Luigia Sorrentino, “Lo slancio della rosa”

Luigia Sorrentino

Lo slancio della rosa

il silenzio della rosa, della pace ferma
nel gomito sulla fronte di aprile
nascesti imperlato nella casa doveva essere
l’ultima in una primavera in cui fummo
davvero soli
portavamo lo stesso sangue
la stessa cellula che fu accanimento
accadimento anche precoce
la meraviglia era voce che spariva nella stanza
voce lenta
dove rimbombava la rosa
stesa nella domenica

non ricordo l’esattezza del timbro
né il carnevale che provavo in quella stessa ora Continua a leggere

Il “Punto Alfa” di Luigia Sorrentino: per una lettura di “La nascita, solo la nascita”

Luigia Sorrentino /credits photo Gerardo Sorrentino

di Marco Pavoni 

Vorrei una città che accolga una sola persona e tutte le altre persone”. Così ha scritto alcuni anni fa Luigia Sorrentino nell’ambito della sua pagina Facebook, auspicando una consapevolezza problematica di se stessa e dell’umanità in generale. Perché “problematica”? Forse perché l’autrice è convinta del fatto che, per arrivare a un pieno possesso del Sé più autentico, la sua persona, e il consorzio umano, devono passare attraverso dei dolorosi stadi di purificazione: tali stadi coinvolgono l’autrice che, come gli altri esseri umani impegnati nel cammino lungo il sentiero dell’arte, ha il compito e il dovere di tradurre, in versi letterariamente degni di nota, gli effetti devastanti che la realtà molto spesso produce. Ciò, nell’ambito del libro “La nascita, solo la nascita, è reso evidente nella sezione intitolata “Le onde della terra”: il lettore si trova di fronte a un poemetto liberamente ispirato al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, che colpì la Campania e la Basilicata. Continua a leggere

domenica 23 novembre 1980, ore 19:34

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“Le onde della terra”, di Luigia Sorrentino

sventola lo scirocco fuori stagione riverbera
nel tardo pomeriggio di novembre io ero appena
di quel tormento che nulla sa del grande fuoco
dal centro
del fuoco che scuote la pietra dall’entroterra
nella grande ventata
che annunciava già molti giorni prima
quell’ondeggiare lento
ho solo il tempo di voltarmi ho solo il tempo
di ondulare anch’io come il grande palazzo grigio
alle mie spalle
del boato
ho solo il tempo di schizzare al centro dell’asfalto
quando tutto si spegne
e aspetti la crepa la voragine
quando solo gli antifurti suonano
i ragazzi si chiamano l’uno chiama l’altro uno arriva
al centro nella corsa uno afferra la mia mano
io vedo una gran decina addensarsi e poi decine e decine
moltiplicarsi donne e uomini alcuni seminudi
bambini avvolti in coperte e sistemati nelle auto in sosta 


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