Bonnefoy, «La poesia sgorga da profondità inconsce e non da fatti contingenti: è sempre un gesto del tutto imprevisto e imprevedibile»

Yves Bonnefoy

Je ne savais dormir sans toi, je n’osais pas
Risquer sans toi les marches descendantes.
Plus tard, j’ai découvert que c’est un autre songe,
Cette terre aux chemins qui tombent dans la mort.
Alors je t’ai voulue au chevet de ma fièvre
D’inexister, d’être plus noir que tant de nuit,
Et quand je parlais haut dans le monde inutile,
Je t’avais sur les voies du trop vaste sommeil.
Le dieu pressant en moi, c’étaient ces rives
Que j’éclairais de l’huile errante, et tu sauvais
Nuit après nuit mes pas du gouffre qui m’obsède,
Nuit après nuit mon aube, inachevable amour.

Je me penchais sur toi, vallée de tant de pierres,
J’écoutais les rumeurs de ton grave repos,
J’apercevais très bas dans l’ombre qui te couvre
Le lieu triste où blanchit l’écume du sommeil.
Je t’écoutais rêver. Ô monotone et sourde,
Et parfois par un roc invisible brisée,
Comme ta voix s’en va, ouvrant parmi ses ombres
Le gave d’une étroite attente murmurée!
Là-haut, dans les jardins de l’émail, il est vrai
Qu’un paon impie s’accroît des lumières mortelles.
Mais toi il te suffit de ma flamme qui bouge,
Tu habites la nuit d’une phrase courbée.
Qui es-tu? Je ne sais de toi que les alarmes,
Les hâtes dans ta voix d’un rite inachevé.
Tu partages l’obscur au sommet de la table,
Et que tes mains sont nues, ô seules éclairées!

*
Non sapevo dormire senza di te, non osavo
Senza di te affrontare i gradini declivi.
Più tardi ho scoperto che questo è un altro sogno,
La terra dai precipiti sentieri nella morte.
Ti ho voluta allora al capezzale della mia febbre
Di non esistere, d’essere nero più di tanta notte,
E quando nel mondo inutile parlavo ad alta voce,
Avevo te, sulle vie del troppo vasto sonno.
Il dio in me urgente erano rive che rischiaravo
Con l’olio errante, ed eri tu a salvare i miei passi
Di notte in notte dalla voragine d’angoscia,
Di notte in notte, tu, alba, senza fine amore.

Su di te mi chinavo, valle di tante pietre,
Ascoltavo il mormorio del grave tuo riposo,
Scorgevo nel profondo dell’ombra che ti copre
Il luogo triste ove la schiuma s’imbianca, del sonno.
Ti ascoltavo sognare. Oh monotona e sorda,
Talvolta da una roccia invisibile spezzata,
Come si allontana la tua voce, aprendo fra le ombre
Il borro di un’esigua attesa mormorata!
Lassù, nei giardini di smalto, è vero
Che un empio pavone si accresce di luci mortali.
Ma basta per te la mia fiamma che oscilla,
Tu abiti la notte di una frase ricurva.
Chi sei? Di te conosco soltanto gli allarmi,
Nella tua voce gli affanni d’un rito incompiuto.
Tu dividi l’oscuro a sommo del desco,
E quanto nude le tue mani, oh sole in luce!

Yves Bonnefoy nella traduzione di Diana Grange Fiori (tratta da “Yves Bonnefoy, L’opera poetica”, Mondadori, 2010)

Yves Bonnefoy (Tours 1923 – Parigi 2016) è stato un poeta, traduttore e critico d’arte francese. In poesia ha pubblicato: Du mouvement et de l’immobilité de Douve (1953), Anti-Platon (1953), Hier régnant désert (1958), Pierre écrite (1965), Dans le leurre du seuil (1975), Ce qui fut sans lumière (1987), Début et fin de la neige (1991), La vie errante (1993), Les Planches Courbes (2001). La traduzione qui proposta è della francesista Diana Grange Fiori (1918-2001).

La scelta delle poesie di Yves Bonnefoy è di Giovanni Ibello

1 pensiero su “Bonnefoy, «La poesia sgorga da profondità inconsce e non da fatti contingenti: è sempre un gesto del tutto imprevisto e imprevedibile»

  1. Se “nasce” da fatti contingenti è sicuramente una poesia “occasionale”, ma è un’affermazione un po’ troppo categorica il fatto di dire che non “sgorga…da fatti contingenti”. Spesso un avvenimento – piccolo o grande che sia – può innescare un meccanismo di prelievo dai recessi più segreti della sfera inconscia ed essere, nel contempo, scintilla generatrice di poesia.
    Quella di Yves Bonnefoy è una poesia molto profonda, che si nutre costantemente di realtà fisica per rarefarsi poi in una versificazione capace di creare un forte impatto anche emotivo.
    Enzo Santese

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