviste internazionali. Collabora con Riviste e quotidiani, in particolare con i quotidiani ‘Il Messaggero’ e ‘Avvenire’. Ha pubblicato diverse monografie tra cui: ‘La bioetica e l’anziano’ (ISB, 1999), ‘Argomenti di Bioetica’ (Armando, 1999 e 20022), ‘Bioetica della vita nascente’ (CIC, 2001), ‘Filosofia e medicina. Per una filosofia pratica della medicina’ (Armando, 2006), ‘Wittgenstein e il libro blu’ (Mattioli 1885, 2009). Ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: ‘Frammenti di un corpo e di un’anima’ (Aracne, 2006), ‘In controluce’ (LietoColle, 2009), ‘Uomo. Poemetto di bioetica’ (LietoColle, 2010) e ‘La porta sul mondo’ (Giuliano Ladolfi Editore, 2011).

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