Alda Merini, “La Terra Santa”

Alda Merini

COMMENTO DI FABRIZIO FANTONI

Splendide e strazianti le poesia di Alda Merini contenute nella raccolta “La Terra Santa” del 1984.
La terra Santa è il manicomio nel quale è rinchiusa la poetessa, luogo di oscurità e solitudine, di conoscenza e introspezione, luogo in cui la poesia affiora e si rafforza.

Il manicomio, nel quale “l’esistenza è negata”, come in un inferno, è vissuto da Alda Merini come uno stato d’animo, una condizione annientante che trascina giù verso il basso e, prima ancora che ce ne possa accorgere, si diventa reclusi, prigionieri.

Eccola lì, Alda, sola, disorientata. Obbedisce a chi detta le regole di una vita che non riconosce… e allora la poetessa si affida alla “divina follia” che ha depositato in lei i “versi della riscossa” e del riscatto. Una poesia che diviene atto di resistenza, sconfinamento.

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Manicomio è parola assai più grande
delle oscure voragini del sogno,
eppur veniva qualche volta al tempo
filamento di azzurro o una canzone
lontana di usignolo o si schiudeva
la tua bocca mordendo nell’azzurro
la menzogna feroce della vita.
O una mano impietosa di malato
saliva piano sulla tua finestra
sillabando il tuo nome e finalmente
sciolto il numero immondo ritrovavi
tutta la serietà della tua vita.

Il dottore agguerrito nella notte
viene con passi felpati alla tua sorte,
e sogghignando guarda i volti tristi
degli ammalati, quindi ti ammannisce
una pesante dose sedativa
per colmare il tuo sonno e dentro il braccio
attacca una flebo che sommuove
il tuo sangue irruente di poeta.
Poi se ne va sicuro, devastato
dalla sua incredibile follia
il dottore di guardia, e tu le sbarre
guardi nel sonno come allucinato
e ti canti le nenie del martirio. Continua a leggere

La scomparsa di Federico Tavan, poeta friulano

Appuntamento

Nota di Alessandro Canzian

Federico Tavan, poeta che insieme a Pierluigi Cappello e Ida Vallerugo rappresentano il meglio della poesia dialettale friulana e, molti saranno d’accordo, italiana. Federico Tavan è morto la notte del 7 novembre 2013, pochi giorni dopo aver compiuto 64 anni. Se n’è andato nel sonno, mentre dormiva, nel suo letto. Aveva voluto tornare a casa perchè forse, similmente agli elefanti, sentiva di essere arrivato alla fine del suo viaggio. Era tornato nella sua Andreis (Pordenone) che pure aveva cantato come centro del mondo e come prigione: Se non scappi diventi Andreis. E Federico Tavan era effettivamente un elefante della poesia e dei racconti della pedemontana pordenonese. Pazzo, esagerato in Continua a leggere