Vito M. Bonito, “Dove va un corpo che si ammala e muore?”

INTERPOSTA PERSONA
DI VITO M. BONITO

 

Faccio fatica a pensare per macrostrutture, per astrazioni, per simulazioni.

Queste poche e deboli riflessioni sono a margine e marginali rispetto a quanto accaduto e ancora in atto da mesi, al nostro essere confinati e vivere reclusi tra l’invisibile virale, l’aria sublime e rarefatta di parole giganti talvolta inafferrabili (talvolta fastidiosamente inautentiche), il vaniloquio social-mediale e la microscopia di un quotidiano in cui è difficile arrivare a concludere un pensiero che varchi la soglia della propria vita familiare e biologica.

Faccio l’insegnante e sono padre di una bimba di tre anni e tre mesi, l’orizzonte del mio vivere già da decenni contratto segregato e zoppicante, ha dovuto fare i conti con questi altri due aspetti che in sé, in questi mesi di clausura e distanziamento, hanno presentato vantaggi e svantaggi, messo a nudo sicurezze e insicurezze, sospiri, respiri e logoramenti a cui non sempre sono stato in grado di fare fronte.

Non ho rischiato il posto di lavoro, ma ho dovuto adattarmi a un modo di lavorare quasi capovolto. Un universo capovolto in cui, pesce fuor d’acqua, ho dovuto respirare al contrario, pensare al contrario, comunicare al contrario e per via fantasmatiche, larvali proprio come dentro «il delitto perfetto» così ben spiegato da Baudrillard.

Durante più di due mesi e mezzo murati in casa, una bimba di tre anni – che all’improvviso smette di andare al nido e di vedere gli altri bimbi e non può uscire di casa – comincia a fare domande a cui non sai rispondere con le sue parole e ti accorgi che le tue non hanno e non danno alcun senso e significato a ciò che sta accadendo. Lei comincia altresì ad andare in crisi e ad agitarsi in perfetto orario ogni giorno alle 18 e dopo almeno nove ore che i genitori si sono inventati il mondo per tenerla impegnata, e sono piegati, scarsamente reattivi alle percussioni comportamentali, ai forsennamenti verbali che aumentano proprio quando tu diminuisci, ti stai spegnendo.

Ogni giorno poi fai la conta dei morti, dei contagiati, e così misuri lo spazio in cui vivi. Continua a leggere

Forrest Gander, due poesie inedite

Forrest Gander, Pulitzer Prize 2019, ph. by Nina Subin

FORREST GANDER
TRADUZIONE DI LUCA GUERNERI

 


When the Sky Stops Being Blue

 

In isolation they began to notice * new intimacies appear

intensified by the inhuman * oratorios of spring
but it was still * hard to recognize events

as they happened * to explode instant by instant

before them, hard for anyone * to be a whole person

not dwelling on their mistakes * inside a reality filled

with the feeling of unreality * like an ocean filled with

withdrawal, and so (she said) * they would go traveling
across borders in their minds, * and although he agreed
he really just wanted to turn   * back time (he said) to where
the meaning was, and then * both saw in an unpetaling

gift of intuition, the meaning * was here. It was now.

 

Quando il cielo cessa d’essere blu

 

In isolamento presero a notare * l’apparire di nuove intimità

intensificate dagli inumani * oratori della primavera
eppure era ancora * difficile riconoscere gli eventi

mentre andavano * esplodendo istante dopo istante

davanti a loro, difficile per chiunque * essere tutti di un pezzo

non dimorare nei propri errori * dentro una realtà piena

di un senso di irrealtà * come un oceano pieno

di risacca, e dunque (disse lei) * avrebbero viaggiato
attraverso i confini delle loro menti * e benché lui fosse d’accordo,
in realtà avrebbe solo voluto rimettere indietro * il tempo (disse lui) là dove
stava il significato e fu allora * che tutti e due videro in uno sfiorente dono

d’intuizione che il significato * stava nel qui. E nell’ora.

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Una poesia di Milo De Angelis

NEMINI

Sali sul tram numero quattordici e sei destinato a scendere
in un tempo che hai misurato mille volte
ma non conosci veramente,
osservi in alto lo scorrere dei fili e in basso l’asfalto bagnato,
l’asfalto che riceve la pioggia e chiama dal profondo,
ci raccoglie in un respiro che non è di questa terra, e tu allora
guardi l’orologio, saluti il guidatore. Tutto è come sempre
ma non è di questa terra e con il palmo della mano
pulisci il vetro dal vapore, scruti gli spettri che corrono
sulle rotaie e quando sorridi a lei vestita di amaranto
che scende in fretta i due scalini, fai con la mano un gesto
che sembrava un saluto ma è un addio.

(da Linea intera, linea spezzata di prossima pubblicazione da Mondadori) Continua a leggere

L’ordine del mondo



Nel tempo del coronavirus
di Luigia Sorrentino

 

 

La pandemia da coronavirus della quale si è cominciato a parlare in Italia dal 22 febbraio 2020 è l’epidemia mondiale chiamata COVID-19 e provocata dal virus SARS-CoV-2.

Di questo virus noi, persone comuni, sappiamo davvero ben poco.
Ci hanno detto che si era diffuso già molti mesi prima nel mercato del pesce di Wuhan, in Cina, per poi propagarsi in Giappone, poi in Italia, e via via, velocemente in tutto il mondo, causando migliaia e poi milioni di morti.
Successivamente abbiamo saputo che il virus, manifestatosi con febbre alta, tosse, e con una strana polmonite interstiziale, circolava in Italia già dall’ ottobre 2019.

Il governo italiano colto alla sprovvista ha preso decisioni drastiche: nel tentativo di arginare l’emergenza sanitaria e la diffusione del virus ha costretto l’intera popolazione a restare in isolamento per mesi, fermando, di fatto, l’intero Paese.

La necessità di contenimento imposte dalla pandemia hanno sollevato numerose proteste sul piano geopolitico e ideologico, volte a rivendicare i diritti umani che sembravano essere stati messi in discussione. Anche se nella maggioranza dei casi, le reazioni più condivise sono state di accettazione eppure spesso alla base vi era un fondo di amarezza per quello che sembrava essere, oltre che una misura di tutela sanitaria, anche un attentato alla libertà individuale e collettiva. Continua a leggere