Elisa Biagini, “Dialogo con Paul Celan”

Elisa Biagini

(dialogo con Paul Celan)

Esperimento di dialogo con un poeta amato: Paul Celan.
Elisa Biagini costruisce testi riprendendo singoli versi del poeta tedesco, allontanati dal contesto originario e utilizzati come accensioni di una nuova deflagrazione poetica.

Mi si chiudono
le notti dentro
il palmo,
ti tocco
e sei d’inchiostro.

Troppe cose già dette,
troppo già respirato,

nel palmo
solo una pietra risputata,
piccola come
una mandorla

(il dolce è troppo
nascosto e troppo
duro il guscio).

Contami tra le mandorle (1

(1 Zähle mich zu den Mandeln

La lingua vola ovunque, rotola,
gettala via, gettala via,
e cosí la riavrai: (2
sarà un frullare d’orecchio,
un’ala che s’apre a misurare il cielo.

(2 wirf sie weg, wirf sie weg, | dann hast du sie wieder

Quando la bocca
sputa la parola,
c’è un tempo, un
tra «me e te»,
che è una zolla
affettata dalla lama,
verme che poi
ritrova vita.

Questo torcersi di
piedi, come il cammino
in sogno, come
il racconto in
un orecchio
già di vetro.

Con gli occhi-
forbici  ti ritaglio (3
il profilo, ti fermo
con la lama di tempo
che mai fa ruggine.

(3 mit den Augen | -schere

– Quanto divelto torna di nuovo insieme –
il nome, il nome, la mano, la mano: (4

sulla mia mano
poggia la foglia
che a questa luce
non cresce:

mettile un guanto
che il vento la sbuccia,
mettila in tasca
che da qui non rinasca.

(4 was abriß, wächst wieder zusammen | … den Namen, den Namen, die Hand, die Hand

Scolami via,
scagliati fuori, (5
qui è solo specchio
che brucia, sole nero
dove rotolano lettere.

(5 Sink mir weg… wirf dich | aus

La scapola è già l’ascia
tavoletta di leggi non scritte:
affatica l’abbraccio
impiglia l’indicare
torce il crescere.

È tutto diverso, da come tu pensi, da come io penso, (6
eppure sotto la pelle c’è luce
intermittente, s’attiva alla
tua unghia-consonante, al dito
allungato della voce.

(6 Es ist alles anders, als du es dir denkst, als ich es mir denke

Piena è la borsa dell’occhio
di monete di tempo:
la tasca è cosí aperta
in queste ore che
sento il tintinnare.

Le mie, le tue
labbra, sono
le feritoie
dove cadono
monete, chiavi
di porte che
si aprono altrove.

Contaci me
tra quelli a
cui è venuta
meno la
parola, per
troppa luce,

fra quelli
che si contano
le dita
all’incontrario.

Le dita tutt’occhi
per sentirti nuotare,
annegare,
pensieri miei
tinti dal rumore d’api,

la voce tua
sale dall’acqua:
ha buccia di spillo.

Sullo spigolo del
congedo mi sbuccio (7
il respirare.
Il fiato
rammendato col
filo piú scuro:
d’abbandono.

(7 am Abschieds- | grat

Se l’occhio
minerale t’avvicina,
ti attorcigli,
fossile nella montagna.

«Mi è, presso estranei, difficile il sonno».

qui cadono uova
di sonno, dai
bianchi che non
montano
(perché io
insisto le mani
in tasche di pietra?)

Io so da dove,
io dimentico, da dove  (8

parliamoci
come tolte
le calze, prima che
la lingua collassi
e ci s’inciampi:
il disegno del
suono è tra le
dita.

(8 weiß ich, woher | vergeß ich, woher

Un fiammifero usato
ti solleva la palpebra,
ti cerca lo specchio di
retina, la rete coi
pesci-memorie.

Si parla buio
che appiccica il
respiro, si parla
vetro che buca
la carta:
ascolta
con la bocca, (9
guardati nel tuo specchio
con l’orecchio.

(9 hör dich ein | mit dem Mund

È la pausa dell’orologio
scarico, il cuore dentato (10
a cui il bavero
resta impigliato,

tu, bottone infilzato.

(10 Herzzähnen

Appoggio la fronte
sul vetro, guardo nella
notte delle tue parole, (11
la voce s’imbianca di
silenzio, le ombre
s’infittiscono tra i denti:
io sono te, quando io io sono (12.

(11 Nacht deiner Worte
(12 ich bin du, wenn ich ich bin

Ho le orecchie
confuse come api
per tutto il tuo
liquido silenzio, i lobi
fazzoletti annodati:
poggio il capo
sul cuscino più nero. (13

(13 nach schwarzerem Pfühl

Ho sedie nel petto,
vuote, per ospitare
respiri piú pesi di
libri, bolle d’aria
risucchiate d’ombra,
un guscio nero
(dice il vero chi dice ombra).   (14

(14 wahr spricht, wer Schatten spricht

Respiro di mandorla,
guscio-botola alla gola:

respiro d’amaro
che tossisci,
t’ingolfi, ti lacrima
a tratti

l’ombelico.

Mettigli questa parola sulla palpebra: (15

le lettere scivoleranno nella

ruga di luce, daranno acqua

alla pianta del sognare.

(15 Leg ihm dies Wort auf die Lider

Questo tuo sbadigliare
è rumoroso alle orecchie
dei morti.

Vogliono
il tondo dell’ossigeno
per rimpastare il respiro,

vogliono parlarti
col rosso di labbro.

Cammino per
sottrazione
ed il respiro inciampa,
gli vengono guance
color del sale.

E la carta crepita
vicino all’osso,
segna di bianco
il dito.

La saliva non usata prima

chiude le fessure tra i
denti, poi mura la

lingua al palato.

C’è uno che ha i miei occhi  (16
li strizza come spugna dopo
i piatti, li tira come lenzuoli,
li incastra a fermare le porte

e da qui ogni passaggio
è amaro, come di un vento
che ti soffia dritto in bocca.

(16  Es ist einer, der hat meine Augen

Finché c’è pietra
ci sarà materia
per un’altra di mano,
che trattenga la pagina
in questo vento di
lame annebbiate.

A questa luce
il tuo viso
è tazza dove
converge
il latte di brivido,
dove si leggono
saturno e luna.

Ci sfioriamo
le rotule, bottoni
che aprono la
tasca del piede,
vicini e inafferrabili.

E intanto
l’altro sole
scende e
per metà
è già notte.
dormi?
dormi. (17

(17 schläfst du? | schlaf

È una voce
che scricchiola
la mia, come
tavola troppo
apparecchiata,
come persiana
da lungo tempo
chiusa.

Quando ti parlo
sale la terra
in bocca:
muta
ma non silenziosa,
mi attraverso di
suono, faccio
cassa al
fruscio nella
testa.

Mi entri il
sonno e
scivoli come
gruccia nella
manica
che poi
non si piega il
polmone, poi
la mano piú
non tocca il
foglio.

Ci sarà un occhio ancora,
uno, da cui scende (18
il filo d’acciaio dell’
attesa, lega per
pentole d’infinito
bollire, per orli
che sempre
s’impigliano.

(18 Es wird noch ein Aug sein, | ein fremdes

Cresce il tuo
piede che
non cede

e l’unghia
si tinge color
del rimanere.

La crepa che da te
parte, segna
il passo al
vicino.

Elisa Biagini

da “Da una crepa”, Einaudi, Torino, 2014

__________

Elisa Biagini ha pubblicato sette raccolte poetiche, alcune delle quali bilingue – fra cui “L’ospite” (Einaudi, Torino 2004), “Fiato. Parole per musica” (Edizionidif, 2006), “Nel bosco” (Einaudi, Torino 2007), “The Guest in the Wood” (Chelsea editions, 2013-2014 Best Translated Book Award) e “Da una crepa” (Einaudi, Torino 2014). Le sue poesie sono tradotte in inglese, spagnolo, francese, tedesco, portoghese, giapponese, croato, slovacco, russo, sloveno, arabo, serbo e cinese. Ha collaborato e collabora con artisti di varie discipline: musicisti, coreografi, artisti visivi.

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