Per la prima volta in mostra i capolavori simbolisti di Marie–Charles Dulac

Marie-Charles Dulac, pregare con il paesaggio

di Fabrizio Fantoni

  

È in corso a Roma presso la galleria Aleandri Arte Moderna (piazza Costaguti 12), la mostra “Marie-Charles Dulac, pregare con il paesaggio”.

L’esposizione, curata da Federico De Melis, si propone di rileggere l’opera del grande pittore simbolista Dulac collocandola nel panorama culturale europeo di fine du siècle. Artista visionario ed innovatore Dulac ebbe – a seguito di una conversione religiosa che lo portò a divenire  terziario francescano  – innumerevoli contatti con l’Italia, dove soggiornò a più riprese tra il 1895 ed il 1898 durante i suoi pellegrinaggi sulle orme del Santo di Assisi. Morì a Montmartre ad appena 32 anni, lasciando un corpusridotto di opere in cui spiccano i piccoli paesaggi mistici dell’ultimo periodo e due suites litografiche più una incompiuta.

Nella mostra presso la Galleria Aleandri sono esposte, per la prima volta in Italia, tutte le litografie che compongono la suite intitolata Le Cantique des Créatures: capolavori della grafica del tardo Ottocento in cui il paesaggio si interiorizza e si fa materia spirituale attraverso un uso innovativo del colore e della tecnica litografica, arte in cui Dulac fu indiscusso maestro.

Le nove litografie de Le Cantique sono accompagnate da un nutrito gruppo di opere di artisti che ebbero rapporti di amicizia e di stima con Dulac e che illustra la vivacità del contesto culturale in cui egli operò.

 

Intervista a Simone Aleandri
Fondatore della galleria Aleandri Arte Moderna

di Fabrizio Fantoni

 

Come è nata l’idea di una mostra su un artista così poco conosciuto dal pubblico italiano?

 

La genesi della mostra è certamente la comune passione per Marie-Charles Dulac che alcuni anni fa ho scoperto di condividere con il curatore Federico De Melis, appassionato ed esperto studioso di arte francese fin du siecle.

Dulac è un artista molto raro che incontrai per la prima volta sul catalogo della mostra “Il luogo ideale” a cura di Jean-David Jameau-Lafond tenutasi presso il Museo d’Arte di Nuoro nel 2007 (la rassegna giunse a Nuoro da Pamplona, inaugurata nel 2006 con titolo Un Páis ideal: el paisaje simboliste en France) e dedicata alla pittura “brumosa” e simbolista francese che si contrappose a quella impressionista nella Parigi  della seconda metà del XIX secolo.

La Galleria che porta il mio nome è storicamente molto legata al Simbolismo europeo ed italiano a cui, nei passati quindici anni, sono state dedicate molte mostre personali e di ambiente.

Rimasi fortemente colpito dalla qualità visionaria, poetica e tecnica delle opere di  Marie-Charles Dulac, così maturai il desiderio di dedicare una mostra al pittore francescano.

De Melis invece incrociò l’artista in una galleria parigina che esponeva un suo “Paesaggio spirituale” e intraprese un personale percorso di riscoperta e di indagine che culminò in un bellissimo articolo a lui dedicato e pubblicato sulle pagine di  Alias  (Il Manifesto).

Da quel momento cominciò un lavoro sistematico di ricerca di opere che si rivelò molto difficoltoso per via della rarità dell’artista dovuta alla sua prematura scomparsa a soli 32 anni e ad un approccio del pittore con l’arte sobrio e non ossessionato da una ricerca di produzione massiccia.

Dopo circa un anno intercettammo a Parigi il portfolio Le Cantique des Creatures collazionato da un raffinato raccoglitore che riunì quindici esemplari facendo dialogare le Planche litografiche stampate ad un colore (edite in sessanta copie, 1894) con quelle arricchite da un secondo tono (venti esemplari, 1894) e permettendo di instaurare un confronto diretto fra le tavole.

Da questo nucleo iniziale abbiamo poi costruito un contesto storico arricchendo l’esposizione di opere di altri artisti legati alle temperie umane e culturali di Marie-Charles  Dulac.

Come ho già anticipato precedentemente, fatta eccezione per la mostra itinerante che sbarcò a Nuoro nel 2007  in cui Dulac era rappresentato da un nucleo significativo di opere, questa è la prima occasione in cui si può ammirare la produzione litografica del visionario francescano in Italia.

Certamente è la sua prima mostra personale ed è accompagnata da un esaustivo catalogo che introduce la rassegna delle opere attraverso una lettura critica e biografica a cura di Federico De Melis che entra nel merito delle vicende umane ed artistiche del pittore con una scrittura ispirata e molto documentata.

Abbiamo inoltre approfondito la tecnica litografica come Dulac la praticò nell’ultimo decennio dell’ottocento e fatta un po’ di chiarezza nella celebre cartella evocante il Cantico, in merito ai diversi toni di stampa e ai criteri adottati per la tiratura, nell’intento di fornire un contributo reale e significativo agli studi sull’artista.

Il volume si chiude con una sezione in cui sono state tradotte, per la prima volte nella nostra lingua, alcune lettere che Dulac scrisse dai suoi pellegrinaggi in Italia, congiuntamente ad un toccante testo di commiato dell’amico Joris-Karl Huysmans (lo scrittore fece di Dulac un vero punto di riferimento e nel suo romanzo La Cathédrale, 1898, entrò nel merito della suite litografica con toni entusiastici) con cui l’intellettuale ricordò Marie-Charles  dopo la sua morte.

Qual è ruolo che Marie-Charles Dulac rivestì nella cultura figurativa della sua epoca?

 

Dulac fu un artista molto amato dalla sua cerchia, oggetto di un piccolo culto, e considerato un vero innovatore della tecnica in cui si espresse con più forza, la litografia. Le sue opere dovettero circolare molto nei colti ambienti parigini e destarono grande ammirazione negli ultimi anni della sua vita (Marie-Charles si spense nel dicembre del 1898) ed in quelli successivi.

Odilon Redon di lui disse: «Era unico fra tutti coloro che plasmano il proprio spirito nella tela». Dagli studi sono emerse delle interessanti e suggestive correlazioni con opere, di artisti anche molto importanti, che sembrano derivare dai fogli di Dulac, fra i quali L’idol noire (1900-1903) di František Kupka. Il capolavoro del praghese, francese di adozione, sembra infatti ricalcare la visione prospettica ed atmosferica della planche IV del portfolio francescano (1894) sostituendo la silhouette nera dell’albero su cui tutti gli elementi della composizione convergono con quella della sfinge che ne occupa i medesimi ingombri.

Già Francesco Parisi nel suo volume dedicato alla produzione giovanile e preraffaelita di Giovanni Guerrini (artista noto per aver disegnato negli anni trenta il profilo della Palazzo della Civiltà di Roma, E 42) riscontrò la derivazione di una litografia dell’artista italiano da alcuni paesaggi del francese. La riscoperta di Dulac e la sua ricollocazione in un posto d’onore dell’arte europea è già in corso da alcuni anni, grazie all’impegno di Jumeau-Lafond che, fra le altre fatiche, sta lavorando ad un catalogo ragionato dell’opera. Il nostro obiettivo è di sensibilizzare la sua conoscenza sul territorio italiano, così caro e amato da Dulac, e porre il nostro paese in un ruolo primario all’interno di tale riscoperta attraverso un lavoro di ricerca che ci ha condotti ad inaugurare, presso i nostri spazi, la prima mostra personale retrospettiva del pittore su scala mondiale. Continua a leggere