Opere Inedite, Giuseppe Vetromile

Giuseppe Vetromile mi ha scritto che vive la poesia intensamente e, a volte, con sofferenza, quando non riesce a trovare i termini adatti e le giuste strutture poetiche per esprimere il suo sentire profondo.

“Ogni poesia scritta è per me, da una parte, l’atto conclusivo di una certa ricerca interiore, più o meno indovinata, dopo un tempo più o meno lungo di decantazione durante il quale effettuo, su quanto scritto, il necessario lavoro di revisione e aggiustamento; dall’altra, è un punto di partenza per scandagliare ulteriormente il mondo, per sentire nuove vibrazioni e per proporre nuove esperienze. C’è bisogno di un lavoro continuo sulla parola e sullo stile, perché sempre di più la poesia aderisca alla verità ed alla luce che ciascuno di noi ha dentro di sé.

di Giuseppe Vetromile


geometria dell’orizzonte caduco
.
da bambino tracciai una lunga linea orizzontale
sognando spigoli di terra liquefarsi al sole e alla luna
e angoli di cielo sciogliersi nel mare tra le onde
poi il milionesimo giorno mi raggiunse squadrato
in uno schema di parole crociate dove attinsi
l’amaro colore delle formule scritte
distese su una riga d’orizzonte caduco

oggi l’occhio maturo misura il tempo
e i passi cadenzati traballano
sull’asfalto duro del solco

come questo cuore indeterminato
è l’incognito confine di luce
e inutile ogni strumento
che possa quantificare
l’altrove dato per scontato

*

la mano del poeta tenta una carezza sulla distesa di colori fatua
che adombra la vista
in profondità c’è una lacuna e un conto che non torna mai
alla ragione
e neanche una preghiera mitiga le parole di nutrimento
elargite dai padri
neanche una bocca da sfamare speranze e illusioni
in questo breve tormento di terra

una linea all’orizzonte caduco si disegna più volte
stretta tra le mani del poeta
è una matita che non lascia traccia

e si cancella la vita mentre vivi

*

più volte ho obbedito agli organigrammi in sordina
deglutendo elemosine di cielo e mostrando
l’altra faccia della luna
poi le righe ed i compassi hanno circoscritto per sempre
il mio qui
ed io tetragono ad ogni buona omelia
ho nascosto le ali sotto un metro di roccia
per mai più volare sopra gli abissi della terra

ho conosciuto il dislivello tra l’occhio e il colore
tra la bocca e il suono
tra la mano e la carezza
e mi sono chiuso nel centro del cerchio
dove da qualsiasi limite
mi posso ricapitolare la vita

*

in esecuzione il mio lascito di materia centellinata
si perde nella terra mentre il cielo l’alimenta
di continuo
ma come in un pozzo senza fondo
ricade inerte la luce
nel punto esatto del nulla

*

è questa geometria oscura e adunca
che descrive rette parallele e all’infinito
si scontra con ogni paradosso
a tenermi eretto con un dito
puntato verso Dio e mai più l’indice
mi ritorna indietro esauriente

io rapito da questo spazio non euclideo
m’annullo in un vortice di tempo
e poi
cosa sarà di me dopo quest’ultimo fiat?

io rapito dal cielo caduco
precipitante per sempre sul falso cuore della terra

io tra l’alfa e l’omega in mezzo
incerto se rinascere lì o rimorire qui
comunque ambiguo osso senza ombra
scivolando sulla falsariga
del creato

io inerte impossibilitato in attesa perenne di

fiorisce intanto il mandorlo
in questa pazzia e nessuno più gli dà retta
ed io aderente alle nullità televisive
ancora
nonostante tutto

mi sopravvivo

Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949, vive ed opera a Sant’Anastasia, promuovendo e organizzando eventi ed incontri letterari con il Circolo Letterario Anastasiano. Poeta e scrittore, ha pubblicato numerosi testi di poesia con: Bastogi, Scuderi, Ripostes. 
Ha recentemente pubblicato un romanzo Il signor Attilio Cìndramo e altri perdenti, Edizioni Kairòs.

7 pensieri su “Opere Inedite, Giuseppe Vetromile

  1. Conosco Giuseppe Vetromile da tantissimi anni, dai primi anni 80 quando ci ci scambiamavo lunghe lettere in una calligrafia fitta ed elegante (la sua) a cui non mancavano mai o quasi mai poesie dattiloscritte. Anche se abbiamo dovuto aspettare il 2009 per conoscerci personalmente. Leggere e percorrere la sua poesia è dunque come attraversare luoghi noti, familiari eppure sempre nuovi perché se il nocciolo ispirativo che connota la sua poesia rimane lo stesso, se sempre lo stesso è il disagio di un uomo diviso tra il dovere e il senso di qualcosa di più alto e profondo che sovrasta l’esistenza umana e in cui risiede il vero senso della vita, della quotidianità, mi sembra che il suo linguaggio si sia fatto più asciutto ed essenziale, una lingua che mi sento di dire punta diritta alla fioritura del mandorlo. Un carissimo saluto a Giuseppe e a Luigia. Lucianna Argentino

  2. Molto belle e pregne di significato queste poesie, diverse da altre più sperimentali di Giuseppe Vetromile. Si vede una mano leggera, quasi classica, che riflette sul proprio destino in modo sofferto e partecipe. Faccio i miei complimenti all’autore. Stelvio Di Spigno.

  3. Penso che uno dei compiti della poesia sia quello di fare riflettere sulla caducità della vita e sul senso del nostro travagliato esistere, e ritengo che questa poesia inedita di Vetromile raggiunga pienamete lo scopo. Essa, infatti, si rivela poesia profonda e supportata da una potente vis meditativa e da un tessuto metaforico non privo di attrattive.
    Quindi, per questa testimonianza poetica, in cui oltretutto si coglie l’autenticità della persona, non posso che fare i miei complimenti all’amico Pino con l’augurio, non certo di sopravviversi, ma di vivere riprendendo a sognare spigoli di terra liquefarsi al sole.

  4. Non conoscevo Giuseppe Vetromile, ed è stata una piacevole scoperta la lettura di queste poesie che mi hanno toccato e colpito. Mi è piaciuto lo stile netto e la sua precisione “geometrica”, dove prevale una “verticalità” che tiene sempre alta anche la tensione lirica. L’ultimo testo con il ritmo incalzante dei versi “..io rapito da questo spazio non euclideo..io rapito dal cielo caduco.. io tra l’alfa e l’omega in mezzo…mi sopravvivo” appare come una vigorosa poesia che si interroga e che induce a riflettere.
    Un caro saluto a Luigia e a Lucianna.
    Monica Martinelli

  5. Mi piace questo cantare accorato sulla caducità di Giuseppe Vetromile. anche se potrebbe apparire topos poetico abusato- ma l’uomo non finirà mai di riflettere sull’oltre, se non rinunciando alla sua natura- ne sentiamo la profonda necessità,la voce autentica che ancora rivela la nostra illusione-delusione dell’interrogare : “mai più l’indice
    mi ritorna indietro esauriente…”.
    E nuove sono le luci di Vetromile sulle infinite “rette parallele” del non incontro universale dell’oggi, su questa realtà irresoluta che include anche il rifiuto, quello sguardo -da poeta- mai connivente con le “nullità televisive”, di sicuro metafora di tante altre storture cui pure soppravviveremo sperando…
    annamaria ferramosca

  6. Con il permesso dell’Autrice, riporto qui di seguito il commento di Marialuisa Vallino ai miei versi. Approfitto anche di questo spazio per ringraziare Annamaria Ferramosca, Monica Martinelli, Mariolina La Monica, Stelvio Di Spigno e la carissima Lucianna, per i loro approfonditi e graditissimi commenti. Un caro saluto a tutti,
    Pino Vetromile

    Bellissimi versi: C’è un’incessante, disperata ricerca del Sé, attraverso una memoria che rivela l’anima tra pause e incastri, ricreando l’identità in uno spazio simbolico e universale. La nostalgia dell’infinito si interseca alla lucida coscienza del comporre poetico, divenendo oggettivazione del sentimento.
    Un caro saluto, Marialuisa Vallino

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