Jackie Kay, “L’adozione”

Jackie Kay

A cura di Giorgia Sensi

Il tema del poemetto di Jackie Kay è autobiografico. Qui l’autrice rivive la sua esperienza attraverso una sequenza di monologhi intrecciati le cui voci principali sono quelle della madre naturale, della madre adottiva e della figlia di entrambe.

Ne L’adozione le tre voci sono distinte tipograficamente:
Figlia: corsivo
Madre adottiva: tondo
Madre naturale: grassetto

_______

I always wanted to give birth
do that incredible natural thing
that women do – I nearly broke down
when I heard I couldn’t,
and then my man said
well there’s always adoption
(we didn’t have test tubes and the rest then)
even in the earlysixties thre was
something scandalous about adopting,
telling the world your secret failure
bringing up an alien child,
who knew what it would turn out to be

I was pulled out with forceps
left a gash down my left cheek
four months inside a glass cot
but she came faithful
from Glasgow to Edinburgh
and peered through the glass
I must have felt somebody willing me to survive;
she would not pick another baby

I still have the baby photograph
I keep it in my bottom drawer

She is twenty-six today
my hair is grey

The skin around my neck is wrinkling
does she imagine me this way

Ho sempre voluto mettere al mondo un figlio
fare quella cosa naturale incredibile
che fanno le donne – ebbi quasi una crisi di nervi
quando seppi che non potevamo,
e allora il mio compagno disse
beh, c’è sempre l’adozione
(allora non c’erano bambini in provetta e tutto il resto)
persino nei primi anni Sessanta c’era
qualcosa di scandaloso nell’adozione,
dichiarare al mondo la tua segreta inadeguatezza
crescere il figlio di un altro,
chissà cosa sarebbe diventato

Fui estratta col forcipe
mi lasciò uno squarcio alla guancia sinistra
quatto mesi in un’incubatrice
ma lei venne regolarmente
da Glasgow a Edimburgo
e mi scrutava attraverso il verso
devo aver sentito una volontà che mi diceva di vivere;
non voleva saperne di un altro neonato

Ho ancora la fotografia della bambina
la tengo nell’ultimo cassetto

Oggi lei ha ventisei anni
io i capelli grigi

Il collo comincia as avvizzire
chissà se mi immagina così

da Part One, 1961- 1962

The Seed

I never thought it would be quicker
than walking down the mainstreet

I want to stand in front of the mirror
swollen bellied so swollen bellied

The time, the exact time
for that particular seed to be singled out

I want to lie on my back at night
I want to pee all the time

amongst all others
like choosing a dancing partner

I crave discomfort like some women
crave chocolate or earth or liver

Now these slow weeks on
I can’t stop going over and over

I can’t believe I’ve tried for five years
for something that could take five minutes

da Parte prima, 1961-1962

Il seme

Non avrei mai creduto di metterci meno
che a fare due passi in centro

Voglio mettermi davanti allo specchio
la pancia gonfia gonfia

Il momento, il momento preciso
in cui proprio quel seme veniva scelto

Voglio starmene distesa supina la notte
voglio fare pipì in continuazione

fra tutti gli altri
come scegliere un partner per il ballo

Ho voglia di star male come certe donne
hanno voglia di cioccolata o di terra o di fegato

Ora in queste lente settimane
non posso fare a meno di ripensarci

Non riesco a credere che per cinque anni ho tentato
una cosa che potevo avere in cinque minuti

da Part 3

The Waiting Lists

The first agency we went to
didn’t want us on their lists
we didn’t live close enough to a church
nor were we church-goers
(though we kept quiet about being communists).
The second told us
we weren’t high enough earners.
The third liked us
but they had a five-year waiting list.
I spent six months trying not to look
at swings nor the front of supermarket trolleys,
not to think this kid I’ve wanted could be five.
The fourth agency was full up.
The fifth said yes but again no babies.
Just as we were going out the door
I said oh you know we don’t mind the colour.
Just like that, the waiting was over.

This morning a slim manilla envelope arrives
postmarked Edinburgh: one piece of paper
I have now been able to look up your microfiche
(as this is all the records kept nowadays).
From your mother’s letters, the following information:
Your mother was nineteen when she had you.
You weighed eight pounds four ounces.
She liked hockey. She worked in Aberdeen
as a waitress. She was five foot eight inches.

da Parte terza

Le liste d’attesa

La prima agenzia dove andammo
non ci volle nelle sue liste
non abitavamo abbastanza vicini alla chiesa
e in chiesa non ci andavamo
(non dicemmo, però, che eravamo comunisti).
Alla seconda ci dissero
che il nostro reddito era troppo basso
Alla terza andavamo a genio
ma avevano una lista d’attesa di cinque anni.
Per sei mesi cercai di non guardare
le altalene o i seggiolini dei carrelli al supermercato,
e di non pensare che il bambino che volevo poteva avere cinque anni.
La quarta agenzia era completa.
La quinta disse di sì però anche lì non avevano bambini.
Proprio mentre stavamo uscendo
io dissi oh, a proposito, il colore non importa.
Tutto lì, l’attesa era finita.

Stamattina arriva una smilza busta commerciale
con il timbro di Edimburgo: un solo foglio
Sono riuscito a consultare la tua microfiche
(le informazioni si conservano così oggi).
Ecco cosa risulta dalle lettere di tua madre:
Quando sei nata tua madre aveva diciannove anni.
Tu pesavi tre chili e seicento grammi.
A lei piaceva l’hockey. Faceva la cameriera
ad Aberdeen. Era alta uno e settanta.

Le poesie sono tratte dal poemetto L’adozione, cura e traduzione di Giorgia Sensi, Le Lettere, 2002

Titolo originale The Adoption Papers, Jackie Kay, Bloodaxe Books, 1991

Note bio-bibliografiche di Jackie Kay

Jackie Kay è nata a Edimburgo nel 1961 da madre scozzese e padre nigeriano. Adottata alla nascita, è cresciuta a Glasgow dove ha studiato alla Royal Scottish Academy of Music and Drama e all’Università di Stirling dove si è laureata in English. L’esperienza di essere adottata da una famiglia bianca ha ispirato la sua prima raccolta poetica, The Adoption Papers (1991). Seguiranno numerose altre raccolte poetiche, un romanzo di grande successo (Trumpet, 1998), testi per radio e televisione, diverse raccolte di racconti, un memoir (Red Dust Road, 2010), raccolte di poesie per bambini (Red, Cherry Red, 2007).
Jackie Kay è Professore di Creative Writing a Newcastle University. Nel 2006, ha ricevuto un MBE per servizi alla letteratura. Nel 2014 è stata nominata Chancellor di Salford University, ed è Writer in Residence dal 2015. Nel 2016 è stata nominata Scottish Makar, poeta nazionale scozzese.
Le sue raccolte più recenti: Fiere, Picador 2011, Bantham, Picador 2017.
Tra i suoi premi più prestigiosi: Costa Book Award 2011, Saltire Society Scottish Book of the Year 2011.

Note bio-bibliografiche di Giorgia Sensi

Giorgia Sensi è traduttrice freelance dall’inglese di fiction, non-fiction e soprattutto poesia. Vive a Ferrara. Ha tradotto raccolte di Carol Ann Duffy, Jackie Kay, Gillian Clarke, Margaret Atwood, Eavan Boland, Kate Clanchy, Patrick McGuinness, John Barnie, Philip Morre, e altri ancora, e curato diverse antologie.
Fa parte della redazione di «Interno Poesia», blog e casa editrice, per la promozione della poesia.
È collaboratrice del Blog Rai, Poesia di Luigia Sorrentino.
Le sue pubblicazioni più recenti, nel 2018:
La compagnia più bella, (The Bonniest Companie) Kathleen Jamie, Medusa Editore;
Scrutare gli orizzonti, (Sightlines) Kathleen Jamie, narrativa di viaggio, Luciana Tufani Editrice;
una raccolta di poemetti di Natale di Carol Ann Duffy, Un Natale inglese, con Andrea Sirotti, Le Lettere.
Nel 2019:
Déjà-vu, poesie scelte di Patrick McGuinness, IP Editore,
Falco e ombra, (Hawk and Shadow) antologia di poesie e prose di Kathleen Jamie, IP Editore;
La testa di Shakila, poesie e prose di Kate Clanchy, Lietocolle-gialla oro;
8 poesie di Jenny Mitchell per la rivista Versodove, n. 21;
Istantanea di ippopotamo con banane e altre poesie, (Snapshot of Hippo with Bananas and other poems) Philip Morre, IP.
La casa sull’albero, poesie scelte di Kathleen Jamie, Ladolfi Editore, 2016, ha vinto il Premio Marazza 2017 per la traduzione poetica.
Giorgia Sensi ha inoltre ricevuto il ‘Premio Nazionale per la Traduzione’ 2019, conferito da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

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