Corrado Benigni, “Nell’occhio di Medusa”

NOTA DI LETTURA DI LORENZO CHIUCHIU’

Là fuori di Corrado Benigni può essere letto come parte di una trilogia che comprende i precedenti Tribunale della mente e Tempo riflesso.

Premio Ciampi Valigie Rosse del 2020, la raccolta completa un itinerario verso una realtà che, di libro in libro, perde sempre più i propri connotati realistici.

Per Là fuori non solo la res cogitans, ma anche la res extensa sono immagini mentali. E da Berkeley a Schopenhauer che la differenza fra cogitatio e extensio sia discriminabile è dubbio. La mente vede immagini (la traccia mnemonica di cose fuori dalla mente) e immagini di immagini (immagine di ciò che non è fuori dalla mente, o perché non ancora o non più presente, o perché inesistente, immaginata).

I rimandi alla fotografia (si vedano le belle fotografie di Olivo Barbieri che scandiscono il libro) hanno per Benigni una ragione poetologica: lungi dall’essere un occhio senza interiorità, lastra neutra impressa, la fotografia è proprio il contrario: esposizione di ciò che appartiene al senso interno, immagine conformata da una mente particolare. La fotografia non fa insomma che esibire l’immagine mentale, le impressioni dell’anima fuori dall’anima, irrevocabilmente esposte, sottratte all’interiorità.

«L’occhio è un organo per affondare nell’esterno / come pietra, lama, radice». L’esterno si scopre essere la mente del poeta che ne fa immagine: «La casa di fronte è un’immagine della mente», scrive Benigni.

Che poi la realtà corrisponda all’immagine mentale a volte è incerto («Ciò che non appare / e rimane informe all’evidenza»), altre volte è impossibile: «Il visibile» è una traccia di «ciò che non esiste».

«Sappiamo quello che i nostri occhi vedono / ma scriviamo per riprodurre un difetto della vista»: scriviamo cioè per rintracciare il punto cieco che corrisponde a un punto d’arresto del tempo dove si intuisce «ciò che non appare» e «ciò che non esiste». Quello che vediamo sono

figure cariche di tempo, sfigurate
in perenne lotta con il fondo che le trattiene.

Le figure sono associate al tempo perché il tempo non è che la dimensione del senso interno determinato dal susseguirsi di immagini mentali: tempo riflesso. Non esiste tempo al di fuori della successione di immagini nella nostra mente.
Il «difetto della vista» arrestando il fluire delle immagini sospende il tempo, intuisce un «fondo» che trattiene l’immagine definitiva:

alla cieca cerchiamo l’immagine definitiva
di ciò che siamo.

È noto che Perseo uccise Medusa difendendosi dal suo sguardo con un’immagine riflessa: si avvicinò alla Gorgone di spalle, osservandola attraverso il riverbero dello scudo. Perseo scherma la sua mente osservando il riflesso di un’immagine che pietrifica, ovvero di un’istantanea sottratta al tempo.

La fotografia e l’anguicrinita sono sorelle, il tempo è una parentesi prima dell’avvento dell’immagine definitiva:

Così il tempo trova in noi
la sua durata, la sua salvezza,
prima che tutto torni nell’occhio della Medusa. Continua a leggere