In memoria di te, Sergej Esenin

Non ho rimpianti, non chiamo, non piango,
Tutto passerà come fumo dai bianchi meli
Afferrato dall’oro dell’appassimento
Io non sarò mai più giovane.

Tu ora non batterai più così,
Cuore, toccato dal freddo,
E il paese intessuto di betulle
Non mi attirerà a bighellonare a piedi nudi.

Spirito vagabondo! Tu sempre più di rado, di rado
Fai muovere la fiamma delle labbra.
O mia freschezza perduta,
Ardire degli occhi e piena di sentimenti.

Ora sono divenuto più avaro di desideri,
Vita mia? O forse sei stata un sogno per me?
Come se io nella risonante primavera
Galoppassi su un cavallo rosato.

Tutti noi, tutti noi in questo mondo siamo morituri
Dagli aceri quieto fluisce il rame delle foglie…
Sii tu per sempre benedetto
Tu che sei venuto per fiorire e morire.

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Anna Achmatova – Anna Andreevna Gorenko

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

Anna Achmatova, pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko (Odessa, 11 giugno 1889 – Domodedovo  [Домодедово] – Mosca – 5 marzo 1966). Figlia di un ingegnere meccanico, studiò a Kiev e a Pietroburgo dove nel 1910 sposò il poeta Nikolaj Stepanovič Gumilëv che l’anno dopo il loro matrimonio fondò con la Achmatova e con Sergej Gorodeckij  fondò lo «Cech Poetov» (Corporazione dei poeti) da cui prese vita il movimento acmeista. In quegli anni la Achmatova andò spesso a Parigi dove conobbe Amedeo Modigliani che la ritrasse in numerosi disegni.
Pochissime le raccolte pubblicate (Rosario nel 1014, Lo stormo bianco nel 1917, Piantaggine  nel 1920): nel 1921 Gumilëv, accusato di complotto  antibolscevico, venne fucilato e per Achmatova comincia un lungo periodo di duro ostracismo – diventerà molto difficile per lei pubblicare versi – dovuto anche al fatto che la sua poesia è ritenuta lontana dalla nuova realtà. Dopo l’arresto del figlio avuto da Gumilëv e la morte del secondo marito, scrisse Requiem, la stessa asciuttezza dei versi giovanili, la brevità essenziale. Con Requiem e con il successivo Poema senza eroe, scritto tra il 1940 e il 1942, ma rimaneggiato fino alla morte, Achmatova dà un esempio potente di coscienza della propria contemporaneità.

Achmatova rifiutò la scelta dell’esilio. Scrisse, anzi, versi di fiero rifiuto: «Con loro io non sto che la terra/abbandonarono ai nemici da straziare./ La rozza loro lusinga non intendo,/ non darò loro i miei canti».

(di Luigia Sorrentino)

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