Opere Inedite, Vincenzo Gramegna

Vincenzo Gramegna mi ha scritto di aver appreso una volta da un poeta americano  – Lawrence Ferlinghetti – che la poesia è la voce della quarta persona singolare. Vincenzo ha strabuzzato gli occhi, stupito e si è detto: “è vero!”
Vincenzo molti anni prima leggeva, grazie alle indicazioni ricevute da un professore di liceo, Arthur Rimbaud che diceva: “Io è Altro” e per Vincenzo anche questo era vero. Per Vincenzo “scrivere ‘cose’ come poesie che siano immagini è fondamentale.” A lui piacciono gli scatti lomografici e la comunicatività sanguigna che a volte prendono quando raccolgono gli angolini delle metropolitane e i marciapiedi. Vincenzo prova a scattare fotografie con la scrittura. Prova anche a riversare nella poesia tutta la sua natura silenziosa che vorrebbe tanto raccontare a voce, ma spesso Vincenzo è in difficoltà con le parole dette e predilige quelle scritte. Il mondo del web, negli anni lo ha aiutato a sentirsi libero di dire ciò che vuole e per questo la formula di scrittura mutuata dagli ambienti MUD, forum, chat, lo aiuta a trovare un ‘sacco’ di parole per comunicare. La poesia per Vincenzo è il senso di meraviglia che si genera dentro di lui leggendo Penna e Ungaretti, i suoi poeti italiani prediletti. La poesia per lui è anche l’immagine che gli suggerisce di tanto in tanto una canzone. La poesia per Vincenzo potrebbe anche essere canzone. La poesia per lui è anche una piccola rivoluzione delle parole ed è inventarne di nuove che si possono accostare alle cose ed alle persone strambe che girano in città e che non sai come chiamare. “Poi ci sono i bambini” scrive Vincenzo “ed il loro mondo fatto di parole semplici.” Vincenzo ha scoperto un giorno il linguaggio dei bambini e le loro espressioni di meraviglia durante le giornate di lavoro e di scuola e ha capito che tanta poesia la può imparare stando con loro. Per Vincenzo la poesia è anche lo spazio bianco della mente che sente il bisogno di arredare.

           “Quando scrivo ‘Io’ la voce che esce dalla penna arriva da lontano.” 

“La poesia è usare parole che non sembrino uscite da un dizionario dei sinonimi e contrari ma che appaiano nate da una bocca, generate con la lingua.”

“La poesia è anche liberazione dall’ossessione per il cibo in un rapporto di amore-odio che me lo fa inserire in ogni cosa – o quasi – che scrivo.”
                                        di Vincenzo Gramegna

Sempre venerdì sera

la luce bianca fuggita via ha lasciato solamente un alone di paura, bevo tutto il giorno e penso a questo paese sempre in guerra, ai vicoli di Acerra e che non ho nemmeno più la forza di camminare ma riesco a fischiettare il più bel motivo che mi rimane: sweet jane e barcollare. Piscio come un cane e mi immagino ad annusare gli angoli del marciapiede vestito di latex nero con un collare.

Contratto t.i.

Sto abbastanza bene, appena tornato da un mare in tempesta molto bello
il vento è andato via di lì ed è venuto qui con me,
mi sono tuffato in mezzo alle onde, poi avevo freddo.
Io, un po’ rosso e un po’ sazio di nuoto.
E un po’ gonfio di cibo e un po’ contento per motivi di lavoro
e un po’ curioso e un po’ creativo
e forse a tratti un po’ cretino, un di tutto un po’ che fa bene.
Da lontano adesso vedo la pensione e poi la morte,

sono stato costretto a mostrare la felicità ma non mi importa.
Se un giorno facessero la coca cola di colore rosa
la cosa mi colpirebbe di più di un nuovo contratto di lavoro.

Asperger punto0 (mentre playground love vibraphone version scorre)

Sono
sul divano della sindrome di Asperger, il vibrafono mi entra nelle tempie.
Fermo,
nella musica rallento al cubo e rubo colore e frammenti del muro
di suono,
la vela che spinge l’uomo-idiota-sapiente fuori da me.
Oggi dovrei muovermi, distrarmi negli spostamenti di realtà che non fanno bene.

Compulsiva voglia di vedere qualcuno incollata al deretano
e di starmene appeso al darwinismo neurale delle lancette dell’orologio, dentro il divano
e nessuna voglia di trovare scuse sul portafogli perso chiavi in mano.
Devo uscire ma peso troppo.
Posso lasciare la porta aperta al saldo contabile della verità:
ho scoperto che
c’è solo il vuoto sotto quest’ultima riga.

Asperger punto1 (sulle labbra)

Non sono finto, taccio per “timidezza d’amore”
vorrei stare qui e che tu mi accarezzassi come fossi il tuo cane di cui ho solo la fame e l’odore,
adesso sono servo della bestia che trattengo e sono il padrone,
custodisco me stesso nel silenzio per ritmare
fuori-tempo,
il respiro.
Con l’odore di bruciato sulle mani, lascio due righe profonde, raschiate sotto il banco.
Quando la febbre scorre via, ho le ali cucite a mano dietro la schiena che mi fanno perdere il fiato
e resto sottovuoto.
Ho speso molto denaro, sono leggero e posso volare.
Nevica.
Il servizio clienti ha elencato i rischi
e sordo, col pensiero fisso nella pornografia telefonica, aspetto in silenzio di partire.
Ho messo le ruote da neve per un atterraggio softcore.

Lomo.txt

A. cammina sul bordo del deposito dei bus e del magazzino delle poste, non sa nulla di quello che tiene sulla sua sinistra, cammina, passeggia, barcolla, guardando l’hotel dorato e blu che lo domina con comete soldi e saliva. Io poco meglio di lui torno rintontito da parole miste d’italiano e arrikkito dall’interlingua aspetto la sera che arriva per bere litri di vino a buon mercato e per ascoltare “alive” dei Pearl jam. Ora dormo mentre gli altri sono partiti per il rave. Ho guardato il ciclope nell’okkio, l’ho fissato e sfidato senza timore.
Ho dato fuoco al bosco e non me ne sono pentito, tanto poi ho comprato una rosa indiana e l’ho regalata alla prima puttana ke ho incontrato vicino al supermercato di fianco alla scuola dove lavoro, le ho rubato l’oro ke portava negli okki e arrikkito dal metallo poco pesante, ho pensato di sfruttare il mattino per respirare il banco di nebbia ke ogni giorno continua a spuntare sotto casa.
 
Portici

Con i ragazzi drogati l’ho passato in autobus il film muto di questo mattino bolognese che non è mio, i passanti scorrono, in un ordine che già esiste, s’accalcano alle casse, colonne della grande distribuzione. A guardia dei consumatori due uomini, accattoni, paonazzi, sbocciano in una luce da 1000 watt:
Teatrino della vita
il faro direzionale illumina una coppia felice: madre/figlia, – con pochi spiccioli pper caldarroste? Rumore di vetro in piccola esplosione mmalauguratamente interrompe il fuoco sulla relazione “parenti di sangue”. Un tappeto di scorze calde rende onore alle loro vite e mi inchino a raccoglierne una per giocarci un po’ e giacere steso per terra come loro fra piedi e carta regalo:
ora mi camminano negli orecchi
…e le risate riflesse sul lastricato, nel dolby surround del porticato.
Mi chiedo: – perché tornare su nella posizione eretta che non mi si addice in questo momento! Nascosto nell’ombra in questa selva di gambe,
non sono mai stato meglio,
voglio essere calpestato.

Biobibliografia 
Vincenzo Gramegna, 34 anni, pugliese, laureato in scienze della formazione primaria con una tesi su alfabetizzazione e new media dal titolo “la scuola medium dei media”.
Si dedica part time a scrivere testi su di sé e su immagini che lo colpiscono.

E’ stato pubblicato nelle antologie:
Coopforwords 2006, Bio-scritture nella sezione blog ed sms
Coopforwords 2007, Tracce di realtà, primo classificato nella sezione blog con “lomo.txt”
Coopforwords 2008, Pascoli è precario, con il testo Pascoli è precario (blog) selezionato anche per il titolo dell’antologia.
Coopforwords 2009, A.A.A. cercasi realtà, con Dark room: è venerdì sera (blog, 3 classificato)
Monotono ma anche nel 2010 è inserito in coopforwords con il testo -Question time-

18 pensieri su “Opere Inedite, Vincenzo Gramegna

  1. ho imparato un sacco di cose da te, mi hai raccontato molte cose anche senza parlarmene, e continui a farlo! Grazie, non vedo l’ora di leggerti di nuovo 🙂
    buona vita!

    Silvia

  2. “Quando scrivo ‘Io’ la voce che esce dalla penna arriva da lontano.”
    grande vinz!!!!!belle!!!anche a me “portici” è piaciuta molto….anche C.I.,complimenti!

  3. Ho dato fuoco al bosco e non me ne sono pentito, tanto poi ho comprato una rosa indiana e l’ho regalata alla prima puttana ke ho incontrato vicino al supermercato di fianco alla scuola dove lavoro, le ho rubato l’oro ke portava negli okki e arrikkito dal metallo poco pesante, ho pensato di sfruttare il mattino per respirare il banco di nebbia ke ogni giorno continua a spuntare sotto casa.- mi piace molto –

  4. La scrittura è forte e arriva diretta senza passare dai circoli viziosi dell’ermetismo. L’importante è l’interazione tra le vite dove i cani ci insegnano come salutare un proprio simile, o ringhiandogli o annusandogli il deretano, non prostrando una umana mano finta.

  5. Walter, credi che gli animali ci insegnino più degli umani? Credi anche che la poesia liberi dalla finzione? Perchè la poesia di Vincenzo ti piace? Perchè parla di cose in cui ti riconosci?
    Grazie

  6. Considero un grande regalo avere potuto leggere queste poesie. Quella che mi è piaciuta più di tutte è Asperger punto 1. Anch’io a volte vorrei avere gomme da neve per un atterraggio softcore…

    Grazie Vincenzo
    Francesca

  7. Sui cani… già, ma nessun cane farà mai nulla di disinteressato per un altro cane, e nessun cane avrà mai quella comunicazione diretta in cui non serve parola, non serve movimento, basta solo il vibrare della pelle…(nessun cane farà mai poesia?)
    …vorrei chiedere all’autore qual è la sua idea di umanità.
    Ecco, senza farmi idee a priori, faccio parte di quella categoria che è stanca del fatto che le voci che arrivano da lontano, di artisti e pittori, siano sempre disperate, ciniche, ferite… mi aggrappo con gioia a Picasso e ai suoi fantastici 90 anni.

  8. Certo i cani non faranno mai poesia…ma non fingeranno mai, e la poesia e l’arte a volte sono mondi finti, parallleli, rifugi come fatti di lsd
    come i quadri di alcuni che citi tu Luca.
    poi i gusti sono soggettivi, tuttavia mi pare che il concetto di kalòs kai agathòs sia desueto se inteso come
    l’ideale di perfezione nell’espressione e nella realtà…a forza di voler vedere tutto bello…
    butteremo i brutti nella spazzatura!

  9. bravo Vincenzo, questi tuoi testi mi piacciono molto.
    Alcuni innesti lessicali particolari sono molto efficaci, si integrano perfettamente con il testo lirico e anzi allargano i confini del dettato poetico. Questi tuoi versi sono molto ariosi, vivi e sapidi. Continua così.

    Un abbraccio Donatella

  10. Cara Luigia, le poesie di Vincenzo mi piacciono perché sono un moto continuo dell’animo dedito ad una rappresentazione a flash della vita contornata da pillole di lirismo “Con l’odore di bruciato sulle mani, lascio due righe profonde, raschiate sotto il banco.” Raccontano e sublimano, non vanno alla spudorata ricerca del lettore, ma è quest’ultimo che dopo aver letto deve andare alla ricerca di se stesso facendo cadere la maschera che, ben poggiata sul comodino, viene indossata tutte le mattine prima di uscire di casa. A proposito degli insegnamenti dei cani, ma vale per tutti gli animali, vorrei scomodare Nietzsche che diceva ” Temo che gli animali vedano nell’uomo un essere loro uguale che ha perduto in maniera estremamente pericolosa il sano intelletto animale: vedano cioè in lui l’animale delirante, l’animale che ride, l’animale che piange, l’animale infelice”.

  11. Walter,
    credo che con “La Gaia Scienza” Nietzsche intendesse riportare l’individuo ad una natura primordiale e… ‘gaiamente’ serena o ‘bestialmente’ serena.
    Tuttavia, il vero nodo dell’opera di Nietzsche è quello “dell’eterno ritorno”: tutto accade infinite volte…. Che ne pensi?

  12. Non credo nell’infinito ritorno. E’ una visione romantica del “tutti un giorno ci potremo incontrare, non si sa dove”. Io riincontro chi ho perso solo nel sogno, e ne sono consapevole. Quello è l’unico angolo, che unisce il terreno al post-mortem, altrimenti manca l’essenziale che è il ricordo di averti incontrato. Il ricordo. Ti ho conosciuto. Mi ricordo di te in un’altra vita. E’ vero, siamo delle scatole che racchiudono una melodia, ma quando moriamo e ritorniamo, il suono cambia perchè non abbiamo il ricordo. Denigrante non poter ricordare, l’Alzheimer è la malattia che annienta l’essere.

  13. Nel leggere le poesie di Vincenzo e le sue parole sulla poesia, mi è venuto da pensare che sono le cose
    che avrei voluto dire anche io, come se ci fosse un filo che ci unisca. Un filo invisibile, ma così necessario, ombelicale, vitale.
    vincenzo celli

  14. grazie per condividere…
    mentre io scrivevo di abitare sullo stesso ianerottolo pieno di fotografie di riccardo leggo e scopro chi abita in quella casa affittata da poco, c’è Vincenzo celli.
    é bello quando capisco di scrivere cose e non pensarle da soli!
    è bello pensare cose in comune
    e dirle in tanti modi,
    è sempre questo accade attorno a un falò!

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