Giampiero Neri, “Da un paese vicino”

Giampiero Neri

I

Al giardino si entrava per un cancelletto di legno
che non aveva chiusura.
Era un luogo abbastanza grande, coltivato in
parte a ortaglia e piante da frutta, di prugne per lo
più, che crescevano rigogliose.
A sud confinava con il campo di un contadino,
un vero spauracchio, che a volte si affacciava
con la sua testa calva al muricciolo sbrecciato che
divideva i due terreni.

II

Abitavamo in via Mainoni al numero 5, e il giardino
era davanti a noi, lo si vedeva dalla finestra.
A me sembrava molto grande. Allora andavo alle
scuole elementari ma, in giardino, trovavo sempre
qualcosa da curiosare.
Quella volta era venuto anche mio cugino
Ezio, di poco più giovane.
Aveva in mano un giocattolo che gli avevo
presto sottratto. Lui si era messo a gridare e piangere.
Al rumore si era affacciata sua mamma, che
abitava sopra di noi, la zia Ester, e aveva comandato:
«Ezio, vieni su. Non giocare con quel cretinetti
in vacanza».

III

La zia Ester era una donna avvenente, alta, bruna.
Aveva modi piuttosto bruschi, uno sguardo deciso
che a volte aveva qualcosa di sprezzante.
Una figura solitaria, senza amici né tantomeno
compagnie.
I suoi litigi col marito erano furibondi, volavano
piatti e tovaglie, strappati dal tavolo con quello
che vi era sopra.
Aveva preso la patente e guidava una delle
prime macchine, una «Topolino».
Quel pomeriggio, quasi sull’uscio di casa, mi
aveva detto: «Vado a Como. Vuoi venire?». È stato
un viaggio avventuroso, abbiamo anche avuto un
pauroso testa coda, la macchina era slittata su un
tratto ghiacciato di strada.
Poi Como ci aveva accolti con il suo ridente
paesaggio. Continua a leggere