“Olimpia, tragedia del passaggio”

Uno dei pastelli di Giulia Napoleone realizzato per l’edizione francese di OLIMPIA, uscito in Francia con la traduzione di Angèle Paoli (Al Manar, giugno  2019)

Breve commento di Luigia Sorrentino

Ci sono libri che entrano nella tua vita e, per diverse ragioni,  non vogliono più uscirne. Olimpia, (Interlinea, 2013, 2019) è per me uno di quei libri. Fa fatica a sparire dalla mia vita. Le traduzioni in tedesco di “Iperione, la caduta” che qui presento in anteprima assoluta ai miei lettori, sono di Bettina Gabbe. Sono  nate dalla necessità  di mettere in scena “Olimpia, tragedia del passaggio“, drammaturgia di Luigia Sorrentino.

Ringrazio Jacob Blakesley, (lui sa perché) e Alessandro Bellasio.

Iperione, la caduta

nulla può crescere e nulla
può così perdutamente dissolversi
come l’uomo.

(F. Hölderlin, Iperione)

 

LA LETTURA IN TEDESCO DI SEBASTIAN REIN

 

Coro 1

tutto stava su di lei
e lei sosteneva tutto quel peso
e il peso erano i suoi figli
creature che non erano ancora
venute al mondo
lei stava lì sotto e dentro

questa pena l’attraversava ancora
quando venne meno qualcosa

le acque la accolsero

e quando si avvicinò alla costa
della piccola isola ancora tutti
portava nel suo grembo

Hyperion, der Fall

Es kann nichts wachsen
und nichts so tief vergehen,
wie der Mensch.

(F. Hölderlin, Hyperion)

Chor 1

alles lag auf ihr
und sie trug all das Gewicht
und das Gewicht waren ihre Kinder
Kreaturen, die noch nicht
auf die Welt gekommen waren
sie lag da, darunter und darinnen

dies Leid durchfloss sie von Neuem
ils immer etwas schwand

die Wasser umschlossen sie

und beim Nahen der Küste
der kleinen Insel trug sie alle
im Schoß

Coro 2

c’è una notte arcaica in ognuno di noi
c’è una notte dalla quale veniamo
una notte piena di stupore
quella perduta identità dei feriti
si popola di volti,
quell’abbraccio mortale

in un tempo sospeso tra mente e cuore
mai la notte fu così stellata

gettati in mare ingoiarono acqua
e pietre, e strisciarono sulla sabbia
e furono in totale discordia
ebbero passi pesanti
e sparirono, sottoterra

il cenno si dissolve
da sé cade il fragile umano
frutto effimero, del mortale

Chor 2

es gibt eine archaische Nacht in jedem von uns
eine Nacht, aus der wir kommen
eine Nacht voller Erstaunen
jene verlorene Identität der Verletzten
beleben Gesichter,
jene tödliche Umarmung

in einer Zeit schwebend zwischen Geist und Herz
war Nacht nie so sternenhell

ins Meer geworfen schluckten sie Wasser
und Steine, und schleppten sich über den Sand
und waren in heillosem Streit
und schweren Schritts
verschwanden sie, unter der Erde

die Geste verschwindet
von selbst fällt der schwache Mensch
flüchtige Frucht, des Sterblichen

Coro 3

nella cintura d’acqua
fluttuava immenso l’indistinto
inattuato attaccava la nebbia
melmosa, non era ancora luce ma
notte continua, durava
in quello spazio la non luce

si volse la notte si volse
bisognosa a noi che aprimmo
lo sguardo alla forma sollevata

solo questo gesto che vede
qualcosa si schiarisce
illumina e avvicina
nell’istante posato
negli occhi che egli chiude

Chor 3

im Band aus Wasser
trieb das Ungeformte unendlich
drang in den schlammigen
Nebel, war noch nicht Licht sondern
ewige Nacht, in jenem Raum
verharrte Nicht-Licht

die Nacht wandt sich bedürftig
sie wandt sich zu uns, die wir
den Blick der aufgeworfenen Form öffneten

nur diese Geste,
die sieht, klärt
erhellt und näher kommt
in jenem Augenblick bereit
in den Augen, die er schließt

Coro 4

si comportava da colosso
come se dovesse stringersi
inghiottito dal nero della pietra
sul confine piantava bastoni inestirpabili

ci sorpresero le lunghe impronte
rifugio di mole e di potenza
fissate
lastre di pietra

il volto nostro sovrastò la figura
altissima,
negli occhi si schiuse la forma inguainata
con braccia e gambe saldate contro il corpo

lo sguardo entrò in quel suo essere
infinitamente mortale

Chor 4

er verhielt sich als Koloss
als ob gefesselt,
verschlungen von der Schwärze des Steins
pflanzte er am Rand nie mehr zu entwurzelnde Stäbe

uns überraschten die langen Fußspuren
Zuflucht von Ausmaß und Macht
gefestigte
Steintafeln

unser Gesicht ragte
hoch über der mächtigen Figur,
im Auge brach die geschlossene Form auf
Arme und Beine an den Körper geschweißt

unser Blick drang ein
in jenes unendlich sterbliche Sein

Coro 5

la luce si disperdeva,
cadeva la massa corporea
appoggiato alla densità della goccia
egli era là nel suo confine
il mutamento uno svanire
arbitrario
dal fondo del vento sprigionava
trascinando fuori da sé
qualcosa che lentamente appare

così in esso
ciò che ripetutamente arriva
entra nel suo sguardo

nel sollevarsi contro la nebulosa
divenne la brezza distesa sull’acqua
a lei si infranse perdutamente
alla nettezza di lei che si apriva
davanti a lei si lasciò cadere, infine,
Iperione

Chor 5

das Licht verloren,
fiel die Körpermasse
an die Dichte des Tropfens gelehnt
stand er dort an seiner eigenen Grenze
Veränderung war willkürliches
Verschwinden
aus den Tiefen des Windes verströmte er
dabei gebärend
was langsam erscheint

so tritt ihm
das wiederholte Geschehen
in seinen Blick ein

beim Aufsteigen gegen die Nebelmassen
wurde zur Brise er, ausgebreitet auf Wasser
an ihnen zerbrach er
an der Klarheit, die sie eröffneten,
vor ihnen ließ fallen sich, endlich,
Hyperion.

Coro 6

abbiamo perso tutto
caduti in un eterno
frammento
la prima luce su di noi
infuocata ha bruciato tutto

la prima creatura di umana
bellezza è morta, ignota
a se stessa
i popoli appartengono alla città
che li ama
privi di questo amore ogni stato
scheletrisce e annera
la natura imperfetta non sopporta
il dolore

Chor 6

alles haben wir verloren
gefallen sind wir in ein ewiges
Fragment
das erste Licht über uns
entzündet hat alles verbrannt.

die erste Kreatur menschlicher
Schönheit ist tot, sich selbst
Unbekannt
die Völker gehören der Stadt,
die sie liebt,
dieser Liebe beraubt
verhärmt und verdunkelt jeder Staat
die unvollendete Natur erträgt nicht
Schmerz

Traduzione di Bettina Gabbe

 

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