Zanzotto, il poeta del terzo millennio

Andrea Zanzotto

ANDREA ZANZOTTO: LE ESTREME TRACCE DEL SUBLIME

DI CHIARA FATTORINI

L’imminenza del centenario della nascita di Andrea Zanzotto è un tempo prezioso, che ci permette di vedere in una luce nuova e più viva l’importanza di questo poeta nel panorama della letteratura europea del secondo Novecento e di inizio millennio. La fecondità di questo tempo è testimoniata dal lavoro di alcuni studiosi, che hanno sentito questa ricorrenza come l’occasione propizia per una ricerca unitaria sull’ultima produzione del poeta – quella iniziata con Meteo (1996), proseguita con Sovrimpressioni (2001) e culminata nell’“exit opus” Conglomerati (2009). Alla base di questo progetto c’è innanzitutto l’idea che di questi ultimi libri, per ragioni cronologiche, molto sia ancora da indagare, analizzare e comprendere. Come scrive nell’Introduzione il curatore del volume, Alberto Russo Previtali, in quest’ultima fase Zanzotto non solo ha confermato e approfondito “le conquiste conoscitive più mature della sua poesia”, ma è andato anche oltre, “spingendo il proprio dire dentro le tensioni e le dinamiche profonde degli albori del millennio, in un superamento interno della propria posizione di soggetto e di poeta”.

L’anniversario è quindi l’occasione “per tornare ai testi con un nuovo sguardo, con nuove domande e con nuove esigenze”, per dialogare con Zanzotto, per interrogarlo sui problemi di oggi a dieci anni dalla sua scomparsa, per cercare di capire i modi della sua presenza nella contemporaneità. Così è nata la monografia collettiva intitolata Le estreme tracce del sublime. Studi sull’ultimo Zanzotto, in cui otto studiosi riconosciuti della critica zanzottiana si confrontano con “il carattere estremo, in tutti i sensi del termine’ della fase finale dell’itinerario del poeta di Pieve di Soligo.

Le voci che si susseguono in questa monografia si addentrano negli aspetti più importanti della seconda “pseudo-trilogia” zanzottiana (che viene dopo quella rappresentata da Il Galateo in bosco, Fosfeni e Idioma), per capire ciò che questa poesia estrema può dirci riguardo alle grandi problematiche del XXI secolo, dal cambiamento climatico alla distruzione del paesaggio. La visione privilegiata di Zanzotto, testimone dei grandi cambiamenti avvenuti tra i due secoli, gli ha permesso, infatti, di avere una prospettiva lungimirante sulla condizione dell’uomo contemporaneo, e di assistere – come dice Russo Previtali – “alla perdita sempre più radicale, per il soggetto, della possibilità di orientare il proprio essere nel mondo attraverso la fascinazione erotica e il sentimento del sublime”.

La monografia è suddivisa idealmente in due parti: nella prima troviamo dei saggi panoramici, che presentano le grandi tematiche della pseudo-trilogia in maniera trasversale, mentre nella seconda si passa alla lettura e all’analisi delle singole opere. I saggi di questa seconda parte prendono spesso le mosse dall’approfondimento di concetti-figure e di linee guida presentati nei saggi della prima.

Il saggio di apertura di Jean Nimis procede attraverso il concetto-figura di “orizzonte”, inteso come elemento fenomenologico della percezione del soggetto. Per il critico francese “la poetica di Zanzotto è fondata su questo rapporto tra soggetto poetico e natura per il tramite del paesaggio”, nesso dal quale emerge un orizzonte inteso come “frutto di una soggettività” capace di “dare sosta al flusso del divenire, rendendo possibili il conoscere e l’agire”. Il secondo saggio panoramico, di Luigi Tassoni, esplora attraverso il concetto di “catastrofe” la possibilità di concepire il testo zanzottiano come una forma di scrittura delle forze votate “all’autodistruzione del mondo, all’autoannullamento del senso”, ma anche come una forma di resistenza di fronte alla loro azione. Il confronto con questa distruttività guida anche l’approccio di Matteo Giancotti al libro postumo degli Haiku for a season(2012), in cui viene messo in luce il “cortocircuito simbolico” che abita questi testi, prodotto dall’accostamento della lingua inglese con la più nota forma di poesia giapponese, sullo sfondo del trauma dell’esplosione atomica. La dimensione del trauma, assunta nella sua trascendenza, è al centro anche dell’intervento di Giuliana Nuvoli che chiude il cerchio dei saggi panoramici. La studiosa cerca di costruire, a partire e dentro l’inesauribilità del trauma, un dialogo fecondo tra il pensiero poetico di Zanzotto e la prospettiva del teologo Hans Urs von Balthasar, pensatore spesso citato dal poeta e poco considerato dalla critica.

La lettura di Meteo offerta da Russo Previtali cerca di partire dalle ambivalenze appena evocate. Il suo filo conduttore è il tema teorico del “piacere del principio”, concetto coniato da Zanzotto a partire dal “principio di piacere” freudiano per designare “una forza vitale irriducibile”, ovvero un “piacere di autoaffermazione proprio di ogni elemento della realtà”. La ricostruzione delle manifestazioni di questa forza in diversi fenomeni testuali della raccolta è appunto un modo per saggiare sul piano testuale il movimento di scrittura e di resistenza di fronte alla catastrofe delineato nei saggi panoramici.

I due saggi successivi, quello di Massimo Natale e quello Luca Stefanelli, pongono l’attenzione su due aspetti diversi ma correlati di Sovrimpressioni. Natale dà una lettura della sezione Sere del dì di festa ricostruendo le riscritture zanzottiane della “sera” di Leopardi, e mettendo in evidenza come queste strategie intertestuali permettano di esprimere a un livello più profondo l’alterazione contemporanea del rapporto tra uomo e natura. Stefanelli si concentra invece dal canto suo sulla dimensione avantestuale, attraverso un’attenta lettura delle differenze presenti fra le tre versioni della poesia L’altra stagione, in un’indagine approfondita dei modi, delle ragioni e delle risonanze della scomparsa, nei testi a stampa, della “Pasqua” e del “cespuglio delle rose canine”.

L’ultimo saggio del volume, di Giorgia Bongiorno, ha come suo oggetto di analisi Conglomerati, libro che chiude la pseudo-trilogia. Nel contesto post-apocalittico di un mondo sfilacciato e smembrato, Bongiorno riesce a rinvenire nella parola finale del poeta i presupposti per una “inversione di marcia”, rifacendosi al principio della spes contra spem di Ernst Bloch, uno dei pensatori più presenti nell’itinerario zanzottiano. Esponendosi in modo unico alle forze più maligne della contemporaneità, con una fiducia radicale nelle possibilità vitali della parola e della letteratura, Zanzotto ha portato questo principio, valido certamente per ogni forma di poesia, a un livello inaudito di assunzione. Andando implacabilmente fino in fondo all’impossibilità di sperare, ma credendo sempre e comunque in una speranza più alta e promettente.

Alberto Russo Previtali (a cura di), Le estreme tracce del sublime. Studi sull’ultimo Zanzotto, Mimesis, Milano, 2021.

Saggi di: Giorgia Bongiorno, Matteo Giancotti, Massimo Natale, Jean Nimis, Giuliana Nuvoli, Alberto Russo Previtali, Luca Stefanelli, Luigi Tassoni.

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